Quando Paul McCartney ha chiesto una lezione di basso

Nei primi anni 80, McCartney si invaghisce del sound del bassista virtuoso Stanley Clarke: lo coinvolge nei suoi album e si fa insegnare nuove tecniche al basso

Negli anni '70 fiorisce la fusion, genere musicale che arricchisce il jazz rock con nuove contaminazioni latin, funk e progressive. Stanley Clarke è un bassista protagonista di questa scena, un autentico innovatore del suo strumento. Dalla sua tecnica e dal suo sound innovativo resta conquistato anche Paul McCartney che, non solo lo coinvolge per registrare nei suoi album TUG OF WAR (1982) e PIPES OF PEACE (1983) ma anche gli chiede di aiutarlo a rinfrescare il suo fraseggio al basso elettrico.

E’ sempre affascinante scoprire che anche i più grandi tra gli artisti - quei giganti che per l’impatto devastante che hanno avuto sul mondo della musica sembrano sopra tutto e tutti - sono a loro volta incuriositi e ammirati dalla capacità strumentali e dalla creatività di altri musicisti. Ci sono tanti aneddoti interessanti in questo senso nella storia del rock: da Brian May dei Queen che letteralmente gongola ascoltando gli assolo di chitarra di Nuno Bettencourt degli Extreme, fino a Eric Clapton e Pete Townsend che sognavano ad occhi aperti sotto al palco del loro giovane e nuovo amico Jimi Hendrix. Oppure Eddie Van Halen talmente innamorato dell’estro chitarristico di Allan Holdswhort da decidere di aiutarlo nella produzione del suo album ROAD GAMES (1983)

Tra queste storielle, merita sicuramente di essere raccontata quella di Paul McCartney, eroe del basso per antonomasia che - nei primissimi anni ’80 - si appassiona al quattro corde di Stanley Clarke, musicista dell’area jazz-rock tra i più in vista della scena. 


Il basso diventa protagonista

Stanely Clarke era diventato celebre come braccio destro del leggendario tastierista Chick Corea nei Return To Forever, ensemble di musicisti che - tra i primi - aveva esplorato in maniera tanto coraggiosa le possibilità offerte dalla commistione di jazz e rock. Un tipo di ricerca che avrebbe posto le basi per la nascita di un genere poi chiamato fusion dove, all’impianto jazz e rock, si sarebbero aggiunti ritmo, colori, tecnica e pronuncia di funk, latin, persino progressive.

All’interno della nuova musica fusion, Stanley Clarke si lascia ispirare dall’attitudine debordante dei chitarristi rock per ritagliare al basso uno spazio, finalmente, analogo. Il basso non è solo supporto nelle sezione ritmica ma deve ambire a ruoli solistici, responsabilità melodiche; deve gestire spazi dominanti nell’arrangiamento dei pezzi. Nel citare i musicisti che lo hanno spronato a inseguire questo tipo di visione, Clarke nomina sì, la divinità del basso Jaco Pastorius (comunque di estrazione jazz) ma anche due icone del basso pop e rock come Jake Bruce dei Cream e Paul McCartney dei Beatles. L’album manifesto di Stanley Clarke del nuovo ruolo da protagonista conferito al basso elettrico è SCHOOL DAYS (1976), un disco - forse - più di forma che di sostanza, visto che proiezione tecnica del suonato, vigore ed energia del groove, ricerca sonora hanno un peso specifico maggiore di quello delle composizioni. Ma SCHOOL DAYS ottiene un grande successo commerciale, complice anche la presenze di musicisti favolosi: Steve Gadd e Billy Cobham alla batteria, John Mc Laughlin alla chitarra, David Sancious alle tastiere…


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