Le copertine brutte dei dischi rock: tra kitsch, fretta e scelte discutibili
Un’analisi semi-seria sulle copertine più brutte del rock: tra virtuosismi senza idee, fretta, mode grafiche del momento e scelte intenzionalmente minimaliste
Certe copertine di album rock sono popolari quanto la musica che racchiudono, ma non sempre è così. Dai Police ai Metallica, passando per Yngwie Malmsteen e Judas Priest, una carrellata di copertine non esattamente indimenticabili: frettolose, kitsch o talvolta volutamente minimaliste. Cosa si nasconde dietro queste scelte discutibili?
La storia della musica ci insegna che alcune copertine di grandi album rock sono vere opere d’arte, capaci di colpire al momento della pubblicazione e diventare classici senza tempo, al pari della musica che racchiudono. Tuttavia, non è raro imbattersi in copertine che sembrano stridere con il contenuto musicale, risultando sciatte, datate o semplicemente brutte. Alcune sembrano il frutto di mancanza di tempo o risorse; altre sono il risultato di un’eccessiva concentrazione sull’aspetto tecnico della musica, come virtuosismo strumentale o produzione, che finisce per "mangiarsi" l’intera visione artistica di un album. In altri casi, la fiducia cieca nella tecnologia o nelle mode del momento genera immagini di tendenza, super tecniche e moderne, che però diventano obsolete in breve tempo. Eppure, a volte, una copertina volutamente povera può rappresentare un messaggio forte: la musica contenuta è così importante da non richiedere un involucro elaborato. Riflettiamo su questi fenomeni attraverso quattro esempi di copertine - secondo chi scrive - poco riuscite nel rock.
Troppa Fretta
Album di riferimento: ZENYATTA MONDATTA (1980) - The Police
Spesso, le band sacrificano l’aspetto visivo di un album per mancanza di tempo. È il caso di ZENYATTA MONDATTA dei Police. Dopo il successo di REGATTA DE BLANC (1979), i Police vengono strappati da un tour sfiancante per essere spediti in studio dall’etichetta discografica, che pretende un nuovo album per consacrare la band. Il risultato è una copertina visivamente banale: forme geometriche, combinazioni di colori poco ispirate, font e design assemblati con una certa goffaggine. Una dissonanza netta rispetto alla qualità musicale dell’album, uno dei più complessi e variegati dei Police.
Nessuna storia da raccontare
Album di riferimento: TRILOGY (1986) - Yngwie Malmsteen
Quando un artista è troppo concentrato sull’abilità tecnica, la musica ne risente: le canzoni sembrano create per dimostrare bravura piuttosto che per raccontare storie. Questo approccio si riflette anche nelle copertine di molti album di chitarristi virtuosi anni ’80, che spesso mostrano semplicemente il chitarrista con il suo strumento, in pose da guitar hero. TRILOGY di Yngwie Malmsteen aggiunge a questa banalità un tocco di kitsch irresistibile: un drago volante a tre teste che sputa fuoco sulla Fender Stratocaster dell’artista. Un esempio lampante di come straordinarie capacità tecniche possano convivere con un’estetica discutibile.
Forzatamente alla moda
Album di riferimento: TURBO (1986) - Judas Priest
Quando manca un’idea forte per la copertina, molte band si affidano alla tecnologia o alle tendenze grafiche del momento per sembrare "moderne". TURBO dei Judas Priest è un esempio perfetto: una copertina futuristica per l’epoca, ma oggi datata e quasi ridicola. Grafiche computerizzate e font avveniristici mascherano male l’assenza di un vero concetto artistico. Questo problema si riflette anche nella musica del disco: i Judas Priest, cercando di assecondare le tendenze pop degli anni ’80, esagerano con synth e songwriting troppo frivolo e commerciale.
Quando la musica parla da sola
Album di riferimento: BLACK ALBUM (1991) - Metallica
Alcune copertine semplici rappresentano scelte artistiche forti. Il BLACK ALBUM dei Metallica, con la sua copertina completamente nera, è un esempio iconico. Questa essenzialità estrema non è un segno di trascuratezza, ma una dichiarazione di forza: la musica è talmente potente da non necessitare di una cornice visiva elaborata. Un esempio opposto ma simile per impatto è PABLO HONEY (1993) dei Radiohead. Tutto e terrificante in questa copertina: i colori, i font scelti e abbinati a caso, un bambino decorato come un Teletubbies. Ma con canzoni come "Creep" e "Anyone Can Play Guitar", i Radiohead dimostrano che la musica, se rivoluzionaria, può permettersi qualsiasi veste visiva. Tanto che PABLO HONEY, ad oggi. È considerato tra gli album decisivi per la musica rock alternative.
Grazie ad AmbraMarie: suo lo spunto per questo pezzo, nato nelle nostre chiacchierate durante Electric Ladyland.