19 marzo 2018

Da oggi a mercoledì nei cinema "Rumble - Il grande spirito del rock"

L'influenza dei nativi americani sulla musica attraverso le testimonianze di Little Steven, Iggy Pop, Scorsese e tanti altri. Ne abbiamo parlato con il regista.

Arriva questa sera e per tre sere nei cinema italiani "Rumble - Il grande spirito del rock", documentario di produzione canadese distribuito nelle nostra sale da I Wonder Pictures, che narra - con la partecipazione di tantissimi personaggi - il contributo dato dai nativi americani e dai loro discendenti alla storia della musica. La pellicola, già presentata all'edizione 2017 del celebre Sundance Film Festival dove è stata insignita del World Cinema Documentary Special Jury Award for Masterful Storytelling, il primo di numerosi premi, prende idealmente il via proprio dal brano che le dà anche il titolo: 'Rumble'. Nel 1958 Link Wray, chitarrista americano di origini Shawnee, pubblicò a nome Link Wray & His Ray Men il singolo 'Rumble', un pezzo strumentale decisamente avanti per l'epoca, tutto basato su distorsione e power chord in un riff ipnotico che fece da ponte a tutto il rock che sarebbe arrivato da lì in avanti, un suono talmente minaccioso da essere bandito in numerose radio perché le sue note potevano indurre alla violenza, diventando la prima canzone censurata non per questioni legate al testo. Il film vuole affrontare il tema dei nativi americani e della loro identità smarcandosi da facili vittimismi e scegliendo, invece, di rivendicare il proprio posto nel mondo raccontando le storie di un suono partito da lontano, di un ritmo e di una cultura che, condividendo la sofferenza con quella degli afroamericani - ritenuti solitamente come unici depositari della tristezza generatrice di tutto - ha permeato tutta la storia della musica americana attraverso il sangue della sua gente. C'è spazio allora per il quarto di Cherokee nel corpo di Jimi Hendrix, Link Wray, Stevie Salas che ha collaborato con George Clinton, Rod Stewart, Mick Jagger ed è anche producer del film nonché consulente dello Smithsonian Museum di Washington sull'argomento, si parla di Jesse Ed Davis, chitarrista che ha prestato i suoi servigi a Bob Dylan e a tutti i Beatles nella loro carriera solista, ci sono i Redbone che i costumi della tradizione li portavano sul palco e oggi li trovate nella colonna sonora dei "Guardiani della Galassia" con la hit 'Come And Get Your Love' o il batterista di Ozzy Osbourne Randy Castillo. C'è anche la voce di Robbie Robertson, chitarrista e principale della storica formazione The Band che, con un approccio diametralmente opposto a quello di altri artisti, racchiude bene la problematica relativa all'origine indiana nella frase “Be proud of being an Indian but be careful who you tell".

Tantissimi i contributi da parte di nomi dello spettacolo che portano acqua al mulino della tesi iniziale tra spezzoni di concerti, materiale di archivio e interviste inedite: si va da Martin Scorsese allo storico chitarrista di Springsteen Little Steven, da Marky Ramone ad Iggy Pop, da Steven Tyler e Slash a Quincy Jones, e ancora Taylor Hawkins (Foo Fighters), Rob Trujillo (Metallica) e Dan Auerbach (The Black Keys).


In cabina di regia Catherine Bainbridge e Alfonso Maiorana, film maker canadese con evidente sangue italiano che abbiamo raggiunto per farci raccontare le fasi di lavorazione del documentario.


