11 maggio 2020

Kiss, Gene Simmons spiega perché i supporter sono importanti

Il bassista Gene Simmons, ha raccontato di tutte le grandi ban che i Kiss hanno scelto come supporter e i suoi pensieri sul ritorno live dopo il Coronavirus

Il bassista dei Kiss Gene Simmons è stato intervistato video dall'Ambasciatore degli Stati Uniti in Nuova Zelanda e Samoa Scott Brown. Nel corso dell'intervista Gene 'il Demone' ha parlato dei piani futuri sul recupero del Coronavirus, che doveva toccare anche la Nuova Zelanda, dei progetti che hanno vista impegnata la band durante il lockdown e ha condiviso l'approccio dei Kiss alla scelta degli artisti da portare con loro in tour. 


L'importanza della band di supporto 


"Se torni indietro nel tempo e guardi a quali band abbiamo portato con noi per il loro primo tour - ha detto Simmons - vedresti i Kiss e i piccoli AC/DC. I Kiss e i piccoli Rush, Bon Jovi, Motley Crue, Judas Priest, Iron Maiden, Scorpions. Fai un nome e il suo primo tour sarà stato con noi".

Questo perché, specifica, loro oltre ad essere musicisti sono dei grandi appassionati di musica e fan a loro volta: "Quando ascolti qualcosa di buono pensi che sia figo, e se ne hai il potere, qualcuno ci ha dato la possibilità di salire lì sopra, devi passare il testimone, ha il dovere di portare avanti la cosa e dare a qualcuno la chance che un tempo è stata data a noi".

"Non eravamo certo di quegli stronzi che abbassavano il volume alla band prima di noi, ha concluso Simmons, trovo che non abbia senso. Vuoi usare tutti i riflettori e il rumore? Vai, fallo, dai il meglio di te stesso perché quello renderà tutta la serata ancora migliore e i fan lo apprezzeranno. Del resto, chi vuole una support band di merda ad aprire lo show?"


Il ritorno ai concerti

Simmons ha poi parlato dell'attuale situazione dei concerti dal vivo, fermi a causa del Coronavirus. Quando la pandemia ha colpito il mondo i Kiss erano impegnati nel lunghissimo End Of The Road Tour che li avrebbe portati a salutare il loro pubblico per un'ultima volta:

"Per prima cosa voglio dire che questa cosa non riguarda me o la band o queste cose. La cosa principale è tenere la gente al sicuro, perché vi vogliamo bene. Senza i fan noi siamo nessuno, siamo nullità. Non riguarda tanto darsi troppa importanza quanto il fatto che torneremo in tour solo quando sarà sicuro farlo. Una volta che ci sarà un vaccino e che gli scienziati - non i politici - ci daranno il via libera e diranno 'okay, potete aprire le porte, celebrare la vita. Uscite e divertitevi'. Allora torneremo sul palco".

L'Ambasciatore ha poi chiesto a Simmons se sente che ci sia un numero giusto di persone davanti al quale esibirsi e il bassista dei Kiss ha risposto facendo notare come non si possa fare un ragionamento universale: "Ci sono regole diverse per ogni territorio. Ci sono più persone nella contea di Los Angeles che in tutta l'Australia, che in Nuova Zelanda. Specialmente ad L.A. e New York, soprattutto a New York, le persone sono ammassate una sull'altra. Ci sono così tante persone che è difficile, se vivi in un condominio, riuscire ad andare da qualsiasi parte mantenendo la distanza sociale, è quasi impossibile. Quindi dovremo capire come fare, spetta a scienziati e politici, e si spera che riescano a venirne a capo. Bisognerà avere delle regole diverse per New York, per Londra, Parigi, Tokyo e così via. Ci sono più persone a Tokyo che in ognuna di queste città, per non parlare di India e Cina. In Nuova Zelanda avete più spazio, aria fresca e la possibilità di mantenere la distanza, quindi spero che si capisca che ogni Paese ha specifiche necessità e c'è bisogno di leggi diverse in base alla densità di popolazione.

I dati di Paul Stanley

Anche il frontman dei Kiss, lo Starchild Paul Stanley, sta seguendo con attenzione ed estrema prudenza il diffondersi del coronavirus negli Stati Uniti sin dal primo momento. Poche ore fa l'artista americano ha, per l'ennesima volta, sottolineato la pericolosità del virus paragonando i dati relativi al coronavirus a quelli della spagnola del 2009.

"Tanto per dire... l'H1N1 ha ucciso 12,469 americani tra l'aprile del 2009 e l'aprile 2010, dodici mesi pieni. il COVID-19 ha colpito gli americani più di sei volte tanto - 79,696 vittime - in un quarto del tempo, da febbraio a marzo del 2020. Purtroppo la strada è ancora lunga"


Kiss, Gene Simmons spiega perché i supporter sono importanti