19 giugno 2025

La strana postura di Head: come i Korn hanno cambiato per sempre il suono del rock

Head e i Korn hanno cambiato il suono del rock. Distorsioni estreme, ritmiche feroci, 7 corde e una postura iconica di cui vi raccontiamo la storia.

Nato il 19 giugno 1970, Brian “Head” Welch è uno dei chitarristi che hanno cambiato il suono del rock. Con i Korn ha contribuito a creare il nu metal: un mix esplosivo di riff pesantissimi, distorsioni spinte al limite e un nuovo modo di intendere la chitarra, usata come feroce strumento percussivo.

Dopo aver lasciato la band nel 2005 per affrontare dipendenze e depressione, Head ha trovato nuova forza nella fede cristiana. Nel 2013 è rientrato nei Korn, con nuova energia… e sempre con quella sua strana, leggendaria postura.


La strana postura di Head: come i Korn hanno cambiato per sempre il suono del rock

Mai così in basso

A prima vista sembrava un vezzo da rockstar. Un atteggiamento da poser. Quel modo di suonare tutto inclinato in avanti, con la chitarra tenuta bassissima, il manico puntato verso il cielo e il corpo ciondolante come ipnotizzato dal groove. Ma la verità è che quella postura così strana e iconica di Brian “Head” Welch, chitarrista dei Korn, non nasce da un’esigenza scenica. Nasce da una difficoltà tecnica. Da un errore di valutazione. Da una faticaccia vera. Per capirlo bisogna fare un passo indietro, agli inizi dei Korn. Quando Head e il compagno James “Munky” Shaffer decidono di impugnare uno strumento all’epoca praticamente dimenticato: la chitarra elettrica a sette corde, creata alla fine degli anni '80 da Steve Vai, uno dei mostri sacri del virtuosismo shred. Una chitarra pensata per il metal ipertecnico, nata nel momento peggiore possibile. Il suo esordio coincide con il boom del grunge, che rigettava gli eccessi tecnici e privilegiava l’impatto emotivo, la ruvidità, l’imperfezione. Risultato: flop commerciale e ritiro in soffitta. Fino a che non ci mettono le mani i Korn. E la usano in un modo completamente diverso. Non più per suonare scale impossibili e assoli ultraveloci, ma per costruire ritmiche ossessive, cavernose, per accompagnare un sound che non ha più nulla di chitarristico tradizionale. Head e Munky trasformano la chitarra in un’arma percussiva: niente fronzoli, niente virtuosismi, solo riff quadrati e distorsioni magmatiche, contrapposte e intarsi di chitarra pulita ultra effettuata,  modulata da risultare psichedelica. Groove e atmosfera prima che armonia e melodia. Mai fino ad allora la chitarra si era spinta così in basso, sia in termini di registro (grazie alla settima corda più grave) che di spirito.


 

Ciondolare in stile Korn

Ma tutto questo ha un prezzo, e Head lo scopre nel modo più brutale. Dopo una settimana passata a casa a esercitarsi sulla sua nuova Ibanez Universe (questo il nome della sette corde signature di Steve Vai)  da seduto, convinto di averla già domata, si presenta alle prove con la band. Si mette la tracolla, si alza in piedi… ed è un disastro. E qui entra in gioco la fisica dello strumento. La settima corda implica un ampliamento della chitarra sia nel manico che nel corpo. E nel caso dell’Ibanez Universe, costruita sull’impianto massiccio della serie RG, significa avere addosso un’arma enorme. Non solo: la corda aggiunta è quella più grave, un Si sotto al Mi basso, cioè proprio il punto di riferimento visivo e tattile per ogni chitarrista rock. Il risultato? Un completo disorientamento. Visualizzare riff, accordi e scale diventa complicato. La mano sinistra è costretta a uno stretching anomalo, o a una vera e propria rimpostazione mentale e tecnica dell’impugnatura. Si potrebbe tenerla alta, certo... ma sembrerebbe di avere una tavola da surf al collo, sacrificando completamente il look e l’attitudine da rocker. Ed è allora che nasce l’idea: tenere la chitarra bassissima, lasciarla ciondolante, ma con il manico ben sollevato verso l’alto. Una posizione che permette una maggiore agilità sul manico e, al tempo stesso, crea un’immagine potentissima. «Non riuscivo a suonare niente», raccontava in un’intervista del 1998. «In piedi era tutto diverso. Dovevo allungarmi molto di più, il manico sembrava gigantesco. Quella settimana di pratica era stata completamente inutile». Per riuscire a suonare i suoi riff con quella chitarra lunga e ingombrante, Head fu costretto ad assumere una posizione innaturale: piegato in avanti, con il busto inclinato e la mano sinistra che si tendeva disperata verso la tastiera. Quella postura – nata come compromesso per sopravvivere – divenne col tempo la sua firma visiva. E, paradossalmente, una delle immagini più potenti e riconoscibili di tutto il nu metal. «Dopo un mese di pratica avevo imparato a suonare senza piegarmi così», spiegava. «Ma quel modo di stare sul palco era ormai diventato un’abitudine. E alla fine… ha funzionato». Ecco come un’esigenza tecnica, un errore di valutazione e una chitarra dimenticata hanno contribuito a creare non solo un sound, ma anche un’estetica: quella di Head, ciondolante nel suo groove alieno, in perfetto stile Korn.