Il 10 febbraio del 1970 i Blur pubblicavano l'omonimo quinto album che segnò un addio al sound britpop per rivolgersi versi territori americani.
Gli anni '90 nel Regno Unito segnarono l'esplosione del Britpop che, prendendo le redi della scena alternative locale, cercò di rimettere l'isola di sua maestà sulla mappa dopo che gli Stati Uniti erano diventati l'epicentro della musica rock.
Mai nei tempi recenti come nella prima metà degli anni'90, il rock aveva saputo conquistare le vette delle classifiche mondiali in un modo senza compromessi. Il detonatore, inutile dirlo, fu quel 1991 che vide il dominio dei Nirvana ma anche debutti come quello dei Pearl Jam e il punto esclamativo dei Metallica con l'omonimo album, AKA Black Album.
Un rock che - in totale contrapposizione con quanto proposto fino a pochi anni prima - parlava di sofferenza e rabbia e riponeva in un sepolcro sia i sintetizzatori che i racconti edonistici.
La musica è spesso un movimento che oscilla tra azione e reazione e, nello stesso tempo, il Regno Unito venne travolto da una nuova ondata di ottimismo dopo la fine dell'epoca Thatcher.
La Union Jack cominciò ad apparire ovunque, traghettando il Paese in una nuova era fatta di patriottismo e disimpegno che voleva abbracciare scene come quella dei club e dei pub.
Con tutti i dovuti distinguo del caso - una scena può inglobare tutto senza chiedere il permesso - tutti i cavalli di razza della musica britannica vennero compresi sotto il cappello del Britpop che aveva come codice non scritto il rivedere attraverso occhiali patinati e pieni di cigs & alcohol gli antichi fasti del pop rock britannico, tanto nella musica quanto nell'estetica.
I Blur e la necessità di 'uccidere' il Britpop
E nel 1991 anche i Blur pubblicavano il loro primo album, "Leisure", che seguiva ancora forte la scia di quel sound 'baggy' che popolava le classifiche britanniche da ormai fine anni '80 grazie alla prepotenza della scena di Manchester e quel melting pot che aveva come elementi principali droghe, club, working class e rock music.
Lo stesso humus che avrebbe dato vita agli arcinemici Oasis ma che - attraverso la chiave borghese e da art school dei Blur - trovò sfogo completamente diverso.
Seguirono scontri tra band, tabloid, droghe pesanti, insulti che oggi decreterebbero la fine di chiunque, successi, battaglie vinte, guerre perse e un proliferare di band senza soluzione di continuità.
Se Oasis e Blur erano i giganti, intorno gravitavano tanti nomi enormi come Pulp, Suede e Verve, ognuno con la propria tipicità ma anche molto materiale tirato in dentro solo per occupare spazio su una barca che rischiava di affondare da un momento all'altro.
Graham Coxon questo lo aveva capito e sapeva che il rischio di ripetersi e stagnare in un cliché sonoro era alto. Complice ascolti assidui di band come Sonic Youth e Pavement, il chitarrista dei Blur cercò di dirottare il percorso della band e fare ciò che nessuno si sarebbe aspettato dopo un album come "The Great Escape", e cioè guardare agli Stati Uniti e uccidere il Britpop.