Paul Stanley: il cuore ritmico del suono dei Kiss
Paul Stanley, carismatico frontman dei Kiss, è anche un chitarrista ritmico eccezionale, artefice del songwriting che ha plasmato il sound della band
Paul Stanley è il motore creativo dei Kiss, un frontman carismatico che ha trasformato ogni concerto in uno spettacolo grazie a teatralità, energia e carisma. Ma dietro il trucco e le scintille c’è un musicista appassionato, un chitarrista ritmico innamorato delle belle canzoni, che ha posto il songwriting e la melodia al centro del suono della band. Celebriamo Stanley non solo per il suo alter ego "Star Child", ma per il suo contributo essenziale alla forza musicale dei Kiss, dove potenza, ritmica e attenzione alla struttura delle canzoni hanno creato un rock accessibile e irresistibile.
Nato il 20 gennaio 1952, Paul Stanley è partito da umili origini nel Queens, New York ed è stato in grado di trasformare talento, ambizione e una ferrea autostima in una carriera da rockstar leggendaria. Nei Kiss, il suo alter ego "Star Child" è la quintessenza del frontman: carismatico, trascinante e teatrale. Stanley non è solo la voce e il volto della band, ma anche il cuore di uno spettacolo che combina energia, teatralità e coinvolgimento del pubblico. Sul palco, è un mix tra l'effervescenza di un conduttore di quiz televisivi e il fervore di predicatore gospel, capace di incarnare lo spirito più circense del rock and roll.

Le canzoni prima di tutto
Oltre a essere una delle voci più amate e note rock - potente, versatile e appassionata - Paul Stanley è soprattutto un chitarrista ritmico con una visione precisa. La sua attenzione alla chitarra ritmica non è solo una scelta tecnica, ma un vero e proprio manifesto artistico, che mette il songwriting e la forza comunicativa della musica al centro della sua sensibilità. “Non volevo essere il chitarrista solista appariscente. Che si trattasse di Keith Richards, Pete Townshend, David Crosby o Richie Havens, mi affascinava come suonavano la ritmica, come trainavano il groove del pezzo. Mi interessava più che essere un grande chitarrista solista, che suonava gli assolo!”, ha spiegato Stanley, sottolineando il valore del ritmo come spina dorsale di ogni grande canzone. A differenza di molti chitarristi hard rock, spesso concentrati sull’ostentazione del virtuosismo da solisti, Stanley abbraccia il suo ruolo cruciale come ritmico. Si può pensare a lui come al figlio discolo di Keith Richards; e nei riff di Paul Stanley si riconosce la maestosità degli accordi deflagranti di Pete Townshend o lo splendore boogie-rock di Steve Marriott degli Humble Pie. Come questi tre chitarristi, Stanley affronta il suo chitarrismo con un mix attitudine e ricerca della sostanza prima che del preziosismo formale. I riff poderosi di classici dei Kiss come “Strutter”, “Got to Choose", “C’mon and Love Me”, “Rock and Roll All Nite” sono stati tra gli elementi decisivi nel trasformare quattro ambiziosi musicisti newyorkesi in superstar entrati nella Rock and Roll Hall of Fame.
Un ritmico che non si tira indietro
La sua idea di musica prende vita nel suono dei Kiss, una band che ha saputo fondere potenza e melodia, energia e immediatezza. “Volevamo che i Kiss fossero una band con chitarre potenti, ma anche canzoni con melodie forti e ritornelli incisivi. È quella la scuola in cui sono cresciuto” racconta Stanley, ricordando come le sue influenze derivassero più dal pop sofisticato del Brill Building – un luogo simbolo della New York anni ’50 e ’60, dove autori leggendari come Carole King e Burt Bacharach scrivevano successi orecchiabili e ben strutturati – che dall'headbanging da metallari fine a se stesso. Stanley voleva che la musica dei Kiss combinasse l’attenzione melodica della vecchia Tin Pan Alley – il distretto musicale di Manhattan celebre per aver plasmato il pop e il jazz delle origini – con l’impatto sonoro dei Led Zeppelin, Rolling Stones e Who. Una sintesi che trovava il suo fulcro nella chitarra ritmica, il collante che tiene insieme tutto. “Senza una chitarra che macina riff e accordi, tutto crolla” afferma Stanley. E nei classici dei Kiss, proprio quella chitarra è la chiave di tutto. Nonostante abbia lasciato ai suoi colleghi – da Ace Frehley a Vinnie Vincent, passando per Mark St. John, Bruce Kulick e Tommy Thayer – onori e onori da Guitar Hero impegnato nel ruolo da solista, Stanley non si è mai tirato indietro quando è stato il momento di mettersi sotto i riflettori. E ogni volta che ha scelto di cimentarsi in un assolo, ha dimostrato talento, carattere e un feeling inconfondibile. Non è un solista appariscente né un virtuoso della velocità, ma ogni nota che suona ha un peso preciso. Stanley è un ottimo discepolo della scuola di George Harrison: costruisce assolo azzeccati, storie all’interno della canzone.