Parachutes, il debutto dei Coldplay che aprì ad un nuovo intimismo
Il 10 luglio del 2000 i Coldplay debuttavano con "Parachutes", un disco intimo e fragile che segnò una nuova strada dopo il rock degli anni '90
Nel luglio 2000, i Coldplay, band formata da Chris Martin, Jonny Buckland, Guy Berryman e Will Champion, diede alle stampe il proprio debutto, Parachutes.
Quello che sembrava un album “intimo e sussurrato” divenne, invece, il trampolino verso un successo planetario.
Prima di Parachutes, i Coldplay pubblicarono due EP autoprodotti (Safety EP e The Blue Room), seguiti dal 7" Brothers & Sisters per Fierce Panda.
Nonostante ricevettero attenzione dai media, il grande colpo arrivò quando Parlophone, all’epoca stanca del britpop, firmò la band, come racconta un A&R: "Non c’erano molte offerte, loro erano studenti… ma ci colpirono".
Dall'università al contratto
Chris Martin e Jonny Buckland si conobbero all’University College di Londra nel 1996. L’idea era semplice: fondare una band. L’embrione si chiamava “Pectoralz”, poi “Starfish”, e solo in un secondo momento prese il nome Coldplay, ispirandosi a un gruppo amico che aveva abbandonato quel nome perché "troppo deprimente".
Nel 1998 si uniscono Guy Berryman e Will Champion, rispettivamente al basso e alla batteria. Il sound si costruisce tra demo casalinghi e notti insonni.
La prima pubblicazione, il Safety EP, stampa limitata di 500 copie, diventa il biglietto da visita con cui si guadagnano l’interesse delle etichette. È l’epoca della Londra indie, e la Fierce Panda (che aveva lanciato Ash, Placebo e Keane) pubblica il primo singolo ufficiale: Brothers & Sisters.
Ma è con l’EP The Blue Room del 1999 che qualcosa si accende davvero. Parlophone li nota, li mette sotto contratto e affida la produzione del primo album a Ken Nelson, già noto per il suo lavoro con Badly Drawn Boy, tra i rappresentanti della nuova scena NAM.
Il termine, coniato dal New Musical Express, sta per New Acoustic Movement e include quegli artisti come Turin Brakes, Kings Of Convience, Badly Drawn Boy e, appunto Coldplay e anche Travis che adottarono atmosfere più morbide da quelle che popolavano in quegli anni la scena rock ma anche il morente Britpop intriso di 'lad culture' e muri di chitarre.

Le registrazioni di Parachutes
Registrare Parachutes fu tutt’altro che semplice. La band era giovane, inesperta, e la tensione si faceva sentire. Chris Martin, perfezionista al limite dell’ossessione, arrivò persino a licenziare Will Champion dopo alcune sessioni insoddisfacenti — salvo poi richiamarlo pochi giorni dopo, pentito, dicendo che non potevano farcela senza di lui.
La band inizialmente lavora con il produttore Chris Allison, ma le prime sessioni rivelano una mancanza di coesione sonora. Si avverte tensione e fragilità: la band “suona nervosa, tutto troppo accelerato”, secondo Allison.
Entra in scena Ken Nelson, contattato dalla Parlophone nel tentativo di risolvere la tensione interna alla band.
Ken è colpito dalla voce di Chris Martin, ma offre un approccio differente: non imporre, ma assistere la loro visione.
Il produttore decide di rallentare i tempi, far suonare più “dal vivo” la band, insegnando loro ad “avere spazio e respiro” .
Inizia così una lenta incubazione: anche se era previsto chiudere l’album in due settimane, le registrazioni si protraggono da settembre 1999 a maggio 2000 .
Le tracce vengono registrate in quattro studi: Rockfield (Galles), Wessex Sound Studios (Londra), Orinoco Studios (London) – solo per High Speed prodotta da Allison – e soprattutto Parr Street Studios (Liverpool).
