08 ottobre 2021

Dave Grohl e lo shock per la falsa morte di Kurt Cobain

Quando Cobain fu portato in spedale a Roma, Grohl fu raggiunto da una telefonata che ne annunciava erroneamente la morte. Uno shock che lo cambiò per sempre

Dave Grohl ha appena pubblicato la sua autobiografia "The Storyteller" - in Italia arriverà la prossima settimana - e al suo interno, in un passaggio riportato dal New York Post, si parla anche del grande shock provato nell'apprendere di quello che poi si sarebbe rivelato una sorta di avvertimento prima della sua morte nell'aprile del 1994.

Una telefonata scioccante

Il batterista dei Nirvana, infatti, racconta di quando arrivò una telefonata che annunciava la morte di Kurt in seguito al famoso incidente di Roma: "Le mi ginocchia mi hanno abbandonato, ho lasciato cadere la cornetta e sono caduto sul pavimento della mia camera da letto. Mi sono coperto il viso con le mani e ho iniziato a piangere. Se n'era andato. Quel timido uomo che mi aveva offerto una mela la prima volta che ci siamo visti all'aeroporto di Seattle era andato. Il mio tranquillo e introverso compagno di stanza che aveva condiviso l'appartamento di Olympia con me, se n'era andato. L'adorabile padre che prima di ogni concerto giocava con la sua bellissima bambina nel backstage, se n'era andato. Ero stato schiacciato dalla più profonda tristezza che potessi immaginare".

La notizia, però, si dimostrò essere falsa. Cobain non era morto, anche se sarebbe accaduto poco dopo, ma se da una parte c'era il sollievo, dall'altra quell'episodio cambiò per sempre la percezione delle emozioni in Grohl che dopo la nuova notizia si era sentito rinascere.

L'ex batterista dei Nirvana e ora voce dei Foo Fighters si trovò a 'costruire dei muri sempre più alti' per difendersi da queste emozioni estreme. Emozioni che, di lì ad un mese, torneranno a farsi sentire, questa volta davvero:"Questa volta è davvero così. Se n'è andato" - dice Grohl della morte di Kurt - "Non c'è nessuna seconda telefonata per smentire. Per ribaltare la tragedia. Era una sentenza definitiva".

Il trauma della morte di Kurt

Un trauma, quello della morte di Kurt Cobain, che Grohl ha provato dopo la prima chiamata ricevuta da Roma, che è rimasto dentro di sé prima di esplodere nuovamente poco dopo.

"Quel lutto era incastrato da qualche parte nel profondo, bloccato dal trauma da un mese prima, quando ero stato lasciato in uno stato di conflitto emozionale. 'Empatia!' aveva scritto Kurt nella sua nota e in alcuni casi chiedevo al mio cuore di riuscire a provare il dolore che aveva provato lui. Di spezzarlo. Ho maledetto quei muri che avevo costruito mentre mi asciugavo le lacrime, perché mi hanno allontanato da quei sentimenti che avevo bisogno di sentire a tutti i costi".

A proposito della prima chiamata, Grohl ricorda come sia stato quello il colpo più duro, quella prima volta: "Ancora oggi spesso vengo schiacciato da quella stessa tristezza che ho provato quando ho ricevuto quella prima telefonata. Ma è quando mi siedo dietro la batteria che sento di più Kurt e non suono spesso le nostre canzoni ma quando lo faccio riesco ancora a immaginare lui, davanti a me, che lotta con la sua chitarra e urla con tutto il fiato nel microfono".

Dave Grohl e lo shock per la falsa morte di Kurt Cobain

La quasi morte di Cobain a Roma

Il 4 marzo 1994 Kurt Cobain fu portato d'urgenza al Policlino Umberto I e poi all'American Hospital di Roma. Quello che sarebbe dovuto essere un soggiorno tranquillo tra una data e l'altra del tour di In Utero insieme a Courtney Love e Frances Bean si trasformò in un dramma.

Kurt era stato trovato privo di sensi in hotel e trasportato al pronto soccorso dove era andato in coma.

Un caso che attirò l'attenzione di tutti i media del mondo sulla capitale italiana e che fece scattare un campanello d'allarme. Kurt era morto, si diceva, e invece no. Ma c'era andato vicino, un primo tentativo di quello che poi sarebbe successo nemmeno un mese dopo quando si tolse la vita (al di là di ogni altra ipotesi sulla questione) con un colpo di fucile.