09 maggio 2025

Dancing In The Dark, quando Springsteen ballò per sopravvivere

Nel maggio del 1984 Bruce Springsteen pubblicava il singolo - frutto di un compromesso - che aprì le porte ad un nuovo pubblico e una nuova era

Il 9 maggio del 1984 Bruce Springsteen pubblicava 'Dancing In The Dark', singolo che anticipava l'uscita di "Born in the U.S.A." e che in breve tempo diventò una delle sue più grandi hit.

Il successo del brano diede un contributo importante a rendere l'album quello commercialmente più rilevante all'interno del suo catalogo e si guadagno un posto nel cuore di tutti i fan.

A spingere il Boss verso un ultimo sforzo per completare il disco fu il suo manager Jon Landau che sentiva di aver bisogno di un ultimo singolo definitivo, un successo che facesse arrivare ovunque Born In The U.S.A.".

Springsteen non sembrava essere particolarmente entusiasta di dover continuare a 'scavare' dopo aver prodotto circa 70 brani ma cercò di trovare le risorse per un'ultima canzone.



Springsteen e la ricerca frustrante di una hit

Era la fine del 1983 e Bruce Springsteen si trovava a uno strano bivio. L'uomo che un tempo aveva fatto irruzione nel circuito dei bar del Jersey Shore con una E Street Band di sei elementi alle spalle, si trovava a chiedersi: cosa succederà ora?

Il suo album precedente, Nebraska, era stato inquietante: uno scarno disco acustico, spettrale che la critica aveva apprezzato ma che era ben distante dal successo commerciale del doppio album "The River".

Nel frattempo, il mondo stava cambiando, la scena musicale stava cambiando, con l'avvento di sintetizzatori, immagini in technicolor e video in TV, l'approccio a metà strada tra il bluesman da highway e la rockstar da platee sterminate rischiava di non funzionare più.

Serviva qualcosa di diverso e questo Landau lo sapeva bene.

Il manager chiese a Springsteen di fare qualcosa di nuovo, di moderno, qualcosa che potesse raggiungere il grande pubblico attraverso l'etere, una hit buona per tutti.

Bruce era furioso, frustrato, non capiva cosa non andasse bene in quelle canzoni che aveva già registrato.

Arrivato al livello di popolarità che si portava dietro dall'inizio degli anni'80, Springsteen aveva bisogno di qualcosa che lo consegnasse ad una nuova era e per trovarlo mise dentro tutta la sua rabbia e le sue perplessità.

Tornato nella sua camera d'albergo, Springsteen continuava a pensare alle parole di Landau che, fosse stato per lui, si sarebbe potuto scrivere la sua cara hit anche da solo.

Ma era innegabile che il mondo fosse diverso, che il sound intorno fosse diverso e che le pressioni su di lui fossero enormi. Quel senso di inadeguatezza, forse di noia, di frustrazione, di disperazione addirittura trovò la strada in una sola notte, finendo per diventare quel punto di incontro tra business e arte che fu Dancing In The Dark.


Dancing In The Dark, quando Springsteen ballò per sopravvivere

Tradimento o nuovo inizio?

Dal punto di vista sonoro, il brano segnava un cambiamento radicale. Niente più armoniche o Telecaster polverose, niente malinconia e fotografie sbiadite.

Il ritmo era serrato, gioioso, i sintetizzatori scintillanti, la batteria di Weinberg tenuta a bada, Springsteen era pronto a ballare nell'oscurità di qualcosa mai sentito prima.

Per certi versi, era un tradimento del suo vecchio sound. Ma per altri, era la cosa più onesta che avesse mai fatto. Il ritornello non era una celebrazione, era un grido d'aiuto: "Non puoi accendere un fuoco / Non puoi accendere un fuoco senza una scintilla / Questa pistola è in affitto / Anche se stiamo solo ballando nel buio".

Era musica pop, sì ma cone le sue ammaccature.

E il sound non fu l'unica cosa nuova di Dancing In The Dark che, nonostante Springsteen fosse sempre stato molto restio sulla questione, venne accompagnato da un videoclip.

A dirigerlo una leggenda, quel Brian De Palma fresco di 'Scarface' che decise di mantenere un feeling più reale possibile.

Il contesto prescelto fu quello più congeniale a Springsteen, il palco, quello del St.Paul Civic Center, in Minnesota, dove la E Street Band lo accompagnava sulle note di Dancing In The Dark.

Ad un certo punto, il racconto vede il Boss avvicinarsi alla folla per far salire sul palco una ragazza con cui ballare gioiosamente in una scena che diventerà celebre.

Anche perché la ragazza in questione è una giovanissima attrice che risponde al nome di Courteney Cox e che, anni dopo, diventerà famosa in tutto il mondo come la Monica della serie Friends.


Un compromesso di successo

Pubblicato il 9 maggio 1984, il brano raggiunse il secondo posto della Billboard Hot 100, subito dietro "When Doves Cry" di Prince. Nonostante gli anni di acclamazione da parte della critica, Springsteen non aveva mai raggiunto posizioni così alte in classifica.

In seguito avrebbe affermato che il brano rappresentava il suo tentativo di esplorare "la distanza tra chi sei e chi stai cercando di essere".

Il suo più grande successo fu anche il suo compromesso più riluttante.

Nonostante le riserve iniziali, "Dancing in the Dark" ha aperto le porte a qualcosa di importante per Springsteen, garantendogli accesso ad un pubblico più vasto, spingendo Born in the U.S.A. a vendere oltre 30 milioni di copie in tutto il mondo.

Improvvisamente, la sua voce non era più solo quella di operai e sognatori, ma di tutti, anche del pubblico che affollava gli stadi ed esplodeva al ritmo della canzone.

Quegli stessi fan che spesso, portava sul palco – proprio come Courteney Cox – lasciandoli ballare sotto i riflettori. Era in parte un rituale, in parte una terapia.

Un promemoria che anche nel bagliore della fama, c'è ancora l'oscurità. E a volte, ci si balla non per fuggire, ma per sopravvivere.