20 gennaio 2021

Jimmy Page, e la registrazione di Goldfinger

Il chitarrista dei Led Zeppelin ha raccontato della volta in cui partecipò come session man alla registrazione di Goldfinger per la colonna sonora di James Bond e dello svenimento di Shirley Bassey

Jimmy Page è senza dubbio uno dei più grandi chitarristi di sempre ma, prima di lasciare il segno nella storia del rock con i Led Zeppelin, ha trascorso gli anni '60 suonando  come session man nei dischi più disparati: da quelli degli Who a una colonna sonora iconica come quella di 'Goldfinger' di Shirley Bassey per l'omonimo film della serie James Bond.

Lo svenimento di Shirley Bassey durante la registrazione di Goldfinger

Intervistato dalla rivista GQ, Jimmy Page ha voluto ripercorrere i suoi passi prima dei Led Zeppelin soffermandosi sul giorno in cui, era l'agosto del 1964, si recò negli studi di Abbey Road per unire il suono della sua chitarra all'orchestra di John Barry e accompagnare Shirley Bassey nella registrazione di 'Goldfinger'.

Probabilmente la più famosa tra le canzoni registrate come colonna sonora per la serie di film di 007 , Goldfinger di Shirley Bassey faceva da sfondo alle vicende di James Bond durante la missione Goldfinger e riuscì a raggiungere il primo posto nella classifica Billboard 200 restandoci per tre settimane.

Il chitarrista dei Led Zeppelin ha così raccontato la sua esperienza in quell'occasione con Shirley Bassey, indimenticabile non solo per la musica: "Tutta l'orchestra aveva un suono fantastico e poi arrivò Shirley Bassey. Si presentò con un'amica, era tranquilla e poi la chiamarono per cantare. La fece buona la prima e, alla fine della registrazione, crollò per terra. Tenne la nota fino alla fine, le mancò il fiato e collassò".

Page, tra l'altro, fu spettatore privilegiato della scena perché era a poco distanza dalla cantante, un'immagine difficile da dimenticare: "Lei solitamente era molto teatrale, il modo in cui agitava le mani, ma quella volta fu davvero oltre e io avevo davvero una vista ottima sull'accaduto perché ero nella prima fila di musicisti".



La sessione con gli Who

Famosa è la partecipazione di Jimmy Page anche al primo singolo ufficiale degli Who, 'I Can't Explain', anche se più volte si è dibattuto sull'effettiva presenza di Page in studio o comunque sul suo contributo alla traccia, tutto sempre in base all'ego e l'approccio totalitarista di Pete Townshend.

A proposito dell'episodio, Page ha puntualizzato in maniera democratica, per l'ennesima volta, sia la sua presenza in studio che la bravura di Townshend: "Sì, Dio santo, è Pete a suonare la chitarra solista in 'I Can't Explain'. Anche quella volta è stata facile, ci sono voluti solo un paio di take, e potete immaginare quanta energia ci fosse in quella piccola stanza con gli Who che suonavano. Sinceramente non c'era davvero bisogno di me ma è ok parlarne, visto che ora a Pete sta bene e sa benissimo di aver suonato in modo fantastico".



La vita dei session man

Nel corso della sua carriera prima dei Led Zeppelin, Jimmy Page ha suonato in moltissime canzoni, anche con artisti famosi o che sarebbero diventati tali. Durante gli anni '60, infatti, Page ha prestato la sua chitarra anche ai Rolling Stones per 'Heart Of Stone', a Joe Cocker per la cover dei Beatles 'With a Little Help From My Friend', a Nico, ai Them di Van Morrison per 'Baby, Please Don't Go', ai Kinks e ai The Manish Boys che vantavano tra le loro fila un giovanissimo David Bowie.

L'effetto sorpresa, infatti, non mancava mai e spesso si scopriva l'artista da accompagnare solo entrando in studio: "Mi davano una data per registrare, mi presentavo e scoprivo cosa fare letteralmente solo quando entravo in sala. A volte riconoscevo i musicisti ma, la gran parte delle volte, non avevo idea di chi fossero. In ogni caso non doveva essere di tuo interesse. Eri pagato solo per fare il tuo lavoro, e basta".

La vita da session man di Jimmy Page, però, non dava la certezza di entrare da protagonisti in una hit, anzi, era dura e spesso incerta: "Se eri un giovane session man e facevi un errore era un problema perché significava un'altra take, almeno altri 15 minuti in più nello studio per tutti - spiega Page - quindi probabilmente non ti avrebbero più richiamato. All'epoca però non pensavo alla pressione, trovavo il tutto divertente e mi faceva piacere dare il mio contributo, altri non erano in grado di gestirla. Ho sempre affrontato il tutto come un gioco".


Jimmy Page, e la registrazione di Goldfinger