Il 15 novembre 1983 usciva BARK AT THE MOON, un album che segna una svolta per Ozzy Osbourne. Tra riff potenti e innovazioni synth, questo disco non solo ridefinisce il sound dell’artista verso un pop-metal più accessibile, ma è il teatro di una controversa collaborazione con il chitarrista Jake E. Lee. Un'opera che rappresenta la rinascita di Ozzy e anticipa l’evoluzione del metal anni ’80.
BARK AT THE MOON: riff e synth che hanno cambiato Ozzy e il metal anni ‘80

Un nuovo guitar hero
La situazione è aggravata dal fatto che, in quel periodo storico, la chitarra solista nel rock, hard rock e metal è fondamentale: sono gli anni dell’esplosione della popolarità di Eddie Van Halen e delle innovazioni tecniche che impongono ogni band o artista rock e metal a sfoggiare chitarristi con tecnica da funambolo e forte presenza scenica. Così, trovare un nuovo talento come Jake E. Lee è un vero un colpo di fortuna. Jake riaccende l’entusiasmo di Ozzy, alimentando l’energia creativa che porterà alla nascita di BARK AT THE MOON. Se Rhoads incarnava lo stile neoclassico della chitarra rock – sviluppato da musicisti come Blackmore e Uli Jon Roth, e destinato a influenzare artisti come Yngwie Malmsteen – Jake E. Lee introduce una voce nuova, con forti radici rock blues rivisitate in chiave moderna. Il suo approccio futuristico, arricchito dalle tecniche di Van Halen, combina velocità, un sound distorto ma effettato e groove innovativo, distinguendolo come uno dei più moderni chitarristi del periodo. Tuttavia, pur essendo centrale, la chitarra di Jake non domina completamente l’album: è percepibile che Ozzy non gli concede lo stesso spazio e rilievo che aveva accordato a Randy Rhoads.