COMBAT ROCK: l’ultimo atto lucido e inquieto dei Clash
Ultimo disco con la formazione originale, COMBAT ROCK è il canto del cigno dei Clash. Dentro, molto più della hit “Rock The Casbah”. Ecco 3 brani da scoprire.
Pubblicato il 14 maggio 1982, COMBAT ROCK è l’ultimo album dei Clash con la formazione storica al completo. Contiene le due hit più famose del gruppo, ma resta uno degli episodi meno celebrati della loro discografia. Un disco crepuscolare, nato mentre la band si stava già sfaldando dall’interno.
Ne ripercorriamo la genesi e il contesto, spiegando perché COMBAT ROCK suona come l’addio di una delle più grandi rock band di sempre. E selezioniamo tre brani meno noti ma super d’impatto da riscoprire e infilare subito in una playlist post-punk come si deve.

Il canto del cigno
COMBAT ROCK è un disco rimasto in sospeso nella discografia dei Clash, privo del riconoscimento che avrebbe meritato. È l’ultimo album inciso dalla band con la formazione storica al completo: Joe Strummer (voce e chitarra ritmica), Mick Jones (chitarra solista e voce), Paul Simonon (basso) e Topper Headon (batteria). Da lì a poco, gli scazzi con Mick Jones si fanno insanabili e porteranno alla sua estromissione; stessa sorte per Topper Headon, devastato dall’eroina. Così, in un colpo solo, i Clash si privano delle due colonne portanti del loro suono e della loro ispirazione. La sezione ritmica Headon-Simonon era un meccanismo perfetto: eclettica, vitale, capace di fondere punk con reggae, dub, R’n’B, e persino le prime pulsazioni di disco, electro e hip hop. Ma soprattutto, i Clash si dividono dai loro “Lennon e McCartney del punk”: Strummer e Jones, coppia infervorata e ispirata, capaci di essere insieme songwriter, guitar hero e poeti di una scena musicale rivoluzionaria e politica. Il successivo CUT THE CRAP (1985), registrato da una formazione mutilata, suonerà quasi come una parodia di ciò che i Clash erano stati. Anche per questo, su COMBAT ROCK grava una sensazione di epilogo, un addio già scritto che toglie luce a un disco comunque importante.
Schiacciato da due capolavori
Eppure, COMBAT ROCK contiene i due singoli di maggior successo commerciale della band: “Should I Stay Or Should I Go” e “Rock The Casbah”. Ma la sua vera “colpa” è quella di arrivare dopo. Dopo che l’avventura meravigliosa dei Clash era già stata vissuta. Assieme a Sex Pistols e Ramones, i Clash sono la band che ha innescato il punk. Il loro esordio omonimo del 1977 è stato il manifesto sonoro e politico di quella rivoluzione. Poi GIVE 'EM ENOUGH ROPE (1978), disco di transizione in cui i Clash dimostrano di saper suonare rock meglio di chiunque altro. E poi l’apice: LONDON CALLING (1979), un capolavoro riconosciuto all’unanimità, dove i Clash abbracciano rock’n’roll, blues, R’n’B e tutto il grande rock americano. Infine SANDINISTA! (1980), monumentale triplo album che li consacra pionieri nella sperimentazione con dub, rap e hip hop. COMBAT ROCK, arrivando dopo questa scalata, ne subisce il peso. Non ha la visione profetica dei dischi precedenti, né nuove galassie sonore da conquistare. È un disco suonato alla grande, con la band all’apice dell’energia, capace di un mix esplosivo tra punk, funk, rock e reggae. Ma resta più una sintesi delle tre anime dei Clash che un nuovo capitolo. E infatti, il fatto che anche i suoi brani più noti siano stati davvero apprezzati solo grazie alle raccolte successive, dimostra quanto COMBAT ROCK non sia mai stato vissuto come un’opera con la stessa autorevolezza degli album che l’hanno preceduto
COMBAT ROCK in tre canzoni
Ma se vogliamo davvero riportare COMBAT ROCK dentro una playlist post-punk fatta con criterio, ha più senso mettere da parte i due classici iper-noti — “Should I Stay Or Should I Go” e “Rock The Casbah”, che conoscono anche i sassi — e concentrarsi su tre brani meno inflazionati, che raccontano meglio il cuore impegnato, nervoso e stiloso di questo disco. Sono canzoni che, ancora oggi, conservano soprattutto l'eco dello sperimentalismo caraibico, urbano e disallineato di SANDINISTA! Ecco quindi, tre pezzi da salvare e infilare subito nella propria playlist post-punk preferita.
“Ghetto Defendant”
Un vero manifesto del suono reggae dei Clash. Se Paul Simonon è da considerare l’elemento più pregiato della band, qui il suo giro di basso è da capogiro: sinuoso, ipnotico, profondo. Ma a rendere il brano un unicum è l’incontro tra l’attitudine ribelle dei Clash e la voce poetica di Allen Ginsberg, icona assoluta della Beat Generation. “Ghetto Defendant” è spoken word e punk-funk, è denuncia e visionarietà, è lirismo e militanza. Parla di emarginazione, dipendenze, repressione, consumismo. È il punto d’incontro tra la controcultura beat — che aveva infiammato gli anni Sessanta — e il punk più disilluso e urgente. Due mondi che si tendono la mano nel cuore di un brano ancora attuale e affilato.
“Straight to Hell”
Una preghiera laica e disperata, immersa in un reggae obliquo e dolente, attraversato da un’estetica new wave struggente e rarefatta. Joe Strummer canta come se pregasse per i reietti, gli emarginati, i disperati. A loro, la società — spietata, cinica, indifferente — non tende la mano. Si limita a pronunciare una sentenza glaciale: “Go straight to hell, boys”. Il brano è un requiem politico, malinconico e straziante. Nella prima strofa, Strummer fotografa la chiusura delle acciaierie nel nord dell’Inghilterra e lo smarrimento degli immigrati, che si vedono rifiutati e accusati, nonostante il desiderio sincero di integrazione. La seconda strofa ci porta nel cuore del “Vietnam dopo il Vietnam”: i cosiddetti Amerasian Blues, ovvero i figli abbandonati dai soldati americani alle madri vietnamite, dimenticati sia dagli USA che dal proprio Paese d’origine. La terza strofa, infine, scava nella realtà americana più cupa, vista con gli occhi di un bambino asiatico-americano. Un’America che, sotto il sogno scintillante, nasconde alienazione, droga, apatia. “Straight to Hell” è uno dei brani più profondi mai scritti dai Clash. Una ballata distorta, ipnotica, che suona come un’accusa e insieme una carezza.
“Know Your Rights”
Questo è il brano che più si ricollega all’anima punk rock dei Clash: diretto, ruvido, ferocemente politico. “Know Your Rights” è una denuncia cruda e sarcastica delle ipocrisie della società, che proclama diritti solo per poi negarli sistematicamente. Strummer elenca tre presunti diritti fondamentali — vivere, non essere uccisi, avere qualcosa da mangiare — e li smonta uno a uno, mostrando come persino le libertà più basilari siano sotto minaccia. Il brano, spesso accostato per spirito di ribellione a “Get Up Stand Up” di Bob Marley, è diventato un inno di protesta, ancora oggi presente in manifestazioni e movimenti di attivismo. Ma a renderlo leggendario è anche la sua apertura, diventata iconica: “This is a public service announcement... with guitar!”. Una frase che è una dichiarazione di poetica: la chitarra non è solo uno strumento musicale, ma un’arma, un megafono, un atto di militanza. È punk in forma pura.