04 aprile 2023

Evanescence e il 'boccone amaro' di Bring Me To Life

Amy Lee parla di 'Bring Me To Life' e di come la più grande hit degli Evanescence sia stato un boccone amaro da mandare giù per la band

La frontwoman degli Evanescence, Amy Lee, ha parlato del suo rapporto con Bring Me To Life e del perché per molti anni la band abbia fatto fatica a suonare dal vivo la canzone nel modo in cui è diventata famosa.

Sicuramente la hit di maggior successo della band americana, Bring Me To Life vede la partecipazione di PaulMcCoy dei 12 Stones per la parte rappata, un passaggio della canzone che Amy Lee ha sempre disprezzato

Il rap di McCoy è stato un ingrediente fondamentale per il successo del singolo di debutto degli Evanescence pubblicato 20 anni fa ma la cantante lo ha descritto come un boccone amaro da mandare giù.

I difficili primi anni degli Evanescence per Amy Lee

I primi anni di vita degli Evanescence, pur avendo dedicato la band un'immediata fama come una delle realtà più importanti del rock americano dei primi 2000, non sono stati una passeggiata per la frontwoman Amy Lee.

Donna in un mercato e in un modo talmente maschile e maschilista da rischiare di essere fatta fuori dai discografici, Amy Lee ha sempre lottato per far combaciare la sua visione con quella richiesta dall'etichetta.

Pur avendo smentito la preoccupazione di chi temeva la scarsa credibilità di una band rock guidata da una donna, la cantante americana ha dovuto cercare compromessi spesso e volentieri.

Uno di questi riguarda la più grande hit degli Evanescence, 'Bring Me To Life', e la nota sezione rap realizzata da Paul McCoy dei 12 Stones.



Amy Lee e il boccone amaro di Bring Me To Life

Intervistata da Metal Hammer, Amy Lee ha raccontato di come per molto tempo quella parte sia stata un problema, al punto da spingere la band ad escluderla spesso e volentieri dalla versione live: "Ho smesso di farla molti anni fa, non l'abbiamo mai fatta davvero. Quando siamo in tour e abbiamo qualcuno che può ricoprire quel ruolo, lo invitiamo a bordo. Quando eravamo in tour con i P.O.D. qualche volta l'abbiamo fatta cantare a Sonny (Sandoval, cantante dei P.O.D.). Ovviamente se siamo nella stessa città di Paul McCoy, che l'ha registrata in origine, lo coinvolgiamo perché è una cosa divertente e nostalgica".

La realtà è che, per quanto Bring Me To Life sia un pezzo popolare, quella sezione non riesce proprio ad essere davvero accettata da Amy Lee:"Non fa parte del mio stile, non è il mio sound. Anche se si tratta solo di una canzone, per me è sempre stato un boccone molto amaro da mandare giù. Per certi versi è stata comunque una nostra vittoria perché non abbiamo dovuto stravolgere completamente il nostro suono".

Ma come definirebbe il sound degli Evanescence Amy Lee? La risposta rimane sospesa nell'aria perché, spiega, è sempre una questione di definizioni che stanno strette: "Non so come chiamerei il nostro genere. Quando si parla di nu metal sono solo parole, non capisco il bisogno di mettere le cose in compartimenti stagni. Ogni band è diversa a modo suo. Personalmente voglio mantenere la capacità di avere la libertà artistica per fare qualcosa che non ho mai fatto prima".

Evanescence e il 'boccone amaro' di Bring Me To Life

La storia di Bring Me To Life

'Bring Me To Life' è senza ombra di dubbio la canzone più famosa degli Evanescence, quella che ha dato alla band di Amy Lee il successo planetario e che ancora oggi è considerata la canzone che non può mancare nella scaletta di ogni concerto.

Ma per chi è stata scritta Bring Me To Life? 

Il classico degli Evanescence è stato scritto da Amy Lee per il suo attuale marito, Josh Hartzler: "Ricordo il motivo per cui ho scritto 'Bring Me To Life', questo perché l'ho scritta sul mio attuale marito prima che ci sposassimo - spiega la cantante degli Evanescence - C'è stato un momento in cui stavo attraversando un periodo difficile a causa di una relazione complicata e il mio attuale marito, Josh, all'epoca era solo un amico, una persona che a stento conoscevo".

"Era la terza o forse quarta volta che ci vedevamo, continua Amy Lee, e siamo andati a prendere un posto al ristorante mentre i nostri amici parcheggiavano. Ci siamo seduti l'uno di fronte all'altro e ad un certo punto mi chiede se sono felice. Mi ha preso così alla sprovvista da avermi trafitto il cuore perché ero convinta di star fingendo benissimo. E' riuscito a guardarmi dentro e la cosa mi ha colpito ed è da lì che è venuto fuori il primo verso della canzone 'How can you see into my eyes like open doors'. Mi ha fatto davvero capire il senso di ambizione che dovevo avere per arrivare a stare meglio".

"In un certo senso è stato lui a mettermi sulla strada giusta -- conclude Amy Lee - ed è fantastico che ne sia uscita questa canzone, la prima canzone che ci ha fatto esplodere e ci ha fatto arrivare alle orecchie di tutti, perché parla di qualcosa di così personale che stavo iniziando a comprendere della mia vita".