27 novembre 2017

Recensioni flash 2711

Il terzo Noel Gallagher, il ritorno di Morrissey, Stereophonics numeri 10, i Charlotte Gainsbourg electro, il sogno dei Weezer e Nic Cester tricolore

Noel Gallagher torna con il terzo album accompagnato dai suoi High Flying Birds e spacca sempre di più i fan degli Oasis in due schieramenti: quelli con lui e quelli a supporto del fratello minore Liam che nei mesi scorsi ha pubblicato "As You Were". Destinato a creare dibattiti e controversie è sempre e comunque l'ex Smiths Morrissey che, giunto all'undicesimo lavoro, si trova sempre di più nella posizione di costringere l'ascoltatore a scindere l'artista dall'uomo con le sue dichiarazioni sempre discutibili. Chi non è si distrae troppo dal proprio percorso, mantenendo la rotta e cercando di arricchirla un po' con nuovi suoni, sono gli Stereophonics che arrivano alla cifra tonda di 10 album da artigiani. L'artista anglofrancese Charlotte Gainsbourg si mette a nudo nei testi del nuovo "Rest", affrontando i drammi personali su innesti elettronici e facendosi aiutare da un Daft Punk e un ex Beatles. I Weezer fanno la loro cosa, sempre più radio friendly, un po' college rock un po' sperimentazione di nuovi suoni, mentre il fu cantante dei Jet Nic Cester si trasferisce in Italia per il primo lavoro solista.

