14 novembre 2018

Recensioni Flash #1411

Gli album di Disturbed, Greta Van Fleet, Imagine Dragons, Muse e Twenty One Pilots

Disturbed - "Evolution"

A distanza di tre anni da "Immortalized" i Disturbed  pubblicano il settimo album "Evolution" e, seppur una delle notizie più virali sulla band nelle ultime settimane ha riguardato la scomparsa del piercing dal mento del frontman David Draiman che ha pensato di doversi dare un tono raggiunti i 45 anni di età, c'è anche la musica.  I suoni sono sempre in equilibrio tra i riff aggressivi, percussioni martellanti e un lato soft ballad che in qualche modo cerca di alleggerire più del solito il peso granitico dei colpi. Specialmente nella seconda parte del disco l'evoluzione dei Disturbed li porta in un territorio di maggiore leggerezza che include archi, chitarre acustiche e la profonda voce di Draiman capace di arrivare davvero a tutti. Sembra quasi che "Evolution" sia composto da due anime totalmente diverse, cosa che in teoria potrebbe essere un bene, ma che si ha la sensazione siano messe accanto tra di loro e non amalgamate in un'unica, potente sostanza. Per chi volesse vederli dal vivo l'appuntamento è per il 22 aprile all' Alcatraz di Milano.


Greta Van Fleet - "Anthem Of The Peaceful Army"

Dal giorno uno la questione relativa ai Greta Van Fleet è stata: giovani di talento o cover band dei Led Zeppelin? La risposta è forse nel mezzo perché se da una parte le influenze del quartetto del Michigan sono più che evidenti è anche vero che non si può far finta che le loro doti abbinate alla giovane età siano inesistenti ed è un dato di fatto che l'hype intorno la band sia stato del tutto funzionale ad accendere i riflettori sul dolorante rock chitarristico. I cliché del rock anni '70 si ritrovano tutti, come previsto, nel debut "Anthem Of The Peaceful Army" che unisce l'estetica fricchettona all'acuto canto di Josh Kiszka e le roboanti chitarre del fratello Jake che sanno anche abbassare le ali quando serve ma vengono portati con naturalezza. Del resto l'impressione avuta quando abbiamo incontrato la band per la prima intervista italiana al Rock Im Park di Norimberga era stata proprio quella di un gruppo di amici divertenti, accoglienti e divertiti, custode di una leggerezza sacrosanta per la propria età e una salutare nonchalance nel pensare che, ad esempio, il giorno dopo avrebbero aperto un live da stadio dei Guns N'Roses. Certo, non saremo davanti a un trionfo di originalità ma  nemmeno ad un semplice discorso di cover band fine a se stesso dal quale il quartetto americano si smarca con la freschezza e con una sincera passione per il classic rock che, a giudicare dai numeri, funziona ancora. Noi li abbiamo visti dal vivo e suonano, fidatevi che suonano. La personalità? Si affinerà, c'è tutto il tempo per prendere la mira, centrare il bersaglio e riuscire a trovare pienamente una propria identità; è quello che fanno i giovani. Intanto per il momento il gioco vale la candela e i biglietti polverizzati per la prima data italiana il 24  febbraio all' Alcatraz di Milano ne sono l'ennesima conferma.



Imagine Dragons - "Origins"

Tornano gli Imagine Dragons, una delle band di maggiore successo del panorama mondiale, che in poco più di cinque anni è riuscita a mettere in fila una quantità impressionante di hit e singoli planetari. Particolare attenzione alla produzione, suoni epici e una facilità di scrittura pop - termine che diventa una bestemmia solo se non lo sai fare - sono la cifra della band di Dan Reynolds che ha sparato subito le prime cartucce dal nuovo lavoro con 'Natural' e 'Zero', colonna sonora del film di animazione "Ralph Spaccatutto 2". Se la scelta ha sicuramente pagato in termini di attesa per la pubblicazione di "Origins" il risultato, di fatto, è quello di aver svelato subito le carte migliori del mazzo che non si preoccupa molto di cambiare forma, e del resto perché dovrebbe. Ritmica corposa e ugole ruggenti, elettronica, folk, pop e ritornelli restano gli ingredienti principali degli Imagine Dragons che però, pur conservando una quantità imponente di 'hook' ('Boomerang', 'Cool Out', 'Digital') sembrano leggermente meno a fuoco del solito e confusi nel mare di generi e riferimenti.