rumble il grande spirito del rock

"Io e Catherine Bainbridge abbiamo iniziato a fare ricerca e a scrivere il copione nell'estate del 2012, mentre le riprese sono partite a Montreal nel dicembre dello stesso anno e terminate nel novembre 2016 a Detroit con l'inserimento all'ultimo minuto di Iggy Pop" - racconta Alfonso Maiorana - " La parte più complicata nella creazione di questo film è stato trovare interesse dai distributori, qualcuno abbastanza coraggioso di finanziare la pellicola. Come al solito, come tutti i documentari, hai bisogno di finanziamenti statali per incoraggiarti a creare qualcosa di speciale. Grazie a tutti i nostri produttori, Stevie Salas, Tim Johnson, Catherine Bainbridge (che è anche co-regista) e specialmente Christina Fon che si è impegnata senza sosta  a cercare un budget rispettabile, siamo stati capaci di imbarcarci in questa avventura. A parte questo la cosa più complicata è stata di sicuro riuscire a raggiungere tutte le star che ci servivano per il film. Questi artisti hanno dei manager e lavorano 365 giorni l'anno, o così sembra, e  per pianificare un'intervista qualche volta ci abbiamo messo qualcosa come 3 o 4 anni. La nostra salvezza è stata che tutti gli artisti che vedete nel film erano eccitati ed onorati di far parte del progetto, conoscevano delle storie dell'influenza degli indiani sulla musica e volevano condividere ciò che sapevano sin dall'inizio. Martin Scorsese era esaltato all'idea di parlare di Link Wray e Robbie Robertson, ma non è stato disponibile per 2-3 anni perché stava lavorando al suo film. Marky Ramone all'inizio era tiepido al pensiero di stare davanti la telecamera, siamo rimasti in contatto per telefono e via email per 2-3 anni prima che finalmente accettasse dopo aver visto un teaser. Iggy Pop è arrivato all'ultimo minuto: avevamo già editato il film, la gran parte era completa, quando finalmente verso la fine di novembre 2016 il suo manager ha contattato la nostra produttrice e ci ha detto di incontrare Iggy alle 13 in punto di domenica in un hotel nella sua città natale, Detroit. Stavo lavorando ad un film con Bruce Willis chiamato "Death Wish" ed era venerdì sera. Credo che i due artisti che più volevamo ma non siamo riusciti ad inserire siano stati Pete Townshend degli Who e B.B.King; avevamo buoni contatti ma, nel caso di Pete, a volte diceva di sì a volte no e alla fine non abbiamo concluso. B.B. era sempre in tour ed era difficile organizzare un'intervista e, quando a un certo punto avevamo avuto un via libera mentre stavo girando "Mississippi",  purtroppo è scomparso. Abbiamo anche provato a raggiungere Bonnie Raitt e Dee Dee Bridgewater".

Sulle motivazioni che lo hanno spinto a dar vita al progetto, Maiorana dice: " In quanto Nord americano, nel mio caso nato e cresciuto in Canada da genitori italiani, la storia delle popolazioni indigene ha fatto parte della mia educazione da sempre. L'opportunità di raccontare la vera storia della musica attraverso la voce e gli occhi dei nativi americani e canadesi è stato importante. Sono un grande fan della musica, tradizionale o meno, per questo ripercorrere la storia delle popolazioni indigene attraverso la musica, sia da un punto di vista economico che sociale, è stata una delle ragioni chiave per la mia scelta. Fondamentale è stato venire a conoscenze del contributo dato da queste popolazioni alla musica, dal blues, al jazz, al rock, al punk, il folk, il rap e il metal. Troppo spesso l'elemento indiano nella musica è ignorato e non studiato, troppo spesso il colonialismo, il genocidio, hanno contribuito alle battaglie delle culture indigene. Ma l'arte, la danza e la musica, specialmente, sono sopravvissute. Spero che "Rumble" tocchi tutti perché è una pellicola universale! Siamo tutti legati e orgogliosi delle nostro background culturale e il film celebra l'inclusione, la diversità e la libertà allo stesso modo. Il rispetto per l'identità culturale è importante, perché ci mantiene con i piedi per terra, ma non c'è spazio per il razzismo, il nazionalismo radicale e il colonialismo. La musica è un mezzo che estende la libertà culturale e può unire tutti in modo pacifico educandoci sulle differenze e le somiglianze. Credo che la forza dello storytelling di "Rumble" stia nella struttura visuale e di immagini che abbiamo sviluppato per assicurarci una continuità narrativa che avesse senso da un punto di vista storico. volevamo introdurre ogni icona influente con le loro canzoni più famose, scoprire le terre di provenienza e dare informazioni circa l'era in cui la loro musica ha avuto maggiore influenza da un punto di vista storico, politico ed economico. Resta un documentario musicale con un senso profondo di storytelling, seppur di intrattenimento".

