22 aprile 2024

Seventeen Seconds, la pietra miliare goth dei Cure

Il 22 aprile del 1980 i Cure pubblicavano Seventeen Seconds, il disco che consentì a Robert Smith di prendere in mano le redini della band

Il 22 aprile del 1980 i Cure pubblicavano il secondo album "Seventeen Seconds".

Primo disco con lo storico bassista Simon Gallup , primo disco con Robert Smith in cabina di regia (insieme a Mike Hedges) e primo album con un singolo in classifica, A Forest.

Solo un anno prima la formazione inglese aveva dato alle stampe "Three Imaginary Boys", un debutto che li vide costretti a subire la decisione artistica di Chris Parry della Fiction Records, convincendo Smith a non ripetere, in futuro, l'errore.

Fu però proprio grazie al discografico e al suo lavoro con i Jam che i Cure riuscirono a registrare il disco, sfruttando notte tempo e di nascosto le strumentazioni della band guidata da Paul Weller.

L'occasione di Three Imaginary Boys

"Three Imaginary Boys" risultò il pretesto, l'occasione da cogliere al volo per poter, finalmente, entrare in studio di registrazione e fare un disco vero, pur senza avere ancora le competenze e la maturità artistica per realizzarlo.

Una lavoro odiato dallo stesso Smith che servì come detonatore per prendere il largo in un mare di oscurità che stava già prendendo forma nella mente del cantante.

Durante le registrazioni del debutto, infatti, brani come "M" e "Play For Today" erano stati già scritti, pronti per essere registrati come parte di un lavoro più coeso.

Dopo un tour in supporto a Siouxsie and The Banshees, Robert Smith aveva bene in mente che direzione avrebbero dovuto prendere i Cure, spostandosi dal post punk tradizionali degli esordi verso territori sinistri.

Seventeen Seconds, la pietra miliare goth dei Cure

Una pietra miliare goth

On the road le tensioni cominciavano a farsi sentire, così come una prima frattura con il bassista Michael Dempsey che, una volta tornati a casa, diventò irrecuperabile favorendo l'arrivo di Simon Gallup.

Ma i Cure non erano gli unici ad avere problemi di formazione e, nel bel mezzo del tour, anche il chitarrista dei Banshees John McKay lasciò allo stesso Robert Smith il suo posto da headliner.

Senza più figure terze a mettergli i bastoni tra le ruote, il cantante della band inglese cercò di spingersi alla ricerca di un sound nuovo, pesantemente influenzato dalla regina del goth e dallo stile dei Banshees.

Un salto nel buio che la band considererà il primo, vero album dei Cure, quello che avrebbe dato l'impronta sonora ad una scena, definendo un'identità ben precisa per tutti gli anni '80.

Con pochi soldi a disposizione, i Cure si chiusero in studio lavorando per più di quindici ore al giorno e in soli sette giorni registrarono e mixarono "Seventeen Seconds".

"Sentivamo davvero di star creando qualcosa di mai fatto prima", dirà Smith. "Da allora ho pensato che ogni album sarebbe stato l'ultimo disco dei Cure e quindi ho cercato sempre di fare qualcosa che per me fosse una pietra miliare".