Kurt Cobain, monito moderno nell'epoca della performance
Il 5 aprile del 1994 Kurt Cobain moriva tragicamente, caduto sotto i colpi di una sensibilità che sembra essere più attuale che mai
Il 5 aprile 1994 Kurt Cobain moriva tragicamente nella sua villa di Washington Blvd a Seattle.
Pochi personaggi nella storia della musica sono riusciti a diventare icone intergenerazionali di una potenza pari a quella di Kurt Cobain.
Il rock è un genere che si struttura in maniera sostanziale sull'agiografia di figure diventate, spesso loro malgrado, simbolo di qualcosa di altro, un megafono per le emozioni del pubblico. E' nel concetto stesso della musica il fatto di amplificare un suono e l'armonia che è nella testa di chi crea e di chi, attraverso gli artisti, riesce a trasmettere ciò che a volte non è in grado di esprimere in altro modo.
Spesso le cose più belle, però, sono anche le più fragili e chi se ne fa carico rischia di soccombere su se stesso, a se stesso.
Le speculazioni sulla morte di Kurt Cobain durano ancora oggi e poco importa che per la storia si sia trattato di suicidio mentre per il mito c'è ancora altro da scavare, senza sosta.
La verità è che, moderno martire, la voce dei Nirvana è stato uno dei detonatori più potenti per la Generazione X, anticipando un sentire che sembra più attuale che mai.
Un altro modo, un altro mondo
Gli anni '80 sono stati spesso accusati di essere un decennio di plastica, visione limitante ma che, come spesso accade, racchiude una verità frutto di un eccessivo consumo vistoso che oggi trova terreno fertile in ogni anfratto della quotidianità. Sarà un caso che, anche in termini di sound, il salto di indietro di quarant'anni sembra azzerarsi ogni giorno di più nell'attuale mercato discografico?
Cobain in quella parte della luna non si trovava per niente a proprio agio e, con lui, i figli di una generazione lontana dai lustrini del machismo rock californiano radicati in un'estetica ed un'etica germogliata dal punk e dall'onestà DIY.
Un destino che accomunava i Nirvana a tutte le band della sempre più fervente scena alternative americana che, nel fare musica per esigenza viscerale, mettevano in atto lo statement politico più potente possibile, offrendo carne, sangue e sudore per mostrare che un altro modo era possibile.
L'attualità di Cobain
Certo, con la sua musica Cobain ha cambiato la storia della musica, ha influenzato milioni di appassionati, ha trovato un nuovo modo per unire l'aggressività sonora al cuore e alla melodia e, cosa più importante, ha aperto un varco che ha permesso a chiunque di sbirciare quel mondo.
Ma nell'opera dei Nirvana, paradossalmente, la musica è l'elemento meno importante, solo un medium da attraversare come un varco spazio temporale per connettere anime affini che a quella di Cobain si sono aggrappate disperatamente, scarnificandola e facendola a brandelli. Perché anche lo spirito ha una capacità di carico e quello di Cobain aveva da tempo superato quella indicata nel manuale della rockstar.
I dolori fisici, le ansie, la dipendenza, l'impressione di aver tradito un tempo antico, la pressione di portare sulle spalle non solo se stesso ma, cambio di programma, i sogni e le emozioni di un'intera generazione era qualcosa di difficile gestione per Cobain.
Trent'anni dopo ci troviamo tra le mani una società che vive di performance, di numeri come unico metro di valutazione, una continua corsa per tagliare un traguardo immaginario che, nella migliore delle ipotesi, non farà altro che lasciarsi alle spalle i detriti di una qualità fatta a pezzi e di una sincerità considerata a dir poco sconveniente.
Come l'ultimo dei romantici Kurt esplodeva di sentimenti puri che, con il passare del tempo, erano stati corrotti, caduti come birilli sotto il ritmo incessante della popolarità, di una performance eccessiva e mai davvero richiesta o accettata.
Un monito, quello di Cobain, che sembra avere ancora molto da insegnare anche a chi quel 5 aprile del 1994 non era nemmeno nato e che, ancora oggi, lo pone come uno degli eroi più attuali del rock, immolato sull'altare dell'empatia.