21 ottobre 2024, ore 16:21, agg. alle 10:47
Led Zeppelin II è un capolavoro di creatività rock che combina energia live, l'evoluzione di Page, la pressione del successo e il tocco magico di Eddie Kramer
Sarebbe bello riuscire a sintetizzare un capolavoro come LED ZEPPELIN II (1969) con la semplicità di una ricetta, elencando gli ingredienti magici che lo rendono un'opera d'arte. Ma la verità è che è impossibile. La magia di un disco come questo risiede proprio in quell'elemento indefinibile, fatto di genio, casualità, estro e imprevisti che vanno ben oltre la somma delle parti. Tuttavia, ci sono alcuni fatti concreti, contingenze e scelte artistiche e musicali che costituiscono l’ossatura di questo album leggendario.

Celebriamo il 55º anniversario dell'uscita di LED ZEPPELIN II, pubblicato il 2 ottobre 1969, con una retrospettiva che ripercorre quelle che, secondo noi, sono le quattro circostanze perfette che hanno reso immortale questo album. La prima è la frenesia e la vivacità di un disco registrato nel pieno dell'attività live, catturando l'energia grezza dei concerti. La seconda è l'evoluzione artistica e sonora di Jimmy Page; Page sboccia sia come chitarrista sia nel ruolo di produttore, dando vita a un album interamente trainato da una chitarra che ha un suono e un’attitudine nuovi, rivoluzionari. Il terzo fattore è la pressione dell’etichetta discografica Atlantic, che spinse la band a produrre velocemente nuovo materiale, trasformando l'urgenza in un'energia creativa inarrestabile. Infine, il quarto elemento è l'apporto straordinario di Eddie Kramer, tecnico del suono superlativo e già noto per il suo lavoro con Jimi Hendrix, che con questo disco consolidò la sua reputazione di leggenda del rock.
L’energia live catturata in studio
La creazione di LED ZEPPELIN II fu profondamente influenzata dalle esperienze totalmente immersive, che vedevano la band rapita in tour intensi e sfiancanti, specialmente quello negli Stati Uniti nel 1969. Questa incessante serie di concerti permise ai Led Zeppelin sia di affinare il proprio suono, sia di scrivere e sviluppare materiale diverso. Nuovi suoni, idee e soluzioni nascevano dalle improvvisazioni sul palco: quelle durante i concerti ma anche le jam che si accendevano durante i soundcheck e persino le sessioni improvvisate in hotel durante tormentate notti di rock tra trasgressione, noia e psichedelia. La band era consapevole di trovarsi in un momento di grazia artistica e creativa e avvertiva l’urgenza di catturare l’energia esplosiva dei loro concerti e di queste jam. Questa percezione, la voglia di non perdere nulla di quella fase estrosa, spinge la band a un processo di registrazione che però, era necessariamente frammentario, tra una tappa e l’altra dei tour, in vari studi sparsi tra Regno Unito e Stati Uniti. Un fattore che produrrà un sound variopinto, irripetibile. E questa energia del live viene fermata in studio non solo attraverso l’intensità delle esecuzioni, ma anche grazie a l’interplay tra i membri della band, che rimane intatto durante le registrazioni. Sebbene l’apporto alla produzione di Jimmy Page resterà determinante e protagonista, ogni componente dei Led Zeppelin contribuisce in maniera decisiva, creando un dinamismo musicale che permette ai singoli talenti di svettare. È persino superfluo soffermarsi sul valore e l’apporto assoluto della voce di Robert Plant, che aggiunge una nota eterea ai brani, colorando di misticismo e sensualità blues il rock più duro mai suonato fino a quel momento; è piuttosto quello che fa John Bonham alla batteria che scolpisce il sound dei Led Zeppelin: Bonham unisce alla forza trainante, fatta di potenza sonora e innovazione tecnica, un suo approccio al groove, caratterizzato da un timing “seduto e trascinato”. Introduceva una nuova tempra di carattere al rock, definendo quel “tirare indietro” sul tempo che sarebbe diventato un paradigma stilistico fortunato. Anche il lavoro al basso di John Paul Jones è più prominente rispetto al primo album; Jones non si limitava a fornire una base ritmica nell'intreccio solido tra ritmo, armonia e melodia; grazie agli arrangiamenti perfetti tra chitarra e chitarra, il bassista trovava spazio per fiorire in linee e soluzioni ricche e accattivanti. Questa sinergia tra i membri della band favorì arrangiamenti intricati, addirittura opulenti, espressi in performance selvagge e ispirate che hanno fatto di LED ZEPPELIN II un disco vibrante e dinamico, una delle espressioni più vivide ed entusiasmanti del rock.