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  • 01. Noel Gallagher’s High Flying Birds - "Who Built The Moon?"
    01. Noel Gallagher’s High Flying Birds - "Who Built The Moon?": Nel 1998 arrivava nei cinema, sull'ondata dell'omonima serie televisiva, il film di X-Files e sui titoli di coda si poteva ascoltare uno strumentale che ad ascoltarlo non lo avreste mai detto ma portava la sigla di Noel Gallagher, 'Teotihuacan', sette minuti di ritmi trip hop e la sua prima uscita in solitaria. Nello stesso anno, tra l'altro, Noel univa le armi con i Chemical Brothers, non era la prima volta, e addirittura con Goldie e nel tempo sarebbe stato lui il Gallagher più aperto a provare nuove soluzioni, quelli più vicino alle influenze multietniche da club tanto care all'amico Ian Brown e che alla fine avrebbe sepolto l'ascia di guerra quest'anno per collaborare con Damon Albarn su un disco così ricco di stili e influenze come l'ultimo dei Gorillaz. Il preambolo è doveroso per fare due considerazioni sul terzo album della sua avventura con gli High Flying Birds: la prima è che Noel non è certo nuovo alle vie che si discostano dalla strada maestra tracciata con i classici degli Oasis, del rock'n'roll come un volta, la seconda è che le possibili resistenze che potrà trovare "Who Built The Moon?" sono da ricercare, più che nel valore intrinseco o meno del lavoro, nelle eccessive spinte conservatrici del fan medio dei Gallagher che, in questo, è molto più vicino al classic rock di Liam che non lascia spazio a dubbi o aperture, ma solo a ciò che è rassicurante. I beat psichedelici della opener 'Fort Knox' ricordano 'Fuckin' In The Bushes' che ricopriva lo stesso ruolo nell'album degli Oasis 2.0, "Standing On The Shoulder Of Giants" ed è il primo risultato della partnership con il producer e DJ David Holmes che ha aiutato a prendere strade totalmente diverse dai percorsi intrapresi di recente. In molti hanno gridato alla somiglianza tra il ritornello di 'Holy Mountain' e 'She Bangs' di Ricky Martin ma la realtà è che il primo singolo estratto dall'album ha la melodia di un brano pop anni'60, o una tarda parodia come quella di Plastic Bertrand, con una produzione con un 'wall of sound' enorme che ricorda più The Jesus And Mary Chain che Phil Spector. WBTM è un album colorato e i brani che forse meglio lo descrivono sono 'It's A Beautiful World', ancora psichedelia su base drum'n'bass e 'She Taught Me How To Fly', un mix tra New Order e i Blondie di 'Atomic', di sicuro non quello che ci si aspetta di ascoltare dal maggiore dei Gallagher, ma dei singoli validi in cui le capacità melodiche risultano intatte. Probabile che i fan intransigenti andranno dritti alla fine dell'edizione deluxe, dove si trova il live di 'Dead In The Water', ballata acustica nella migliore tradizione Oasis che farà scendere una lacrimuccia ai più nostalgici che riproporranno il tema della reunion di quella che è stata una delle più grandi band della storia inglese, ma Noel ora ha spazio e tempo solo per se stesso e guarda avanti.
  • 02. Morrissey - "Low In High School"
    02. Morrissey - "Low In High School": Di Morrissey si è detto e scritto qualsiasi cosa: sin dagli anni '80 con gli Smiths una delle figure più iconiche e di culto della scena indie mondiale, megafono del disagio da cameretta, lyricist tra i più potenti del cantautorato britannico, figura quasi messianica e personaggio più che controverso che ha sempre alternato spigolosità e romanticismo, inaffidabilità e senso di comunione con il pubblico, uscite politiche discutibili e cause sposate alla morte. Gli anni più recenti sono stati costellati da problemi fisici seri, polemiche sempre più frequenti con tutto e tutti, dai discografici alla polizia italiana reo di averlo fermato alla guida per le strade di Roma, a tutte le istituzioni, in una visione del mondo che se non nuova nella sua storia, lo vede sempre più solo contro il mondo, brontolone e acido come il Clint Eastwood di 'Gran Torino', a combattere battaglie a volte giuste, a volte in grado di far voltare il fan più assiduo dall'altra parte. La cosa bizzarra è che proprio ora che, pur non venendo meno, Morrissey lascia prevalere il mondo esterno sulla sua intimità, non ci mette la faccia in copertina per la prima volta in 20 anni, lasciando l'incombenza al figlio del suo bassista di bazzicare davanti i cancelli di Buckingham Palace invitando alla mattanza della monarchia, tema che sempre caro gli fu. Proprio la mancanza di felicità e futuro per i giovani è uno dei temi che sottostanno "Low In High School", registrato tra Roma e la Francia, undicesima fatica che trova Morrissey intento a superare il giro un po' a vuoto del precedente "World Peace Is None Of Your Business", forse tra le peggiori cose della sua carriera (con beghe contrattuali annesse), e riconquistare i fan più razionali che lo avevano dato per finito. Pur non facilitando per nulla il compito di far andare giù il boccone a causa dei comportamenti del Morrissey uomo, dal punto di vista artistico c'è qui di sicuro un passo avanti, specialmente per quel che riguarda la musica e se l'organetto del primo singolo 'Spent The Day In Bed' (da notare il cameo nel video del bad boy del calcio inglese Joey Barton, grande fan dell'artista) ha lasciato tutti un po' spiazzati, così come le liriche basilari, 'Jacky's Only Happy When She's Up On The Stage' e 'Home Is A Question Mark' hanno l'atmosfera di alcun delle sue cose migliori. Si scaglia contro i soldati in 'I Bury The Living', sostiene i giovani di Israele contro le politiche del governo nel tango di 'The Girl From Tel-Aviv Who Wouldn't Kneel' - in Israele è praticamente ambientata quasi tutta la seconda parte del disco - e l'amore come rifugio in tempi di guerra di 'In Your Lap'. In sottofondo, dall'inizio alla fine, feedback, chitarre roboanti e rumori vari a supporto di testi che non brillano come in passato, ma mantengono ancora lampi di genio che solo Moz potrebbe scrivere
