#ONTHEROAD Viaggio a Dubai

Gate 17: Bologna-Dubai

Se prendessi ora un mappamondo rotante retroilluminato e scegliessi una mèta dove andare in viaggio, accadrebbero sicuramente due cose: la prima è che il dito non si soffermerebbe di certo sulla penisola araba perché non è mai accaduto nella storia del “dito a caso sul mappamondo”; la seconda è che con tutti i luoghi che sono nella lista dei miei viaggi, da quando ero ragazzino, Dubai era poco più che un villaggio di pescatori e cacciatori di perle. Fino agli anni ’70 si presentava proprio così. Come un microscopico insediamento di beduini e sabbia…tanta sabbia. Direi solo sabbia. Quindi nel mio immaginario non esisteva. Esistevano la Giordania, la Siria, la Persia, l’Egitto e la Turchia da esplorare, ma la penisola dell’antica Arabia Felix non ne sapevo proprio nulla. 

Gate 17_Bologna-Dubai: 5 ore e 36 minuti_ distanza: 4,487 km 

Beh, alla fine è andata che ci sono stato. Una settimana. Per ragioni familiari. E sono tornato con la consapevolezza che non è un posto per me, ma almeno una volta nella vita in un posto così bisognerebbe sbatterci la faccia. 

Resto dell’idea che sia un luogo straordinario. Unico nel suo genere ed affascinante, direi extraterrestre. Il luccichio dell’oro mi attira come una gazza ladra. Le auto di lusso guidate da giovani arabi alla moda occidentale o rigorosamente alla moda araba (un prestigiosa tunica bianca e la tradizionale Kefiah per gli uomini e una copertura quasi totale della donna rigorosamente in nero) sono il sogno di ogni bambino capriccioso. Dico quasi totale poiché a seconda della scelta (suppongo) dettata dalla tradizione le donne possono indossare un velo nero che ricopre il volto oppure una sorta di maschera che scopre giusto gli occhi ricordando la maschera di Bruce Lee in “The Green Hornet”.

Comunque sia, sono ai miei occhi elegantissimi e veramente dignitosi nel loro stile per quanto impersonali e monotoni per il mio gusto personale. Perché mi sono soffermato sul loro abbigliamento? Perché per me è l’espressione esatta del loro modo di essere, di comportarsi e di volere apparire agli altri. Insomma, non resta che imparare a conoscerli.

Nel Forte di Al Fahidi, che fu costruito alla fine del 1700 e che faceva da difesa all’allora insediamento di beduini è allestito il Museo di Dubai. In buona sostanza l’edificio più antico è un fortino di frontiera! Facciamo un salto in avanti. Arrivano gli anni ’70 ed ecco che esplode ” “l’american dream”. Pure qui gli anni ’70 sono la vera rivoluzione. Mentre la Beatles mania sta per chiudere il sipario della sua inarrestabile cavalcata mondiale, gli emiri cominciano a frustare i loro cammelli e i loro splendidi cavalli per compiere quello che loro stessi definiscono il miracolo (io lo definirei miraggio).

Esattamente due anni prima il Rock britannico e americano e la musica in generale segnano per sempre la storia di ogni essere umano su questo pianeta. Nel ’68 Hendrix è addirittura in tour in Italia!

Ma ora basta con questi viaggi mentali nel passato…sono in una città che sembra un misto tra Futurama, la serie tv Dinasty e il più bel parco giochi al mondo. 

L’impatto con un ambiente di questo tipo per me è stato abbastanza infantile, nel senso che avrei voluto subito prendere una Ferrari color arancio fluo e cominciare a correre a tutto gas per gli stradoni a 6 corsie che tagliano la città e fare gli autoscontri.

Proprio come un bambino dispettoso avrei voluto rompere il silenzio che caratterizza questo luogo. Le persone parlano in modo soffice in ogni luogo pubblico: in metro, nei centri commerciali, nei palazzi nei quali addirittura rischi di non incontrare quasi mai le persone che ci abitano. E’ surreale. Va molto vicino ad una visione stile “Blade Runner” con la differenza che è tutto perfettamente pulito, impeccabile.

I suoni che hanno caratterizzato questa breve permanenza sono sostanzialmente 3: 

il fruscio del via vai incessante delle auto, i martelli pneumatici degli operai che lavorano incessantemente per fare sorgere nel deserto grattacieli che possono contenere anche 2000 persone e il canto delle preghiere musulmane in stereofonia per tutta Dubai.

Nonostante i costi bassissimi della benzina, della mancanza di tasse, dei costi relativamente bassi degli appartamenti, Dubai ti esorta a spendere il più possibile, proprio come fanno i centri commerciali. I più svariati beni da tutto il mondo. Da Est a Ovest del pianeta in ogni settore : dalla moda al cibo, dalla tecnologia agli oggetti più comuni o tradizionali della cultura araba. Insomma se hai curiosità di cercare e spulciare tra i mille negozi di lusso fino ad entrare negli Store “tutto a un euro” indiani, allora Dubai è una città miraggio, un’oasi nel bel mezzo del deserto adatta per te.

