Keith Richards: la bellezza nelle imperfezioni del rock
Keith Richards: imperfetto, irriverente, unico. La chitarra rock secondo il fondatore degli Stones, un’arte che celebra il groove e la bellezza delle deviazioni
Che dire, ancora, di Keith Richards? Quando parli di qualcuno che ha letteralmente inventato il rock (perché se sei il chitarrista e fondatore dei Rolling Stones è sostanzialmente ciò che hai fatto) e che è riuscito a sopravvivere a se stesso nonostante si sia cacciato in tutti i guai possibili che l’adesione a questo immaginario e lifestyle comporta, tutto sembra superfluo. E allora meglio concentrarci su quelle note di stile che rendono questo chitarrista una sorta di opera d’arte mobile, inscalfibile dal tempo, dalle mode e dagli eccessi.
Nato a Dartford, Inghilterra, il 18 dicembre 1943, Keith Richards cresce con il blues nelle orecchie e la chitarra tra le mani. Nel 1962, insieme a Mick Jagger, fonda i Rolling Stones, una band destinata a diventare, assieme ai Beatles, la più longeva e influente rock. Keith è l’artefice di riff immortali come “Satisfaction” e “Jumpin’ Jack Flash”, mentre parallelamente coltiva una carriera solista con album come TALK IS CHEAP (1988). Dopo una vita di sregolatezze di ogni sorta, la collaborazioni con musicisti di ogni estrazione e il suo ruolo imprescindibile nei Rolling Stones, a Richards va riconosciuto -soprattutto - il merito di essere sopravvissuto a uno dei pericoli ambulanti più micidiali della storia del rock: se stesso!
E' tutta questione di stile
Keith Richards è uno dei più grandi chitarristi rock di sempre perché ha un carattere e una personalità insuperabili. Ci piace perché coccola quell’immaginario nel quale per “spaccare” - quale che sia lo strumento che suoni, il lavoro che fai o il sentiero che scegli - non conta quanto hai studiato, quanto sei ligio e a modo, quanto segui il protocollo. Contano di più l’esperienza, il guizzo, lo stile, l’originalità, i chilometri che hai fatto, i casini dai quali sei riuscito a uscire in piedi e con una bella scorza dura in più. E, più di ogni altra cosa, conta essere te stesso. Keith Richards suona la chitarra così: talmente scazzato e sicuro di sé da togliere una corda e cambiarle l’accordatura per semplificarsi la vita. Esempio unico di attitudine rock, dove quello che conta è fare musica, far muovere il culo alla gente, far emozionare. Perché questo, per lui, è fare rock: non dimostrare quanto sei abile a domare una chitarra come, da Jimi Hendrix in poi, hanno fatto tutti.
Imperfetto e bellissimo
C'è anche il suo senso del tempo, che è un rotolare sempre sull’orlo del precipizio della griglia del metronomo. Un’apparente imprecisione ritmica che, accompagnata dalla tracotanza con cui Keith si appoggia sul portamento della batteria, si traduce in un groove irresistibile. Una maniera sexy di stare seduto sul tempo, più trascinante e ballabile del rigido assecondare i BPM. Così, il chitarrismo di Keith Richards diventa una tessitura suggestiva, unica e bellissima proprio perché imperfetta, come quei tappeti persiani con difetti intenzionali che i maestri artigiani inseriscono volutamente, perché solo Dio può essere perfetto. Un’arte che celebra la bellezza nelle piccole deviazioni. Keith Richards è lo strabismo di Venere su una vecchia Fender Telecaster ammaccata e con cinque corde.