Mark Tremonti: quattro brani per capire un gigante del metal moderno

Dai Creed ai progetti solisti: quattro brani per scoprire Mark Tremonti, chitarrista moderno, erede del post-grunge e maestro del metal contemporaneo.

Non esageriamo se diciamo che Mark Tremonti è uno dei chitarristi metal più rilevanti degli ultimi decenni. Nato il 18 aprile 1974, Tremonti è forse uno dei pochissimi della sua generazione che può essere accostato a una figura come Dimebag Darrell dei Pantera: per personalità, per coerenza, per contenuti musicali.


Ma c’è un aspetto che lo rende ancora più interessante: Mark Tremonti è sempre stato moderno. Anzi, è probabilmente il primo grande chitarrista metal successivo alla stagione memorabile del metal classico. Scopriamolo attraverso quattro pezzi per apprezzarlo tanto come artista quanto come sensazionale chitarrista metal.

Mark Tremonti: quattro brani per capire un gigante del metal moderno

La grammatica del Metal

La storia musicale di Mark Tremonti inizia da dove finisce quella di gran parte dell’heavy metal classico: il Grunge. Quel ciclone che ha spazzato via gran parte dell’estetica metal degli anni '80, mettendo il genere con le spalle al muro, accusandolo – a ragione – di essere diventato un’esibizione di forma, una gara di velocità, un’esaltazione del gesto tecnico, dimenticandosi troppo spesso dell’autenticità, del dolore, dell’arte che il rock pretende
. Mark Tremonti nasce lì. In quel momento in cui essere un chitarrista metal non significa più soltanto essere uno shredder che snocciola "Capricci" di Paganini sulla chitarra elettrica tra riff distorti e galoppate di doppia cassa, ma significa avere una voce, scrivere canzoni, stare dentro una band con senso di misura ed equilibrio. È figlio di quella scossa grunge, perché ne eredita la sensibilità: non rinnega il virtuosismo, ma ne rifiuta l’autocompiacimento. Non rinuncia alla potenza, ma la incanala dentro strutture più essenziali, più cupe, più dirette.
Inoltre, la sua modernità si legge anche nella cura sonora che ha sempre palesato: attento a esplorare strumentazione sempre all’avanguardia, celebra quel lato vanesio del metallaro che si compiace di strumentazioni faraoniche, gigantesche e tecnologiche, ma senza rinunciare mai a una certa crudezza e autenticità di suono che il Grunge aveva imposto come imprescindibili.
 Eppure Mark Tremonti non ha mai nascosto le sue radici. I Metallica sono la sua religione, Eddie Van Halen il suo primo eroe, Michael Angelo Batio una passione che confessa senza vergogna. Ma queste influenze non lo hanno mai reso un nostalgico. Piuttosto, hanno costituito la sua scuola, la sua grammatica, il suo dizionario di partenza. Su quella base, Tremonti ha costruito una carriera che unisce la pesantezza del metal alla melodia del rock alternativo, la solidità del riff alla narrazione emotiva delle canzoni.

Quattro canzoni

Ecco quattro brani che raccontano al meglio Mark Tremonti: la sua profondità artistica, il suo valore come chitarrista e, soprattutto, quella combinazione unica di cattiveria e melodia, rigore metal e cuore alternative rock.

“My Last Mistake” – CAUTERIZE (2015)

“My Last Mistake” è un pezzo che fa capire come l’omonimo progetto solista di Tremonti non sia un contenitore di scarti, ma semmai lo spazio artistico più libero dove esprimere la sua visione musicale. Il brano è una delle parentesi più feroci della sua carriera, grazie a una mano destra (ispirata allo speed metal) che macina ritmiche impossibili: la sincronia tra la cassa della batteria e il riff di chitarra è impressionante. Il ritornello melodico e coinvolgente fa di questo pezzo un perfetto esempio dello stile di Tremonti: riff granitici, melodia e accordature alternative.

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