Non so per quale motivo i cartelli stradali o le segnaletiche mi hanno sempre affascinato . Per esempio sui treni ci sono il divieto di mangiare o bere (tassativo per le strade nel periodo del Ramadan), oppure il divieto di fare il palloncino con la gomma da masticare. Con quasi assoluta certezza il mio primo spot pubblicitario della Big Babol mi avrebbe fatto probabilmente rinchiudere in una qualche cella nel mezzo del deserto. Da bambino ero un piccolo fenomeno nel produrli più grandi della mia faccia facendo divertire gli innumerevoli adulti annoiati. Questa fama mi garantì persino qualche favore da parte dei compagni delle elementari un po’ bulli. Alla fine è sempre una questione di garanzie. Essendo stato di corporatura esile, basso, biondo con le lentiggini sul naso, gli occhi verdi e con il faccino che istigava il tiraggio delle guanciotte con due dita, sono sempre stato a rischio vessazioni da parte dei galletti da cortile. La mia fortuna è che sapevo fare cose che per quei bambini parevano strabilianti. Vai a capirli certi bambini.  

Qui a Dubai non ho visto o sentito un bambino piangere, palesarsi nella sua forma più naturale o conosciuta a me : il pianto o gli strilli durante il gioco. E’ vero che non ho avuto modo di accorgermene più di tanto, ma quelli che ho visto nei grandi centri commerciali come il Dubai Mall, dove si trova anche un grande acquario e moltissimi negozi per fare spendere mamma e papà e liberarsi così per qualche minuto dalla lamentela del figlio, non ho mai avuto l’esigenza di girarmi e dire tra me e me “ ma sti bambini sono figli di nessuno che urlano e starnazzano come oche o fenicotteri in riproduzione?”.

Il Cibo e la movida notturna.

Non ho avuto modo, né tanto meno la voglia di andare a cercarmi locali notturni ogni sera. Mi sono bastate le birre di un classico pub inglese frequentato da inossidabili europei malinconici ed esauriti dalla vita “dubaiese” e che solo grazie alla generosità di mio fratello ho potuto godere in compagnia sua e dei suoi amici e colleghi. Ebbene sì. Una birra costa tra i 9 e i 14 euro. Roba da fare piangere anche il più duro dei duri. Perché se i soldi non ce li hai ci pensi ben 3 volte prima di farti la seconda pinta ed è inutile che la vai a cercare al supermercato a pochi spicci. Non ci sta! C’è un’altra cosa però.

La tessera dell’alcolizzato (è una mia definizione dato che io sicuramente ne farei uso spropositato) : ovvero lo Stato ti concede una spesa con un tetto massimo alla settimana per bere, acquistabile in un luogo deputato alla compravendita di alcolici (tipo enoteca) monitorando così il consumo stesso di alcolici. Un modo molto duro, ma oggettivamente efficace, per fare da deterrente all’abuso di alcol e allo svuotamento delle tasche per questo tipo di consumo.

Il Souk – luogo di commercio e sosta.

La più che famosa attitudine degli arabi a cercare di venderti qualsiasi cosa è naturalmente prassi dell’abile commerciante. In ogni luogo dove ti rechi anche solo per guardare una parete inutile incontri qualcuno che tenta di venderti la qualunque. Questo esclusivamente nei luoghi deputati al commercio, come i S

Generalmente sono tutti molto invadenti, ma in modalità “friendly”. Si impara presto a contrattare ed è cosa buona non essere mai antipatici o sgarbati. Un no gentile e perentorio toglie ogni tipo di problema. Non ti inseguiranno mai antipaticamente.

Ovunque trovi da mangiare, ma solo nei luoghi deputati al consumo di cibo. “Bella scoperta!” -viene da pensare- e invece non ho mai visto persone con cibo tra le mani lungo le strade o terminare anche un panino e poi gettare la carta nel bidone o peggio per strada. Bidoni non ce ne sono e quindi è abitudine mangiare e bere nei luoghi dove si acquista anche un semplice snack.

Ho assaggiato quasi tutto. La cucina araba è eccellente. La cucina giapponese, indonesiana o cinese sono eccellenti anche a costi abbastanza affrontabili. Il cibo europeo costa parecchio. Quello italiano a basso costo è penoso. Ho evitato per dignità personale. Rimango comunque della mia idea: paese che vai, usanza che trovi. Come un mantra rimbombava un insegnamento imparato a mie spese in uno dei miei viaggi disperso da qualche parte: “non cercare mai il cibo di casa tua negli altri paesi a meno che non vuoi spendere cifre insostenibili e mangia sempre il cibo locale poiché sarà sempre cibo che non ti uccide.” Tanto agli italiani non toglierai mai l’orgoglio (a ragion veduta) della cucina di casa. Infine è così bello conoscere la cucina del paese che ti ospita!

