Il cappello di Modì

Prosegue il viaggio nella Montmartre dei primi del ‘900 che tra immaginazione e realtà mi porta ad incrociare un nuovo artista con cui condividere la notte e custodire i propri sogni.

Indosso il cappello e chiudo gli occhi per vivere ancora quel momento. I profumi aristocratici che si mischiano agli effluvi della città, che muta la sua pelle da un giorno all'altro. Il rumore dei tacchi che veloci si allontanano confondendosi con quello delle ruote dei calessi, che cigolano sui ciottoli umidi di brina. Seppur tenue e fioca, la luce dell’alba riesce a penetrare le palpebre che si schiudono appena: dal basso del marciapiede dove sono seduto, in quell’istante a metà tra notte e giorno, riesco a scorgere gli ultimi scampoli del “demi monde”. Le urla e la musica che provenivano dai locali sembrano infatti risuonare soltanto nella mia memoria e la quotidianità, coi suoi ritmi e rituali, sta per spazzar via tutto quel seducente tourbillon di luci, fumo, alcool e cosce di ballerine. Eppure sento che il mio tempo parigino non è ancora finito, ma per non farmelo scappare via del tutto ho bisogno di qualcosa che mi aiuti a “salvarlo”. D’improvviso un suono riecheggia dal fondo della strada, si fa gradualmente più nitido e, sicuro di non sbagliare, volto lo sguardo per aggrapparmici con forza. Si tratta di parole che si levano distinte su ogni altro rumore e che magicamente solo io posso distinguere. Nessun altro passante infatti sembra essere attratto da quella voce maschile italiana che biascica versi poetici. “Eccomi, libero, solo, deciso a bere fradicio l’ultimo sorso!”. Ora che l’uomo è vicino a me posso percepire il suo odore di alcol, ma anche ammirarne l’aspetto fiero: fisico asciutto, occhi scuri, capelli neri e ricci. Indossa un abito di velluto a coste marrone, ma a colpirmi di più sono il foulard rosso intorno al collo e, soprattutto, il suo cappello. È come se sotto quelle lunghe falde si nascondesse il segreto per continuare a sognare e quell’oscuro personaggio che parla con accento toscano sembra averlo capito ben prima di me. “Tu devi essere una specie di poeta, fammi leggere le tue opere…”, mi domanda con apparente sobrietà mentre con scaltrezza scambia i nostri cappelli. “No, non sono un poeta, o per meglio dire…”. Mi interrompe beffardo, “Niente opere, niente cappello”. Mentre lo seguo, incuriosito e ammaliato dal suo fascino, la notte sembra ancora avvolgerci nel suo incantesimo che nessuno di noi due vuole infrangere. Le vie di Montmartre sembrano infatti rianimarsi ai suoi versi che declama cantando. “Recitavi Baudelaire prima?”, gli domando. “Lo capirai al Delta”, mi risponde sorridendo. Senza che me ne renda conto, giungiamo fino ad un edificio degradato nel quale il tempo pare essersi fermato e al cui interno sorge una comune di artisti, che al nostro ingresso lo salutano calorosamente “Ehi Modì…Bentornato Modì, Alla buon’ora Modì…”. Ma nessuno tra quei pittori, scultori, letterati e attori sembra far caso a me. Un angolo del piano di sopra è adibito a studio di pittura: la luce proviene solo da una serie infinita di candele poste sopra le sculture e accanto ai dipinti, e rende l’ambiente una specie di tempio primitivo. I corpi delle donne, ritratti in varie pose, ci circondano ed emanano dal loro tipico collo allungato il profumo di pelle nuda che, grazie al calore, si propaga intorno a noi. Sparsi sui tavoli ancora macchiati dai colori, trovo biglietti con versi dei poeti maledetti che leggo a bassa voce per non rompere la magica atmosfera. “Tra poco ci sarà chiasso là fuori, ma io adesso ho bisogno di silenzio”, mi dice di spalle dopo essersi cambiato di abito, mentre dalla finestra scruta Parigi che si sta risvegliando. Il mio sogno prende forma attraverso le immagini e le emozioni di quella fatata notte insonne che a breve si tradurrà in parole. Riapro gli occhi, giusto un attimo dopo aver sentito il mio cappello calzato nuovamente in testa. Il sogno, ormai custodito, ora può cominciare, davanti al microfono.

La Sua mostra è al Mudec di Milano fino a domenica 4 novembre. Chiamarla “mostra” è riduttivo, infatti viene denominata “Art Experience”: si tratta di un’esperienza multisensoriale con cui potrete calarvi, attraverso musica ed immagini, nell’atmosfera della Parigi dei primi del ‘900. Per emozionarvi e, soprattutto, per “salvare i vostri sogni”. “Il nostro unico dovere” secondo Amedeo Modigliani, in arte Modì.

Modigliani Art Experience (Official Trailer)

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