06 marzo 2017

6 marzo 1970: Esce l'album "Lie" di Charles Manson. E "Let it be"...

Il capo della setta che uccise Sharon Tate di nuovo legato dal destino ai Beatles

 I Beatles erano la sua ossessione, come avevano rivelato quelle scritte sui muri della scena del crimine, vergate con il sangue delle vittime: "Helter Skelter" e "Pigs". Charles Manson aspirava a una fama duratura come cantautore, la ottenne in veste di leader di quella "Family" che insanguinò in diverse occasioni Los Angeles, con al centro la strage di Bel Air in cui venne uccisa la moglie (incinta) di Roman Polanski, l'attrice Sharon Tate. Quando era già in galera, il 6 marzo 1970, Manson vide "coronato" il suo sogno, la pubblicazione di un album. "Lie: The love and terror cult" riproduceva fedelmente la copertina di "Life" dedicata alle sue imprese da cronaca nera. Tolta la "f", il nome della rivista diventò "bugia" nel disco. Che fu stampato in sole 2000 copie e distribuito a livello locale. Conteneva anche la cover di un brano dei Beach Boys, "Never learn not to love" ribattezzato "Cease to exist": una sorta di omaggio alla band del surf, l'unica ad aver in qualche modo accolto (prima dei delitti) l'idea di un lavoro di produzione sulle canzoni di Manson. Questi non ebbe alcun guadagno dal suo album, come da norma giudiziaria, neppure dopo la ripubblicazione nel 2006. A riprendere però alcuni dei suoi brani sono stati, negli anni, i Guns'N'Roses, i Lemonheads, Devendra Banhart.

Charles Manson

Per un bizzarro giorno del destino, quel 6 marzo del 1970 vide anche la luce il singolo "Let it be" dei Beatles, prologo dell'album omonimo che sarebbe uscito due mesi più tardi, e dove "Let it be" venne presentato in una versione diversa. Divenne un successo universale, malgrado l'insofferenza di Lennon attorno a questa perla di McCartney, ispirata da un sogno in cui gli era comparsa la madre Mary, morta da molto tempo, che diceva a Paul, "lascia che le cose vadano, tutto si aggiusterà".