Non riusciranno a spegnere la musica

Il commento di Radiofreccia: ora difendiamo i sogni delle vittime di Manchester

No, non riusciranno a spegnere la musica. Ci hanno provato a Parigi. Ci hanno riprovato a Manchester. Ma l'inumana strategia di morte dei terroristi non ce la farà neppure stavolta a togliere ai ragazzi la voglia di unirsi e di celebrare la bellezza della vita attorno a un palco, non importa se rock o pop, jazz o rap. Il mondo della musica si era interrogato, dopo l'attacco al Bataclan del novembre 2015 durante il set degli Eagles of Death Metal, se valesse la pena di continuare a rischiare o se quegli assassini avessero inferto un colpo decisivo alla nostra società, dove la musica è un elemento di gioia, non un peccato da punire. E subito, dopo il momento del lutto e dello sconcerto, era arrivata la risposta: sì, gli U2 avevano rimandato la loro tappa parigina del tour di "Songs of Innocence", ma con un gesto fortemente simbolico erano andati a deporre fiori al Bataclan. E proprio lì davanti un pianista di origine italiana aveva trasportato il suo strumento perché tutti - i parigini e per estensione il mondo intero - potessero intonare "Imagine". Poi, quando è arrivato il tempo di riaprire lo storico locale della capitale francese, il primo a esibirsi lì dentro è stato Sting. Le star avevano sconfitto la paura, esponendosi in prima persona. I terroristi non avevano colto l'obiettivo di far abbassare il volume della nostra musica. Ieri hanno sparso nuovo sangue a Manchester, respingendoci nel dolore e nell'angoscia, con un'azione ancora una volta vigliacca e insensata.

Contro dei minorenni, contro i bambini, i piccoli fans di Ariana Grande, cancellando i loro sorrisi, che sono il pane e il sale della nostra quotidianità. L'orrore più devastante che si possa immaginare. Ma la determinazione nel continuare nel nostro modello di vita dovrà restare ferma e assoluta. Non si possono alzare le mani di fronte a chi vorrebbe chiuderci in casa, nel silenzio e nel terrore. Non si può chiedere ai ragazzi della "Generazione Bataclan" che da oggi tende la mano ai fratelli e alle sorelle minori della "Generazione Manchester" di rinunciare ad amare i loro idoli rock e pop e di andare ad ascoltarli dal vivo. Ogni concerto deve essere la materializzazione dei loro sogni degli anni verdi. Non dei peggiori incubi dell'umanità. Certo, lo sforzo che si chiede agli artisti, ai loro management e ai responsabili delle strutture dove si svolgono i live dovrà essere ancora più intenso. Le città avranno l'obbligo di garantire la massima serenità possibile agli spettatori degli eventi, rafforzando controlli e organizzando piani efficaci e capillari perché quanto già accaduto non si ripeta. Ci saranno costi più elevati per poter continuare a godersi gli spettacoli senza timori. Ci vorrà coraggio, da parte di tutti. E la certezza che la sicurezza totale non esiste, in comunità articolate come le nostre. Ma la musica non è un lusso, semmai l'espressione fondamentale di una società libera. Per questo, in certe culture, provano a silenziarla. Per questo provano a colpirla nelle nostre arene e nei nostri locali. Oggi più che mai, dobbiamo difenderla come un bene necessario. Nel nome delle giovani vittime di Manchester. Dovremo tenere il volume alto anche per loro. Per difendere le loro speranze, che appartengono a tutti.

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