28 aprile 2025

Halsey, Safe Word: tra post-punk, riot grrrl e indipendenza

Dalla nostra Top20, approfondiamo Safe Word di Halsey: tra sonorità post-punk, spirito riot grrrl e un messaggio di forza e indipendenza.

Con "Safe Word", direttamente dalla nostra Top20, Halsey sorprende con un mix di post-punk, energia riot grrrl e un messaggio di ribellione e indipendenza. Una svolta rock solo apparente, perché già nel 2021 con IF I CAN'T HAVE LOVE, I WANT POWER, prodotto da Trent Reznor e Atticus Ross dei Nine Inch Nails, aveva esplorato queste sonorità.

"Safe Word" di Halsey segue uno dei canovacci più efficaci del rock: quello della band che pesta duro, veloce e ruvido, con un tiro che impazza tra punk, garage e alternative, creando un contrasto elettrizzante con una voce femminile minuta, volutamente stridula ma tagliente, sempre aggressiva. Halsey abbraccia questa tradizione con un incedere vocale nervoso e stralunato che richiama l’estetica del post-punk e della new wave dei primi anni ’80: dai Devo ai Talking Heads, passando per i Public Image Ltd e The Cars. È quella maniera affascinante di intendere il rock come equilibrio instabile tra caos e rigore formale, dove la vocalità non cerca la perfezione, ma diventa veicolo di tensione e personalità in maniera quasi teatrale.

Halsey, Safe Word: tra post-punk, riot grrrl e indipendenza

Anima punk

"Safe Word" si inserisce anche nel solco della scena riot grrrl, quel movimento musicale e culturale nato negli anni ’90 che rivendicava uno spazio potente e libero per le donne nel punk rock, ereditando lo spirito pionieristico di figure come Janis Joplin, Debbie Harry e Joan Jett, e trovando la sua voce più abrasiva con band come L7, Hole o Juliette & The Licks. Una formula sonora che oggi vive nuove declinazioni, come dimostrano gli Amyl & The Sniffers o gli Skunk Anansie con il recente "An Artist Is An Artist". "Safe Word" esplode con una dinamica costante, senza respiro: batteria dritta e martellante come una drum machine fuori controllo, basso e chitarre che si incollano in riff essenziali, suonati con ottavi forsennati e distorsioni così spinte da sembrare sintetiche. L’anima punk di "Safe Word" non si esaurisce nell’abrasività delle chitarre o nell’arrangiamento indemoniato che spinge il brano a tutta velocità. Lo spirito ribelle e polemico del punk emerge prepotente anche nel testo, dove Halsey rivendica con grinta la propria indipendenza: «I don’t gotta listen to you / You’re not the boss of me». Un’affermazione chiara, diretta, che incarna l’essenza anti-establishment del punk, pur senza rinunciare alla patina pop e alla cura mainstream con cui il brano è confezionato alla perfezione, capace di essere a suo agio anche nelle playlist più generaliste.

 

Tra autodeterminazione e provocazione

Il titolo stesso, "Safe Word", aggiunge un ulteriore livello di significato. Nel contesto BDSM, la safe word è una parola concordata tra le parti per indicare il limite invalicabile, il momento in cui fermarsi e rispettare la volontà dell’altro. Halsey trasforma questo termine in una metafora potente di autodeterminazione e rispetto reciproco, estendendolo oltre la sfera intima. "Safe Word" diventa così un manifesto per chi rifiuta di sottomettersi a regole imposte, per chi pretende di essere ascoltato e rispettato, sia nelle relazioni personali che nel più ampio contesto sociale. Un invito a liberarsi dalla vergogna, dalle etichette e dai ruoli preconfezionati, riaffermando con fierezza il proprio spazio e la propria voce. A completare il quadro, il videoclip di "Safe Word" è la ciliegina sulla torta: un'opera visiva potente, volutamente scabrosa e conturbante, con richiami claustrofobici e morbosi alla David Lynch. Un perfetto esercizio di provocazione, tra eros e inquietudine, nel solco della tradizione più irriverente di punk e rock.

Il precedente rock

Se confrontato con il suo ultimo album del 2024, THE GREAT IMPERSONATOR, "Safe Word" potrebbe sembrare una rivoluzione punk nella carriera di Halsey. Quel disco, infatti, era un lavoro intimo e delicato, dalle forti tinte acustiche, che si muoveva tra indie rock, folk e pop con grazia e introspezione. Ma basta fare un passo indietro per scoprire che il flirt tra Halsey e il rock era già sbocciato nel suo quarto album in studio, IF I CAN'T HAVE LOVE, I WANT POWER (2021). Un’impronta rock figlia della produzione di due giganti dell’alternative industrial come Trent Reznor e Atticus Ross dei Nine Inch Nails. Quel disco segnava una rottura netta con il pop degli esordi, allontanando Halsey dai cliché mainstream à la Taylor Swift e abbracciando sonorità più ruvide: alternative rock, grunge, industrial e pop punk. Non mancavano richiami – tutt’altro che sgraditi – alla Avril Lavigne di UNDER MY SKIN (2004), soprattutto nei brani più incisivi come "You asked for this" e "Honey".