08 marzo 2024

Assolo di basso nel rock: eccone 5 clamorosi!

Nel rock gli assolo di basso sono una rarità. Eppure, quando arrivano - proprio perché inattesi - possono svoltare un pezzo. Ne ho selezionati cinque, pazzeschi

Abbiamo messo in fila cinque classici del rock in cui il basso elettrico fa la parte del leone e si lancia in assolo che per intensità di note, passione, esuberanza sonora e tecnica, non hanno nulla da invidiare al più spavaldo dei guitar hero.

Se si parla di rock, è difficile mettere nella stessa frase la parola assolo e la parola basso elettrico. Certo, il basso elettrico è uno strumento decisivo, la terza parte di quella triade perfetta chitarra/basso/batteria, caposaldo e fondamenta sonora del nostro genere preferito; eppure gli assolo di basso restano una rarità. E possiamo ricordare alla noia band come Primus, Motörhead, Royal Blood dove i bassisti sono il cuore del sound e del suonato; perché resterà comunque cosa sporadica il fatto che un bassista si ritagli nel rock, quello stesso spazio intrepido da solista che da sempre è il territorio in cui impazzano le chitarre elettriche. La ragione, forse, è di carattere sonoro: l’assolo arriva all’acme della dinamica di un pezzo; è un' esplosione all’interno dell’arrangiamento, il momento in cui uno strumento musicale diventa leader e si mette sotto i riflettori, al centro del palco, espugnando lo spazio melodico del cantante. Un frangente in cui - visto il contesto sonoro e stilistico del rock, spesso monopolizzato da coltri di chitarre elettriche distorte - la voce profonda e rotonda del basso può faticare a bucare il mix in maniera incisiva, impattante. Non a caso, infatti, in generi musicali come jazz, fusion o funk, contraddistinti da paesaggi sonori più tenui, larghi e ariosi, il basso è solito prendersi lo stesso spazio solista che hanno tutti gli altri strumenti.

Assolo di basso nel rock: eccone 5 clamorosi!
PHOTO CREDIT: Stefan Brending

Più spavaldi di un Guitar Hero

Il fatto però, che questi assolo di basso nel rock siano tanto rari non significa che siano inesistenti. Anzi, quando arrivano e sono centrati nell’economia della canzone - proprio perché inattesi - possono essere lo sbalorditivo fiore all’occhiello di una composizione! Così, mi sono divertito a selezionare cinque pezzi rock caratterizzati da assolo di basso sensazionali. E non aspettatevi, necessariamente, perle strumentali di basso coincise e discrete, incastonate con garbo nell’arrangiamento, quasi che arroganza e sregolatezza solista siano un’esclusiva da chitarristi! Per intensità di note, passione, esuberanza sonora e tecnica, gli assolo di basso che ho selezionato non hanno nulla da invidiare al più spavaldo dei guitar hero.

"My Generation" The Who (bassista John Entwistle)

Si potrebbe scrivere un trattato su quanto, alla sua uscita, “My Generation”(MY GENERATION,1965) degli WHO fu destabilizzante: nessuno aveva suonato rock in quella maniera. Nessuno era riuscito a fare così tanto casino, riuscendo ad essere così fulminante e schizzato ma al contempo tecnicamente potente, innovativo a livello sonoro ed ispirato. Sicuramente, tra gli ingredienti che rendevano ultramoderno quel pezzo, facendone un riferimento di stile, c’era quella parte debordante di basso suonata da John Alec Entwistle e che sfociava in un assolo vertiginoso. A livello sonoro, tecnico e musicale, una svolta assoluta che ridefiniva quanto era possibile fare con un basso elettrico!

 

"Addicted to That Rush" Mr. Big (bassista Billy Sheehan)

Alla fine degli anni ’80, Paul Gilbert e Billy Sheehan sono, probabilmente, il chitarrista e bassista più funambolici in circolazione tra rock e metal. Quando decidono di formare i Mr. Big hanno le idee chiare: da un parte, lasciare tutti a bocca aperta con i loro virtuosismi (fedeli alla tradizione dei metallari ultra tecnici di quel decennio); dall’altra, consapevoli che il rock stava cambiando e che oramai il grunge bussava alle porte, provare a dare più spazio al blues e a un songwriting più verace, rock, rinunciando alle impennate più classicheggianti dello speed metal. “Addicted To That Rush” è la traccia che apre il loro album d’esordio, l’omonimo MR. BIG (1989) ed è l’istantanea perfetta di quella visione. Senza rinunciare a una virgola di groove e consistenza sonora, Billy Sheehan stordisce con inserti solistici fulminanti che stuzzicano e sfidano le acrobazie di Paul Gilbert, al vertice della sua - deliziosa -strafottenza tecnica. Nel video, non c’è la versione del disco; vi lascio, invece, l’esecuzione live del pezzo: il botta e risposta tra basso e chitarra di Billy Sheehan e Paul Gilbert è memorabile, surreale. La quinta essenza dello shred!


