22 marzo 2021

Bob Dylan, il 22 marzo 1965 iniziava la svolta elettrica con "Bringing It All Back Home"

Il 22 marzo 1965 Bob Dylan pubblicava il capolavoro "Bringing It All Back Home", primo episodio della trilogia elettrica che cambierà il rock

Usciva il 22 marzo 1965 "Bringing It All Back Home", un album fondamentale nella carriera di Bob Dylan e per la storia del rock. Un disco capolavoro grazie al quale Mr.Zimmerman prese il folk rock di protesta degli esordi e iniziò a traghettarlo verso l'elettricità cambiando per sempre il sound dell'America, noncurante dell'attacco dei puristi che pochi mesi dopo, al Newport Folk Festival, non gli perdonarono il 'tradimento'.

I tempi stanno cambiando

Dopo essere diventato il paladino della scena folk, il menestrello dell'impegno sociale che - specialmente con il secondo "The Freewheelin' Bob Dylan" aveva travolto la scena - Bob Dylan decise che era giunto il momento di iniziare a dare una svolta, traghettare il sound della sua musica dal folk acustico all'elettricità. Una transizione cominciata proprio con "Bringing It All Back Home" e resa definitiva in "Highway 61 Revisited" e "Blonde On Blonde" che concluderà quella diventata nota come la trilogia elettrica.

"Bringing It All Back Home", fu la manopola che scatenò l'elettricità, un avvertimento di Dylan al suo pubblico grazie ad un album composto per metà di canzoni acustiche e per metà di canzoni elettriche. Due facce della stessa medaglia, quella di Mr.Zimmerman, che decise di aprire le danze proprio con 'il rumore' del primo lato piazzando come opening track 'Subterranean Homesick Blues'. Un lato A shockante che avrebbe visto deporre le armi del rock solo nel lato B, quattro canzoni introdotte da un altro classico: 'Mr.Tambourine Man'.

"Non ho fatto altro se non prendere il folk e infilarci dentro un nuovo immaginario e una nuova attitudine, usare frasi a effetto e metafore combinate con tutta una serie di cose che si sono sviluppate in modo diverso da quello che si era sentito prima" avrebbe poi scritto nei suoi Cronichles.


La copertina di Bringing It All Back Home

Così come la svolta di Dylan, sia nel sound che nei testi, anche la copertina di Bringing It All Back Home consegnava un artwork intricato e particolare. La foto sulla cover è stata scattata da Daniel Kramer con una lente speciale che consegna un'immagine quasi distorta in cui si vedono Bob Dylan, con in braccio il suo gatto, che guarda in camera e una donna sullo sfondo. E' Sally Grossman, moglie di Albert Grossman, il manager di Dylan.

In giro nel salotto che fa da sfondo allo scatto ci sono dettagli tutti da scoprire come alcuni dischi di svariati artisti - 'Keep On Pushing' dei The Impressions, 'King Of The Delta Blues Singers' di Robert Johnson, e lavor idi Lotte Lenya, Eric Von Schmidt e Ravi Shankar - ma anche la copertina del suo album precedente, 'Another Side Of Bob Dylan', come a voler indicare sotto traccia i suoni che avevano ispirato la sua conversione. E ancora un dipinto, una rivista dedicata all'esorcismo e alla poesia beat, una copia di Time con il Presidente Lyndon B.Johnson e altri riferimenti misteriosi che contribuirono al mito.



Il passaggio all'elettricità e il Newport Folk Festival

Una scelta, la sua, per portare il folk classico un passo avanti, sviluppare i temi sociali e farli entrare in un discorso letterario più intricato e complesso e in un contesto musicale che fosse scioccante, si diceva.

Ad ispirarlo erano stati i Beatles e la loro 'I Want To Hold Your Hand' con quel sound graffiante che nessuno faceva allo stesso modo ma anche il cantautore John P.Hammond che pensò di registrare per l'album "So Many Roads" i classici del blues che normalmente suonava live ma in chiave elettrica.

Per farlo, Hammond decise di affidarsi ad alcuni musicisti che formavano una band, gli Hawks, e che rispondevano al nome di Robbie Robertson, Garth Hudson e Levon Helm. Poco dopo sarebbero diventati the Band e avrebbero accompagnato Dylan nel suo primo tour elettrico degli Stati Uniti.

In studio per l'album, invece, alle chitarre c'erano Al Gorgoni, Kenny Rankin e Bruce Langhorne, Joseph Macho Jr e William E.Lee al basso, Bobby Gregg alla batteria e Paul Griffin al pianoforte, oltre allo stesso Hammond con il quale, però, non si arrivò a risultati soddisfacenti. Con loro il produttore Tom Wilson che cercò di aiutare Dylan nel realizzare il suono che stava cercando e che era nato proprio dalla classica impostazione acustica, solo voce e chitarra, di Dylan che decise poi di dare un sound da rock band a buona parte del disco. Tutti i musicisti si mostrarono entusiasti dell'idea e collaborativi, riuscendo a portare a casa le registrazioni di ogni canzone in pochi take.

Da lì, nel giro di poco più di un anno, Dylan avrebbe pubblicato anche "Higway 61 Revisited", forse il suo picco, e "Blonde On Blonde". 15 mesi per la trilogia elettrica che cambiò per sempre la carriera di Dylan e la storia della musica rock influenzando tutto ciò che sarebbe arrivato dopo.

Pochi mesi dopo, al Newport Folk Festival, evento di riferimento per la scena folk che si teneva a Newport, Rhode Island, con "Highway 61 Revisited" già in canna, Dylan salì sul palco pronto a sconvolgere i puristi del genere. Era il luglio del 1965, Dylan sale sul palco e il risentimento del pubblico e dei colleghi cresce, impazzisce, un vero e proprio tradimento da quello che una volta era il loro eroe.

Uno smacco per chi aveva fatto del folk di protesta in acustico un credo, amplificatore e Stratocaster, una bestemmia che non andrà giù al pubblico. Le proteste si faranno sempre più rumorose, arrivando praticamente allo scontro fisico tanto da far scappare la band dal palco e Dylan, non convintissimo, fu convinto a tornare per chiudere il set solo voce e chitarra.

I tempi, però, stavano cambiando e la strada era stata tracciata

Bob Dylan, il 22 marzo 1965 iniziava la svolta elettrica con "Bringing It All Back Home"