28 novembre 2024, ore 16:15, agg. alle 17:48
A trent'anni dall'uscita, AWAKE dei Dream Theater è ancora un punto fermo per il progressive metal: un mix impeccabile di tecnica, emozione e innovazione sonora
Pubblicato nel 1994, AWAKE dei Dream Theater è un album che sfida il tempo. Tecnica sopraffina, atmosfere cupe e suoni innovativi lo rendono un riferimento imprescindibile per il progressive metal. Un lavoro che, a trent’anni dall’uscita, continua a ispirare generazioni di musicisti e appassionati.
AWAKE, terzo album in studio dei Dream Theater, merita di essere ricordato come uno degli album rock che riesce a guadagnarsi un successo importante, nonostante sia, a livello stilistico e di suono, nella più assoluta controtendenza rispetto al momento in cui viene pubblicato. Siamo a cavallo tra la massima popolarità dell’era grunge e il momento di esplosione degli Oasis e di tutto il movimento Britpop, alternative. Una scena eterogenea che comunque ha come denominatore comune un approccio verace alla musica: che il riferimento siano i Beatles o il punk, entrambi i contesti snobbano preziosismi tecnici, suite strumentali, assoli, sonorità troppo moderne, processate e tecnologiche. Invece, AWAKE è un album di progressive metal ambizioso, estremamente tecnico, tanto nelle parti suonate quanto nella produzione, visto che il suono pulitissimo, quasi cristallino, resterà uno standard di riferimento per anni.
Un'impronta grunge nel progressive
In maniera sorprendente, infatti, già da IMAGES AND WORDS (1992) i Dream Theater riescono a imporsi rileggendo in maniera modernissima il progressive rock, genere musicale che — dopo il punk — era stato considerato, nella nuova scena rock, il più obsoleto e polveroso. Ma con AWAKE riescono a spingersi oltre, arricchendo questa loro intuizione con alcune delle più rilevanti e connotanti caratteristiche sonore degli anni ’90. AWAKE, infatti, è un disco di progressive metal modernissimo, che poggia su tre cardini stilistici portanti del rock anni ’90. Senza rinunciare né al loro suono, né alla loro pronuncia, né tantomeno alle esasperazioni tecniche e solistiche del genere, i Dream Theater optano per un songwriting più conciso che — quasi — rispetta la “forma-canzone” pop, con strofe, ritornelli e bridge ben definiti e circoscritti. Pur nella complessità di scrittura e arrangiamenti, le canzoni risultano maggiormente fruibili. Inoltre, dal grunge prendono certe atmosfere più cupe: le melodie vocali di James LaBrie si appoggiano su successioni di accordi dissonanti e tonalità più ombrose (vero marchio di fabbrica del songwriting di Cobain nei Nirvana). Questo approccio intenso e drammatico mostra anche il lato più emotivo e intimo della band, come in "Space-Dye Vest".