Nelle sessioni di Parr Street - esclusa Yellow - la band lavora “live to tape” in analogico: molti strumenti vengono registrati senza compressione, direttamente su nastro, per preservarne l’energia e la spontaneità .
I brani di Parachutes e la hit Yellow
In contrapposizione con il rock dell'epoca, in "Parachutes" c'è una vulnerabilità quasi inedita, una fragilità ed una inadeguatezza sincere che Martin esprime nella voce e nei testi.
Non c'è distacco ma, anzi, la volontà di confessarsi in modo emotivo anticipando ciò che sarebbe accaduto in America di lì a pochi anni.
Ne sono un esempio l'adorazione non corrisposta di Shiver - omaggio musicale a Jeff Buckley - la vicinanza offerta sommessamente in Sparks o anche la diffidente paranoia di Spies.
Poi c'è Yellow, un mondo a parte, la canzone che ha cambiato tutto per i Coldplay e per il pop rock del XXI secolo.
Una dichiarazione tanto semplice da risultare quasi infantile, supportata da una struttura melodica altrettanto elementare ma evocativa e potente.
Martin la scrisse in pochi minuti, ispirato dalla vista delle stelle sopra Rockfield. Il titolo nasce quasi per caso, guardando le Yellow Pages - le Pagine Gialle - ma il risultato è poesia pop pura. È la prima volta in cui l’album si apre alla luce, lasciando entrare uno spiraglio di felicità. Ma è una gioia fragile, sempre sul punto di svanire.
L'altro brano che definirà il tono del disco in maniera netta è Trouble, con il concetto del rimorso e del peso dato dalle parole non dette, degli errori che si ripropongono accompagnati da un arrangiamento intimo e nostalgico.
Il successo di Parachutes e l'influenza sugli altri artisti
Parachutes fu pubblicato il 10 luglio 2000. L'album esordì al numero 1 della UK Albums Chart e restò nelle classifiche per oltre 70 settimane. Il suono era cristallino, privo di orpelli, con atmosfere rarefatte che parlavano più al cuore che all’orecchio.
Questa cura artigianale nella scrittura e registrazione ha portato a un album coeso, sapiente nella sua semplicità ed emblema di un sound emotivo, intimo, autentico, tra atmosfere sospese e melodie senza tempo.
L’album vende oltre 13 milioni di copie nel mondo, guadagnando il Brit Award come miglior album britannico del 2001 e un Grammy Award per Best Alternative Album nel 2002.
A trainarlo Yellow che raggiunse la #4 in UK. Il videoclip — girato in un solo piano sequenza sulla spiaggia di Dorset, con Chris Martin sotto la pioggia — divenne immediatamente iconico. MTV lo passava in loop. Le radio mainstream, fino a quel momento diffidenti, iniziarono a ruotarlo costantemente.
Non mancarono le voci critiche. Pitchfork, nel suo stile più caustico, liquidò l’album come “inoffensivo e grazioso, ma senza spina dorsale”. E Noel Gallagher, mai tenero con i colleghi, definì i Coldplay “una band per ragazzi che piangono nei corridoi”.
Ma la verità era un’altra: Parachutes aprì la strada a una nuova sensibilità nell’indie rock, influenzando a cascata band come Keane, Snow Patrol, Travis, Aqualung, The Fray.
“Con Parachutes volevamo semplicemente essere onesti. Era un album scritto nei dormitori, nei pub, nei treni notturni. Non volevamo rivoluzionare nulla. Ma è successo lo stesso.”, dirà successivamente Chris Martin in un'intervista
Il disco fissò le coordinate di ciò che i Coldplay sarebbero diventati: una band capace di attraversare epoche diverse rimanendo riconoscibile.
Con gli album successivi (A Rush of Blood to the Head, X&Y, Viva la Vida), il sound si ampliò, si fece epico.
Un crescendo che ha permesso a Chris Martin di mostrare quanto sia una penna di rara qualità prima di schiantarsi su un pop tendenzialmente buono per gli stadi e radio-friendly ma spesso pigro.