"Anesthesia - Pulling Teeth" Metallica (bassista Cliff Burton)

Conosciamo nel rock quella lista, malauguratamente lunga, di storie sciagurate: storie di musicisti sublimi scomparsi o fermati troppo presto da tragedie o malattie. Geni della musica che si fatica solo a immaginare quanto di magnifico avrebbero ancora potuto fare e inventare. Stevie Ray Vaughan, Jason Becker, Randy Rhoads, John Lennon, Jeff Buckley… Merita un posto anche Cliff Burton, bassista originario dei Metallica, presente nei primi tre album della band. KILL'EM ALL (1983) è il disco di debutto dei Metallica: un lavoro crudo, suonato a velocità impossibile che diverte per la vicinanza ancora presente con il punk ed emoziona per la passione, la smania e l’impegno con cui questa band -  il più vecchio ha 21 anni -  ci da dentro e si danna sui propri strumenti per creare qualcosa di nuovo. Qualcosa che diventerà l’emergente movimento thrash metal. Tra tutta quella violenza sonora, si staglia un gioiello musicale, “Anesthesia (Pulling Teeth)”, assolo di basso di Cliff Burton che mescola elementi melodici quasi classicheggianti a una distorsione oltraggiosa!

 

"Aeroplane" Red Hot Chili Peppers (bassista: Flea)

I Red Hot Chili Peppers erano tra le cose più eccitanti e innovative portate dalla musica alternative degli anni ’90. Non c’era solo quel meraviglioso e devastante frullato di funk, rap, metal e rock alla Jimi Hendrix; c’era finalmente una band in cui la parte del leone la faceva il bassista. Flea era un pazzo scatenato, che suonava il basso come una furia e anche se macinava più note di un dattilografo, era sempre musicale, cool, pertinente al pezzo. ONE HOT MINUTE è il sesto album dei Red Hot Chili Peppers, pubblicato nel 1995 e arricchito dalle chitarre spettacolari di Dave Davarro che si unisce al gruppo, lasciati i Jane’s Addiction. Su “Aeroplane”, Flea ti prende a schiaffi per tutta la strofa con una parte di basso saltellante, tutta suonata in ottave. Ma non gli basta: perchè poi, ti manda al tappeto con un assolo stralunato e galattico che è pura, illimitata, energia cosmica tradotta in musica.

 

"You Can Call Me Al" Paul Simon (bassista: Bakithi Kumalo)

A metà degli anni ’80 Paul Simon, assieme a Peter Gabriel, ha un’intuizione: contaminare il rock con la musica etnica, soprattutto quella africana. Questa visione si concretizza in un album GRACELAND (1986), successo clamoroso che contribuisce a far fiorire e rendere eccezionalmente popolare un nuovo approccio stilistico, la word music. Capolavoro di quell’album è il singolo “You Can Call Me Al”, pezzo trainato da un groove di basso incredibile, suonato dal bassista sud africano Bakithi Kumalo. Provare a codificare questa pulsazione di basso, contando il tempo e battendo il piede come si fa - per esempio - in un blues è impossibile: in questa linea di basso meravigliosa ci sono tutta la magia, la vivacità e il brio inafferrabile dell’Africa! A 03:44 il pezzo si ferma, lasciando per una manciata di battute il basso da solo. Ne esce una delle parti più folli - e assieme musicali - mai sentite, un break solista sbalorditivo che ha folgorato generazioni di musicisti. In svariate interviste il bassista Bakithi Kumalo ha raccontato: “Il giorno che ho inciso il basso su “You Can Call Me All” era il mio compleanno. Nella struttura della canzone c’erano ancora degli spazi vuoti, dove non si era deciso cosa suonare. Così Paul Simon mi incoraggio e prendermi dello spazio. Mi disse che quando sarebbe arrivato quello stop, non dovevo fermarmi, potevo continuare a suonare. Ho ubbidito e suonato quello che mi sembrava più naturale: sono tutti impazziti!” Nota da nerd: la magia di quella parte non è tutta merito dei polpastrelli incantati di Kumalo e del suo basso stregato. Nella prima parte dell’assolo c’è quanto Bakithi Kumalo ha suonato. La seconda parte dell’assolo, invece, è la stessa parte ma fatta andare al contrario; un trucchetto escogitato dal fonico Roy Halee che ha messo il nastro in reverse e assemblato le due parti. Quindi, questo assolo di basso è incredibile anche perché fisicamente impossibile da replicare!