16 maggio 2025, ore 16:08, agg. alle 09:34
MEZMERIZE rinnova il metal con un crossover folle e visionario. Rick Rubin guida i SOAD di Tankian e Malakian in un disco politico, surreale, fuori dagli schemi
Pubblicato il 17 maggio 2005, MEZMERIZE arriva dopo TOXICITY e STEAL THIS ALBUM!, due dischi che avevano proiettato i System of a Down ai vertici del rock mondiale. L’album contiene brani ormai leggendari come "B.Y.O.B.", violentissimo attacco antimilitarista dal ritmo frenetico e schizofrenico, "Question!", con il suo intreccio di acustica e furia, e la malinconica "Lost in Hollywood".
In un’epoca dominata da pop punk, emo e soprattutto alternative e indie rock confezionato, i System irrompono con un suono contaminato, teatrale, che fonde metal, folk, elettronica e progressive. Un crossover impazzito e chirurgico, capace di essere politico, surreale, melodico e abrasivo allo stesso tempo. Ci siamo riascoltati MEZMERIZE, soffermandoci sul ruolo centrale di Rick Rubin, sull’evoluzione musicale della band e sull’estro compositivo di Daron Malakian.
Metal e radici armene
Con MESMERIZE, i System of a Down riaccendono la miccia di quella contaminazione feroce e visionaria che alla fine degli anni ’80 e nei primi ’90 aveva dato vita al crossover, all’hip hop metal, al funk rock più sfacciato: basti pensare ai Dog Eat Dog, ai Living Colour e Faith No More, per arrivare, soprattutto, ai Rage Against The Machine. Una scuola che aveva aperto squarci tra i generi e che nel Nu Metal sembrava già essersi sclerotizzata in formule troppo prevedibili. I SOAD, invece, con questo disco riportano linfa al gioco, rinnovando la formula con una carica etnica e sanguigna che affonda nelle loro radici armene, ma anche recuperando lo spirito ludico e spiazzante del miglior progressive. Quello spirito per cui tutto può coesistere: riff taglienti e melodia, elettronica e folk, ritmi spezzati e ballate toccanti. MESMERIZE è una montagna russa sonora dove si passa dalla furia distorta di “B.Y.O.B.” alle atmosfere synth-pop di “Old School Hollywood”, fino alla malinconia orchestrale di “Lost in Hollywood”. Il tutto con un sound personale, fuori da ogni moda eppure perfettamente calato nel suo tempo. In un’epoca in cui il rock alternativo, indie e l’emo punk erano i generi imperanti, i System of a Down hanno sparigliato le carte con un disco capace di parlare a tutti, non solo agli amanti del metal. Merito loro, ma anche di Rick Rubin, che li ha capiti, guidati e aiutati a tirare fuori un suono che ancora oggi resta inimitabile.