  • 03. Stereophonics - "Scream Above The Sounds"
    03. Stereophonics - "Scream Above The Sounds": Decimo album per gli Stereophonics con "Scream Above The Sounds" che segna il ritorno dei rocker gallesi a due anni da "Keep The Village Alive". Formula che vince non si cambia e Kelly Jones - una delle voci più fiche che ci siano nel rock - si muove nei territori che ben conosce fatti di riff taglienti ma radiofonici e ballatone che raccontano, in modo davvero facile, la vita attraverso gli occhi dell'uomo della strada. Del resto, voci della Gran Bretagna operaia, i 'Phonics si son fatti strada fino alle arene anche grazia alla loro semplicità e allora un brano scarno come 'Before Anyone Knew Our Name' dedicato al batterista Stuart Cable morto nel 2010 è un ricordo talmente onesto e sentito da far male che vale il prezzo del biglietto. Quello che si aggiunge in questo nuovo lavoro è però un'atmosfera più sognante e se in alcuni momenti si sentono sprazzi di Springsteen, in un episodio come 'What's All The Fuss About' si vira quasi nel cosmic jazz e in 'Breaking Dawn' ci sono richiami alla new wave, così come nel primo singolo 'All In One Night'. Al netto di alcune liriche forse un po' troppo basilari, "Scream Above The Sounds" è l'ennesima dimostrazione che quando si tratta di mischiare ruvidezza e dolcezza calcando le orme di artisti come The Waterboys e, soprattuto Faces, gli Stereophonics si dimostrano una certezza e nonostante alti e bassi un disco davvero brutto forse non lo faranno mai.
  • 04. Charlotte Gainsbourg - "Rest"
    04. Charlotte Gainsbourg - "Rest" Figlia d'arte, Charlotte Gainsbourg è donna dal multiforme ingegno: attrice, musicista, cantante e nel nuovo album "Rest" decide di aprirsi più del solito, aprendosi e parlando di se stessa e dei suoi drammi in prima persona e senza il supporto, nei testi di Beck o Jarvis Cocker. Per questo, che è il primo lavoro in sette anni, la produzione è affidata al dj francese SebastiAn e i suoni elettronici sono ancora più presenti che in passato dando vita a dei quadretti eleganti e oscuri, chiaramente cinematografici, come si intuisce già dalla tripletta iniziale con 'Kate' a svettare su tutto, sofferto ricordo della amata sorellastra Kate Barry, morta suicida nel 2013. Più uplift e ballabile il singolone 'Deadly Valentine' che risente tanto delle influenze di certa Italo disco anche se è sulla titletrack ad essere presente una metà dei Daft Punk, Guy-Manuel de Homem Christo, mentre su 'Songbird in a Cage' una mano arriva addirittura da Sir Paul McCartney.
  • 05 . Weezer - "Pacific Daydream"
    05. Weezer - "Pacific Daydream": L' undicesimo album in studio del quartetto californiano è una summa delle correnti che li hanno interessati in tutta una carriera e che hanno sempre creato pareri discordanti tra fan e ascoltatori: da una parte il rassicurante college rock degli anni'90 e dall'altro la voglia di andare sui territori più disparati. L'apertura affidata a 'Mexican Fenders' appartiene al primo gruppo, indie rock di una volta con un amore adolescenziale raccontato a colpi di riff che non si schiodano dalla testa, e anche i ricordi estivi di 'Beach Boys' sono sulla stessa linea. Con il singolo 'Feels Like Summer' ecco che fa capolino l'altra anima della band di Rivers Cuomo che a questo giro tira giù un pezzone radiofonico dai ritmi hip hop che sembra quasi uscito da un disco dei Twenty One Pilots e 'Happy Hour' è praticamente new R'n'B, con tutti i suonini che piacciono ora ai produttori di grido. Ancora grattacapi matematici in 'QB Blitz' per amori giovani e inadeguati che da sempre fanno dei Weezer i cantori del disagio da rivincita dei nerd e l'album è tutto così, un susseguirsi delle due anime dalla band. Il modo migliore per apprezzare 'Pacific Daydream' è forse goderne da ascoltatore esterno, con la mente aperta verso i suoni più commerciali e leggeri senza pensare a quale versione dei Weezer, delle tante nella loro carriera, sia la migliore.
  • 06. Nic Cester - "Sugar Rush"
    06. Nic Cester - "Sugar Rush": Dopo aver venduto milioni di copie con i Jet e aver tirato fuori una delle più grandi hit del modern rock di inizio 2000 con 'Are You Gonna Be My Girl', Nic Cester ha sentito il bisogno di fermarsi, allontanarsi dalla band che tanto successo gli ha dato, e fare le cose da solo riscoprendo le sue origini italiane. Ha viaggiato tanto, Nic, fermandosi infine nella terra dei suoi nonni, originari del Friuli, e prendendo contatto con la scena musicale italiana tanto da arrivare a questo primo lavoro solista scortato ai fianchi da Colliva e i Calibro 35 e dalla superband live The Milano Elettrica composta da Sergio Carnevale (Bluvertigo), Daniel Plentz (Selton), Adriano Viterbini (Bud Spencer Blues Explosion), Raffaele Scogna e Roberto Dragonetti (Ghemon). "Sugar Rush" è un raffnato susseguirsi di influenze che spaziano dal blues al soul chilled out nel singolo 'Eyes On The Horizon' e in 'God Knows', al viaggione psichedelico di 'Psichebello' e il funk di 'Who Do You Think You Are' impacchettate con un gusto sapientemente retrò. La voce ruvida e calda di Cester si inserisce alla perfezione nelle atmosfere che riprendono un'altro fiore all'occhiello dell'italianità, anche se spesso devono ricordarcelo gli stranieri, ovvero le colonne sonore dei film anni '70 e la library music con un mood spesso a metà strada tra eleganza e pericolosità che rende "Sugar Rush" un bel pezzo di modernariato vintage.

01. Noel Gallagher’s High Flying Birds - Holy Mountain

01. Noel Gallagher’s High Flying Birds - Holy Mountain