Muse - "Simulation  Theory"

Quando, circa un anno fa, i Muse pubblicarono il singolo 'Dig Down' l'idea di un nuovo full lenght non era ancora nemmeno nell'aria e la direzione intrapresa sembrava andare a di smantellare il concetto di album per dedicarsi all'attuale approccio che vuole la singola traccia farla da padrone. Brano dopo brano, invece, il discorso del trio inglese si è tradotto nelle undici canzoni dell'ottavo album "Simulation Theory" con un titolo e un artwork che sono proprio quelli che ti aspetteresti dai Muse e dalla loro passione per scienza e sci-fi. Pur essendo una band che ha raggiunto un livello tale da non dover dimostrare nulla, una formazione che non ha mai visto intaccato il loro status di stadium band - in Italia saranno il 12 luglio allo Stadio San Siro di Milano e il 20 all'Olimpico di Roma - c'era comunque molta curiosità, trasformata a volte in scetticismo, intorno al ritorno dei Muse. Le motivazioni sono quelle che tormentano tutti gli artisti che non si fanno problemi di mischiare le carte correndo il classico rischio di deludere tanto quelli che vogliono solo i chitarroni, e i suoni 80's di brani che hanno anticipato la release come 'Something Human'e 'The Dark Side' non hanno forse aiutato in questo senso, quanto chi ama la scrittura che rischia di essere sommersa da tonnellate di suoni e trick di produzione. All'ascolto la realtà è che, va bene l'estetica anni '80 tout court e un mondo ambientato nella cinematografia che va da "Tron" a "Ritorno Al Futuro", ma "Simulation Theory" è un buon disco e, incurante della sua ricchezza a volte eccessiva, una delle migliori produzioni recenti dei Muse. I synth sono ingombranti in praticamente tutte le tracce ma riescono  a coesistere bene con le chitarre come nella opener 'Algorithm' o nei suoni sbilenchi e orientali di 'Break It To Me', immersi in un mondo alieno allucinato, funky e angosciante. Escluso qualche momento come il candy pop di 'Get Up And Fight' che si riprende solo nel ritornello, l'album tiene alla grande tra un richiamo a Prince in stile marziale ('Propaganda') e cavalcate che riportano alla mente "Origin Of Simmetry" ('Blockades'). I detrattori di sicuro non mancheranno anche questa volta ma i Muse, dal canto loro, non hanno niente da recriminare e sono riusciti a trovare la quadra anche su un terreno potenzialmente difficile, di nuovo.

 


Twenty One Pilots - "Trench"

Insieme agli Imagine Dragons i Twenty One Pilots sono tra i migliori rappresentati dell'idea moderna di band che si muove in scioltezza tra generi e suoni applicando la modalità playlist alla vita di tutti i giorni. Dopo l'esplosione con "Blurryface" nel 2015 il duo dell'Ohio è tornato con  un concept album che affronta i disagi dell'essere umano, usando come ambientazione il mondo immaginario di Dema che fa da sfondo alle storie di numerosi personaggi.  Come di consueto nel calderone trova spazio di tutto, dal rock all'hip hop, dal nu soul all'elettronica con l'effetto che il disco ha bisogno di più di un giro per essere apprezzato in pieno ma alla fine risulta per essere molto godibile . Una volta prese le misure alle canzoni e agli infiniti cambi di stile "Trench" diventa un ottimo documento della musica moderna e dell'evoluzione del pop-rock ai giorni nostri, ora prog ora radio friendly portando a un livello successivo il discorso iniziato con l'album precedente e anche la loro popolarità inarrestabile. Inutile dire che l'unico live italiano previsto per il 21 febbraio alla Unipol Arena di Bologna ha esaurito i biglietti in tempo zero.


Recensioni Flash #1411

Disturbed - A Reason To Fight [Official Music Video]

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