L’hummos di ceci è una droga. I felafel sono di tanti tipi, le salse di yogurt trovano le loro multiformi e profumate declinazioni e sono gustosissime (per chi deve affrontare il primo scoglio dei fermenti lattici consiglio di tenere d’occhio sempre un bagno), i tè che accompagnano qualsiasi cosa sono uno più delicato e aromatizzato dell’altro. Ho assaggiato un tè allo zafferano che all’occhio sembrava fatto con l’oro. Lo zafferano lo trovi anche in negozi deputati alla sola vendita di zafferano e lo confezionano come gioielli. Lo soppesano su bilancine come i migliori pusher fanno. I negozi sono bellissimi, coloratissimi e profumatissimi. Le spezie di ogni genere, come tutta la tradizione arabo-indiana insegna, si trovano ovunque e a costi davvero ottimi. Le cose migliori di questo paese sono davvero per curiosi assaggiatori dal palato raffinato.

Persino i gioielli e le pietre preziose. Ci sono i souk (mercati rionali rigorosamente ricostruiti in stile) deputati ad ogni merce. Vale la pena giraseli per capire cosa significa il commercio per intuire cosa probabilmente Marco Polo deve avere incontrato nei suoi epocali viaggi verso l’oriente.

Le donne.

Una cosa che mi ha particolarmente colpito è la suddivisione dei vagoni sulla metro. Non esistono barriere o separazioni tra i vagoni. Proprio come nelle nostre metropolitane più moderne. Le prime carrozze di ogni treno però sono divise dalle altre da una linea colorata per consentire alle donne e ai bambini di non essere mescolate al resto del mondo. Una linea rosa e segnaletiche piazzate nelle prime due carrozze ti ammoniscono al fine di vietare oltrepassare quella famosa linea e lasciare le donne nel loro vagone. Alle donne la scelta, se restare isolate o meno sul treno. Tu, bel maschietto curioso e menefreghista non provare a fregartene di quella regola, tanto ci sono telecamere ovunque a Dubai, prima o poi lo vengono a sapere se fai il fenomeno sfida leggi! Come si dice dalle mie parti: meglio non fare il biondo in un luogo dove la polizia sembra inesistente…alla vista.

Altra cosa molto curiosa sono i taxi guidati da donne, per le donne: hanno il tetto rosa!

Ricordo “le mille e una notte”, ricordo i viaggi del londinese Phileas Fogg ed il suo cameriere francese Passepartout nel tentativo di attraversare il Mar Rosso da Suez a Bombay in una delle tappe per chiudere il giro del mondo in 80 giorni. Ricordo Lawrence d’Arabia, Indiana Jones ed il suo fedele amico Sallah; tutti ricordi che hanno il sapor di Arabia e gli occhi contornati di Kajal; “Il tè nel deserto” di Bernardo Bertolucci e Sean Connery ne “Il vento e il leone”…ora smetto di insabbiare le prove del mio effettivo gradimento di Dubai.

In realtà è sempre e solo una questione di soldi: se ce li hai, in un posto del genere ti godi anche la vasca idromassaggio in vetta al 58esimo piano, oppure il divertentissimo lancio col paracadute sulle famose Palme, altrimenti è come vivere in un grande villaggio di lusso di cui non puoi manco usufruire del codice per aprire la porta blindata per accedere dal retro dell’hotel.

Musica.

La musica c’è. Locali bellissimi di tutti i tipi che creano eventi ad hoc a seconda del genere. Il “Barasti” è una eccellenza del divertimento stile Ibiza che permette di avere ben 4 tipologie di zone dedicate al tipo di gusto musicale, data la sua estensione.

Un palchetto con musica live rock, folk, country o pop che si alternano a seconda dell’ospite; poco più in là il pub-ristorante con monitor che proiettano partite o videoclip di tutti i generi a volumi assordanti oppure se non siete soddisfatti e volete provare l’ebbrezza della sudata collettiva ai piedi di un altro palco nella spiaggia sul mare dove si può espellere ogni tipo di tossina tra fiammate coreografiche a ritmo di musica house con tanto di vocalist che parla 6 lingue.

Peccato solo non aver incontrato un negozio di musica, un qualunque luogo dove potersi isolare per qualche minuto e poter cercare con tutta calma cd e libri sulla musica. Un luogo dove spulciare anche volantini che annunciano una band locale che si esibisce, magari, nel deserto.

In conclusione, Dubai è una visione del mondo concentrata in una lingua di sabbia, dove pregi e difetti di due culture che si fanno la guerra da sempre, si sono sposate. Come non innamorarsi di Dubai per questo motivo?

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