I Kiss rispondono alle polemiche sui protocolli anti COVID in tour

La band si difende dopo che Francis Stueber, tecnico delle chitarre dei Kiss per 20 anni, è morto lo scorso mese dopo aver contratto il virus

I Kiss hanno rispedito al mittente le accuse fatte da alcuni membri del loro staff circa la bontà dei protocolli sanitari dell'End Of The Road Tour dopo la morte di Francis Stueber, tecnico delle chitarre da oltre 20 anni.

Le accuse ai Kiss sui protocolli sanitari

Tempi difficili in casa Kiss. La storica rock band, attualmente impegnata nell'End Of The Road Tour, è al centro di una polemica interna sul rispetto del protocollo sanitario in maniera di COVID.

La band, che solo pochi giorni fa si è vista costretta a cancellare gli show resident al Zappos Theater di Planet Hollywood a Las Vegas a causa delle scarse vendite, si è trovata a doversi difendere dalle accuse rivolte da alcuni membri della loro crew in seguito alla scomparsa del tecnico Francis Stueber.

Stueber, poco più di 50 anni, era il tecnico delle chitarre dei Kiss da oltre 20 anni, ed è scomparso lo scorso 17 ottobre in seguito a delle complicazioni insorte dopo aver contratto il virus mentre era in tour.

Dopo la morte di Stueber, alcuni membri dello staff dei Kiss, hanno rilasciato interviste anonime all'edizione USA di Rolling Stone sottolineando gli scarsi controlli in fatto di coronavirus e un rispetto poco puntuale dei protocolli sanitari.

Un'accusa, quella dei roadie, che vorrebbe sottolineare come il tecnico si sarebbe forse potuto salvare con un maggior rispetto delle regole.

"Non riuscivo a credere quanto fosse poco sicuro il tutto, e che continuassimo a suonare" - ha detto un roadie, aggiungendo che non avrebbe più lavorato per i Kiss - "Siamo frustrati da settimane per la situazione e, intanto, Fran è morto".

Le accuse riguardano un'approccio abbastanza leggero sull'utilizzo delle mascherine, così come per quanto riguarda i tamponi: "Non ci facevano il tampone nelle giornate dello show" - ha detto un altro roadie -"E giravano un sacco di volti sconosciuti. Abbiamo diffuso il contagio da città a città? E' orribile che Fran sia morto, così come è orribile che questo è il protocollo sanitario utilizzato in tour. Diventerà la normalità mettere qualcuno in quarantena in un hotel e, se muore, pensare semplicemente di sostituirlo?".

La risposta della band

La risposta dei Kiss non si è fatta attendere e, sempre attraverso Rolling Stone, la band ha pubblicato una nota ufficiale per fare chiarezza sulle procedure adoperate durante il tour.

Nel messaggio, i Kiss esprimono il proprio cordoglio per la scomparsa di Stueber e partono al contrattacco indicando alcuni membri della crew come colpevoli di certificati falsi.

"Siamo distrutti dalla scomparsa di Francis, un amico e un collega da 20 anni, una persona impossibile da sostituire. Milioni di persone hanno perso qualcuno di speciale a causa di questo orrendo virus e incoraggiamo tutti a vaccinarsi" - si legge nella nota dei Kiss - "Il nostro tour rispetta protocolli di sicurezza per il COVID che, non solo rispettano le linee guida federali e locali ma, a volte, le superano addirittura. Purtroppo abbiamo ancora a che fare con una pandemia globale e non ci sono modi di andare in tour che siano sicuri al 100% e senza qualche componente di rischio".

Un comportamento discutibile, si legge, è da attribuirsi anche ad alcuni membri dello staff che forse sono gli stessi ad aver lanciato le accuse nei confronti della band: "Siamo venuti a conoscenza che ci alcuni membri della crew hanno cercato di nascondere i loro sintomi e, quando sono stati scoperti, hanno rifiutato le cure mediche. Inoltre, è stato recentemente portato alla nostra attenzione che alcuni membri della crew potrebbero aver fornito delle false prove di vaccinazione. Cosa che, se fosse vera, sarebbe illegale, moralmente discutibile e metterebbe tutti in pericolo".

Il manager della produzione della band, Robert Long, ha fatto notare che il suo team si è sempre reso disponibile nell'effettuare tamponi, dove richiesto: "Non ho mai detto a nessuno che non avremmo fatto i tamponi. Se volevi farlo, lo facevamo. Se sentivi dei sintomi o pensavi che qualcuno fosse malato, bastava alzare la mano. Avevamo termometri su ogni bus, abbiamo scritto la temperatura di tutti ogni giorno, abbiamo fornito maschere e igienizzante ovunque. Prendo la cosa seriamente".

Seriamente al punto da discutere spesso con membri della crew che non volevano fare il tampone per paura di risultare positivi: "Chi risultava positivo veniva messo in quarantena obbligatoria, pagata dalla band, e gli veniva vietato di viaggiare se potenzialmente infetto. Abbiamo sempre offerto, in ogni momento, cure mediche a tutti".


Tags