Death Magnetic, il ritorno alle basi dei Metallica
Nel settembre del 2008 i Metallica pubblicavano "Death Magnetic", cercando di superare il precedente "St.Anger" tornando al sound degli anni '80
Il 12 settembre 2008 i Metallica pubblicavano il nono album in studio, "Death Magnetic".
Per la prima volta da "...And Justice For All" del 1988 la band decise di affidarsi ad un produttore diverso da Bob Rock, dando il benvenuto a Rick Rubin.
Uno tra i produttori più influenti dell'epoca moderna, Rubin non fu l'unica novità all'interno di "Death Magnetic" che fu anche il primo album scritto con Robert Trujillo, arrivato in formazione sulle battute finali del precedente "St.Anger".
I difficili presupposti di Death Magnetic
I primi anni 2000 furono per i Metallica un disastro sotto ogni punto di vista e hanno rischiato di mettere fine per sempre a quella che è una delle band più grandi nella storia del rock e del metal.
L'addio di Jason Newsted, le tensioni interne, il rehab di James Hetfield, lo scarso successo degli ultimi album avevano dato vita ad un groviglio difficile da dipanare.
Per farlo la band si servì di un terapista che aiutò a ad affrontare i tanti irrisolti all'interno di un gruppo che si stava sfaldando. Una crisi documentata nel documentario "Some Kind Of Of Monsters" che, almeno simbolicamente, si concluse con l'apertura verso l'esterno e l'accettazione del nuovo bassista Robert Trujillo.
Di contro, il frutto di quel periodo di sofferenza era stato "St. Anger", un album dal sound crudo che pur essendosi piazzato in cima alle classifiche spinto dal brand Metallica, finì per essere uno dei più controversi e criticati tra gli album della band.
Il nuovo lavoro dei Metallica, "Death Magnetic", si sarebbe dovuto poggiare su questi presupposti, non i più semplici dai quali partire per una nuova avventura alla ricerca di un rinnovato equilibrio interno.
Ritrovare la magia
Eppure, il percorso di terapia intrapreso con il Dr.Philip Towle, sembrava aver dato i suoi frutti e qualcosa si era sbloccato già all'arrivo di Trujillo. Come ricordato nel documentario da Lars Ulrich, per la prima volta la band aveva deciso di non osteggiare apertamente un nuovo membro e fece di tutto per cercare di far sentire il nuovo bassista come parte integrante della famiglia sin da subito.
Un cambio di mentalità di cui i Metallica avevano bisogno a partire sin da subito per sopravvivere ed emergere dalle macerie lasciate cadere dalla trinità composta da Load, Reload e St.Anger.
L'obiettivo era ritrovare la magia attraverso una nuova consapevolezza del proprio essere e attraverso nuova musica.
Dopo aver cominciato ad abbozzare nuovo materiale nel 2004, nel 2006 i Metallica deciso di mettersi seriamente a scrivere quello che sarebbe stato il loro nono album.
Le registrazioni di Death Magnetic
La band si ritrovò nello studio del loro quartier generale in California nel gennaio dello stesso anno per cominciare a gettare le basi di "Death Magnetic".
Con loro, per la prima volta, il produttore Rick Rubin che incoraggiò i Metallica a guardare faccia a faccia ciò che erano stati un tempo e ritrovare il tipo di scrittura immediata che aveva caratterizzato i loro primi lavori.
Registrato in tre diversi studi, incluso il celebre Sound City, "Death Magnetic" riprese anche l'approccio di scrittura dei primissimi album con la band che entrò in studio solo dopo aver scritto un buon numero di canzoni.
Anche questo fu un suggerimento di Rubin che chiese ai Metallica di cominciare a registrare solo dopo aver completato la fase di scrittura, in modo da separare la parte creativa e quella produttiva in maniera netta.

Rick Rubin e il riconnettersi con gli esordi
Il suggerimento di Rick Rubin fu di cercare un punto di contatto con gli esordi della band, con quella sincerità
"Sin dall'inizio ci ha detto che avremmo dovuto trovare il modo di richiamare tutto ciò che stavamo facendo, che stavamo ascoltando e pensando all'epoca e riconnetterci con il 1981. Musicalmente saremmo dovuti tornare a quell'epoca, senza paura".
L'approccio di Rick Rubin alla produzione è risaputamene volto quasi sempre al concetto di 'less is more', e cercare di entrare nello stesso mindset degli esordi avrebbe permesso alla band di restituire un suono essenziale, liberandoli dai pensieri eccessivi.
In questo senso fu particolarmente d'aiuto una coincidenza storica, ovvero l'anniversario per i 20 anni di "Master Of Puppets" coincidente con l'inizio della scrittura di "Death Magnetic".
"In quel periodo suonammo l'album per intero dal vivo in Europa e in Asia", racconta Lars Ulrich. "La cosa, in qualche modo, ci mise a nostro agio con l'abbracciare le cose che abbiamo fatto negli anni'80 proprio mentre scrivevamo le nuove canzoni".
Un'influenza, quella di Rubin, fondamentale ma mai invadente, che permise ai Metallica di ricercare da soli la propria direzione.
Il ritorno dei Metallica
Il risultato fu un album che richiamava il sound thrash degli esordi e incentrato sulla morte. Una riflessione, spiegherà Hetfield, nata quando Kirk Hammett portò in studio una foto di Layne Staley, il compianto leader degli Alice In Chains.
Un omaggio dei Metallica a tutti quei musicisti che, nel corso della storia del rock, hanno sprecato il loro talento, guidati da un sentimento autodistruttivo che li indirizzava verso la morte, come un magnete.
"Death Magnetic" uscì il 12 settembre del 2008 anticipato, quasi un mese prima, dal singolo 'The Day That Never Comes' e arrivò dritto al primo posto delle classifiche diventando il quinto album consecutivo dei Metallica a raggiungere la vetta della Billboard 200.
Anche la critica notò un'inversione di tendenza rispetto a "St.Anger", così come il pubblico che apprezzò il cambio di rotta. Tra il 2009 e il 2010, "Death Magnetic" si aggiudicò anche sei nomination ai Grammy Awards, vincendone sei.
Contro ogni aspettativa, i Metallica erano tornati.