25 maggio 2025, ore 09:14, agg. alle 10:11
Lenny Kravitz e la chitarra: non un accessorio, ma la sua voce più autentica. Storia, dichiarazioni e tre brani che raccontano il suo stile elettrico e libero.
Nato il 26 maggio 1964, Lenny Kravitz è un musicista per cui la chitarra rappresenta la voce principale del proprio rock. Fin dagli esordi alla fine degli anni '80, ha affidato alle sei corde la riscoperta delle sonorità più calde e viscerali della tradizione, affondando le radici nel soul, nel funk e nel blues, ma riuscendo a declinarle con lo stato dell’arte di suono e produzione contemporanea.
Il suo essere chitarrista incide profondamente sulla sua personalità artistica, tanto quanto il carisma da frontman, il talento da autore e produttore, o l’innegabile fascino che ne ha fatto un’icona di stile.
Come un pittore davanti alla tela
Nella sua visione della musica, la chitarra non è un semplice strumento di accompagnamento, ma parte integrante del processo creativo, sullo stesso piano della voce, della scrittura e dell’arrangiamento. È lui stesso ad averlo spiegato in più interviste, sottolineando come nella sua musica non esistano compartimenti stagni:
“Per me è tutto un unico esercizio. È come se fossi un pittore davanti a una tela bianca, con tutti i colori e i pennelli: crei la tua espressione, il tuo quadro.
Credo che sia lì che sta il mio vero talento: nella visione d’insieme. Non si tratta di essere un virtuoso della chitarra, un grande cantante o un bravo compositore: si tratta di mettere tutto insieme.
Penso unicamente ad avere un foglio bianco davanti a me: prendo un basso, una o più chitarre, suono la batteria, le tastiere… per me è tutto un unico processo. Forse perché ho iniziato così. Non vedo confini tra le cose. Il mio obiettivo è trasformare in suono ciò che sento nella mia testa.” E Kravitz non è un chitarrista “per modo di dire”: suona dannatamente bene! Va ben oltre il cliché del songwriter che si accompagna alla sei corde. È un riff maker micidiale, un solista appassionato, evocativo. Un vero buongustaio del suono. Conosce ogni dettaglio di chitarre, amplificatori e setup vintage, tanto da aver dettato standard produttivi che ancora oggi sono riferimento per molte produzioni rock.
Non a caso, proprio per questa identità chitarristica così marcata, è spesso stato citato tra i grandi nomi del rock che pubblico e critica chiamano in causa come eredi diretti di Jimi Hendrix.
Prince e gli amplificatori a palla
Il mondo si accorge di quanto bene Lenny Kravitz suoni la chitarra nel 1991 con "Are You Gonna Go My Way" (MAMA SAID), quando il suo riff diventò un’oasi di energia ruspante in un’epoca divisa tra le esasperazioni metal e l’oscurità del grunge. Quel suono, così istintivo e dinamico, veniva da un approccio retro, puro: una chitarra sparata in un ampli al massimo, senza filtri. “È il suono del rock che amo, e lo faccio così da Let Love Rule (1989). Ho dei vecchi piccoli amplificatori, li metto a 10, attacco la chitarra direttamente e ottengo quel suono saturo. Tutte le parti ritmiche sono chitarra nell’amplificatore al massimo, senza alcun tipo di elaborazione”, ha spiegato Kravitz in più occasioni. Un metodo disarmante nella sua semplicità, soprattutto se paragonato all’esuberanza di suoni che caratterizza i suoi dischi. Talmente essenziale da lasciare attoniti persino musicisti abituati a gestire mille effetti.
“Una volta stavo jammando con Prince e mi ha chiesto: ‘Che effetto hai sulla chitarra?’. L’ho guardato e gli ho risposto: ‘Nessuno. È solo una chitarra dentro un amplificatore Fender, a palla’. Non riusciva a crederci! Lui era uno che usava tanti effetti – e li usava benissimo – ma in quel momento pensava ci fosse chissà cosa dietro. E invece niente, proprio niente.”
Un episodio che Kravitz non perde occasione di ricordare – gongolando – nelle interviste, a dimostrazione che l’essenza del suo suono non dipende dalla tecnologia, ma dalla personalità.