Le origini, si diceva, e quelle del regista sono chiaramente italiane. C'è da chiedersi, quindi, il peso della famiglia nelle sue scelte e se ci sarà mai un lavoro simile a "Rumble" su i tanti italoamericani che hanno fatto la storia della musica americana: "Sì, mi piacerebbe raccontare la storia dell'influenza avuta dagli italiani nel formare la musica del Nord America. Ci sono molte storie di italiani nel jazz degli esordi a New Orleans e New York e ovviamente nel blues e nel rock'n'roll. Spero che un giorno qualche produttore me ne dia la possibilità. In assoluto ci sono molte storie legate al mondo della musica che mi andrebbero raccontate e ho molte idee che spero di poter condividere con qualcun altro prima o poi.Vengo da una famiglia a vocazione musicale. Mio nonno faceva parte di due importanti orchestre sinfoniche a Napoli prima della Seconda Guerra Mondiale. Il villaggio di mia madre, Montemarano (AV) è conosciuto per la tarantella che il grande musicologo Alan Lomax ha scoperto nel 1958 durante la sua visita in Campania. Ho sempre amato la musica e ho iniziato a collezionare vinili quando avevo solo 7 anni, il primo è stato un album di Elvis. Ho provato a suonare ma mio padre era preoccupato che perdessi di vista gli studi, ma in qualche modo sono riuscito a far parte di una band indie rock/alternative punk quando avevo 19 anni, come cantante. All'epoca la mia band preferita erano i Clash con il grande Joe Strummer. Per quanto riguarda il cinema devo ringraziare mia madre e mia nonna per la passione. Mi permettevano di restare sveglio fino a tardi e vedere film come 'I quattrocento colpi' di Truffaut o 'La dolce vita' di Fellini in TV. Il mio primo viaggio in Italia risale al 1977, mia madre mi comprò una videocamera super 8mm per filmare il nostro viaggio che ci portò a Roma, Venezia, Udine, Napoli, Salerno, Pompei, Palinuro e ovviamente i paesi dei miei genitori, Montemarano e Cassano Irpino. Crescendo, andare al cinema divenne un'ossessione e una via di fuga; poi scopri film come 'L'infernale Quinlan' di  Orson Welles e inizi a fantasticare su come una persona riesca a creare capolavori del genere".

La passione di Maiorana per l'arte, però, è a 360° e sono molti protagonisti, dalla musica, alla letteratura e, ovviamente, al cinema, che ama o che lo hanno influenzato: " Credo che Joe Strummer dei Clash sia stata un' importante influenza su di me per la sua mentalità politica e artistica. Altri musicisti come Muddy Waters, Jimi Hendrix, Bob Dylan, Lou Reed, Tom Waits, U2, Pearl Jam, The Who, Joy Division, The Doors, Link Wray, sono alcuni dei tanti che hanno formato la mia carriera, ma anche scrittori come T.S.Elliot, Henry Miller, Kafka, Hermann Esse ed Italo Calvino e pittori come Monet, Van Gogh, Modigliani, Da Vinci, O'Keeffe e Amos Bad Heart Bull. Tra i registi, solo per nominarne alcuni, Orson Welles, Truffault, Antonioni, Coppola, Scorsese, Wenders, Spike Lee, Jarmush, Fellini, Kubrick, Hitchcock, Chaplin, Leone, Bigelow, Cohen Brothers, Cronenberg, Schlesinger, Danny Boyle, Sorrentino. Ultimamente ho ascoltato molta musica di Chet Faker, Alt-J, Warpaint, Eddie Vedder (naturalmente), Fleet Foxes, Robert Johnson, The Flying Eyes e The Brian Jonestown Massacre".

Infine, perché del resto di film musicali si sta parlando, Maiorana ci lascia con quelli da non perdere assolutamente: "Searching for Sugarman, The Last Waltz, The Kids are Alright, This is Spinal Tap, Woodstock, Muscle Shoals, Pearl Jam 20, Let's Rock Again, The Clash, Westway to the World e The Song remains The Same".


RUMBLE - IL GRANDE SPIRITO DEL ROCK ! Trailer ufficiale sottotitolato