JUDAS PRIEST, BRITISH STEEL: l’inizio del metal moderno

Con BRITISH STEEL i Judas Priest archiviano l’hard rock anni ’70 e accendono la miccia del thrash: il suono dell’heavy metal moderno nasce da qui

Pubblicato il 14 aprile 1980, BRITISH STEEL dei Judas Priest è unanimemente considerato un capolavoro del genere, tanto per l’impatto immediato quanto per l’influenza duratura che ha esercitato. L’album debutta al numero 4 delle classifiche britanniche e, sebbene serviranno alcuni anni, conquisterà anche il disco di platino negli Stati Uniti con oltre un milione di copie vendute. Ma il suo vero valore non sta tanto nei numeri, quanto nella forza con cui rappresenta uno snodo fondamentale per la storia dell’heavy metal.

Il suono di BRITISH STEEL segna una svolta epocale per l’heavy metal. Grazie al lavoro del produttore Tom Allom, i Judas Priest abbandonano ogni residuo di patina psichedelica o blues e abbracciano una produzione asciutta, compatta, scolpita. Le chitarre di Glenn Tipton e K.K. Downing sono organizzate in riff potenti ma soprattutto precisissimi, creando una coesione sonora nuova, incollate alla batteria di Dave Holland essenziale e martellante. Uno scenario sonoro di heavy metal asciutto, definito, cattivissimo che offre uno spazio enorme alla voce quasi teatrale di Rob Halford che - lasciata nitida e frontale nel mix - diventa il centro nevralgico del suono. È un disco che rinuncia agli ambienti, ai riverberi, ai colori “vintage” degli anni ’70 per adottare una nitidezza sonora quasi chirurgica, che anticipa la logica produttiva che caratterizzerà il metal negli anni a venire. Da lì in avanti, il metal non sarà più solo una questione di potenza e cattiveria: sarà anche precisione, cura timbrica, compattezza sonora. BRITISH STEEL alza l’asticella, dimostrando che nel metal, l’aggressività può (e deve) convivere con una produzione impeccabile.

JUDAS PRIEST, BRITISH STEEL: l’inizio del metal moderno

Nuova visione del Metal

Con BRITISH STEEL i Judas Priest archiviano definitivamente gli ultimi retaggi dell’hard rock anni ’70, la patina psichedelica, l’ispirazione progressive e soprattutto quelle radici blues che avevano garantito alla musica un legame emotivo, caldo e viscerale con la tradizione. In questo album il blues viene soppiantato da una nuova grammatica: l’attitudine diventa più netta, tagliente, organizzata. La velocità, l’aggressività ritmica, i riff serrati e l’approccio più tecnico alla scrittura fanno di BRITISH STEEL la scintilla che accende la miccia del thrash metal. Un approccio che ispirerà nel giro di pochissimo tempo band come Metallica, Slayer, Anthrax, Exodus, Megadeth… e che aprirà la strada a una nuova visione del metal, più moderna, più estrema, più consapevole anche nella produzione e nella ricerca timbrica. Non è un caso che Scott Ian degli Anthrax lo abbia definito “l’album che determina che cosa sia l’heavy metal”. Una dichiarazione forte, certo, ma che coglie nel segno: questo disco fissa nuovi parametri, distaccandosi quasi completamente dagli ultimi frammenti di blues, e pur restando connesso alla decade precedente, introduce un suono all’avanguardia. Max Cavalera, voce storica di Sepultura e Soulfly, rincara la dose: “In questo disco puoi trovare tutte le fondamenta del thrash metal, sono tutte lì, in canzoni come "Rapid Fire" e "Grinder". Sono certo che si potrebbe domandare ai Metallica: "Se non fosse stato per BRITISH STEEL sareste comunque dove siete?".

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