09 ottobre 2023

Pillole di Stile: Rick Rubin, Slayer & Run-DMC

Negli anni 80 Rick Rubin fa un miracolo: prende Hip Hop e Trash Metal - generi di nicchia e agli antipodi - e li porta a pubblico e successo enormi.

Ecco la storia di RAISING HELL dei Run -DMC e REIGN IN BLOOD degli Slayer, i due album che hanno consacrato il genio di Rick Rubin e promosso Hip Hop e Thrash Metal come generi musicali di fama, importanza e rilievo assoluto.

Rick Rubin non ha uno bisogno di grandi presentazioni. È uno dei produttori artistici più influenti della storia del Rock che ha lavorato - tra i tanti - con Metallica, System Of A Down, Linkin Park, Johnny Cash, Audioslave e che tutti conoscono per aver contribuito in maniera decisiva ad un disco gigantesco, BLOOD SUGAR SEX MAGIC (1991), album fondamentale dei Red Hot Chili Peppers

Noi vogliamo ripercorrere la fase artisticamente più eccitante della sua carriera, quella degli inizi: nella prima metà degli anni ’80, Rubin agguanta due generi Hip Hop e Thrash Metal allora di nicchia e - soprattutto - lontanissimi tra loro e li porta al grande pubblico sulla scia di un successo commerciale e di critica titanico.

Gli album grazie ai quali Rubin compie questa impresa miracolosa sono RAISING HELL dei Run-DMC e REIGN IN BLOOD degli Slayer, entrambi del 1986. Due dischi che, inoltre, nobiliteranno Thrash Metal e Hi Hop come filoni stilistici autorevoli, tra i più seguiti nei decenni a seguire.


Pillole di Stile: Rick Rubin, Slayer & Run-DMC
PHOTO CREDIT: Fotogramma Dara Kushner/Famous

La passione per la musica di Dj Double R

Nel 1981 Rick Rubin è uno studente della New York University che bazzica i locali della scena Punk, genere musicale nel quale si diletta, chitarra al collo, con la sua band. Quello che però musicalmente lo appassiona totalmente è quanto, in quegli anni, sta succedendo nella emergente scena Hip-Hop.

L’Hip Hop è un fenomeno ancora minuscolo, avulso dal mainstream musicale e che interessa esclusivamente la comunità di colore. Rubin, infatti, ricorderà di essere stato l’unico bianco a gravitare in quella scena. E questo non perché si fosse guadagnato la fiducia di una comunità di appassionati e musicisti che lo accoglievano riconoscendogli chissà quale privilegio o dote: no, era semplicemente l’unico bianco interessato a quel tipo di musica.

Schitarrate Punk a parte, la passione più profonda per la musica Rick Rubin la esercita facendo serate nelle quali si cimenta come DJ. Ha anche un nome d’arte: DJ Double R.

È proprio questa attività che permetterà a Rubin di affinare una capacità di giudizio eccezionale su dischi e artisti. Non li valuta - come spesso fanno musicisti e addetti ai lavori - sulla base della perizia del suonato, dell’efficacia del sound o della qualità dei testi…i dischi buoni per Rick Rubin sono quelli che fanno ballare la gente. Quelli che riempiono la pista e che fanno sì che il pubblico poghi o non riesca a stare fermo.



La nascita della Def Jam

Ecco perché i dischi di Hip Hop che acquista non gli piacciono. Gli artisti eccezionali di cui si innamora dal vivo poi, su vinile non lo convincono. Perché, allora, chi registrava e produceva i dischi Hip Hop li ripuliva della rozzezza verace dell’approccio live; diventavo dischi ossequiosi dell’iconografia della migliore Black Music: tradizionali basi R&B, Funk, Soul, Disco - magari persino eccellenti - con un cantato rap appiccicato maldestramente sopra. Suonavano bene ma non andavano bene.

Così, Rick Rubin si fa prestare 5000 $ dai genitori e inizia a produrre la musica che amava per come voleva ascoltarla. Fonda un’etichetta, la Def Jam e produce il singolo, “It’s Yours” che ha un grande successo nell’area newyorkese e gli consente di entrare in contatto con Russell Simmons, promoter di musica rap, a quei tempi molto in vista. Russell fa a Rick Rubin il miglior complimento che lui potesse sperare di ricevere “Non immaginavo che “It's Yours” fosse stato fatto da un bianco!”.

Sull’eco di questo successo, la Def Jam inizia ad essere sommersa di demo tape di artisti sconosciuti, emergenti della scena Hip Hop che vogliono essere prodotti da Rubin. Tra questi, quello che attira il produttore è tale LL Cool J. Racconterà Rubin: “Non posso dire che fosse grandioso ma suonava alternativo ed era divertente”.

"Less Is More": il successo di LL Cool J

Il pezzo che Rubin realizza con LL Cool J si chiama “I Need a Beat” e stravolge letteralmente i canoni estetici e musicali con cui veniva prodotto e registrato l’Hip Hop. A livello sonoro il pezzo è sostanzialmente un mix tra la sola batteria elettronica con la voce del rapper sparata a cannone. I pezzi frammentati di groove sono cuciti tra loro a colpi spietati di scratch; l’utilizzo parsimonioso ma deciso di echi e delay sulla voce rendono l’incastro ritmico del tutto ancora più irruento. L’apporto armonico di ogni altro strumento musicale è praticamente azzerato e l’unica digressione melodica concessa è uno striminzito tema (forse di sax) talmente filtrato e distorto da risultare quasi indecifrabile.

“I Need a Beat” sfonda e la CBS diventa smaniosa di mettere le mani sul fenomeno Hip Hop che - a quel punto - è grosso e succulento. Così, la Def Jam riceve un contratto da 600.000€ di cui Rubin manda una fotocopia ai genitori, saldando inoltre il prestito iniziale e capendo che il suo, oramai, non è più un hobby. Più di ogni altra cosa però conta il fatto che con LL Cool J, Rubin impone il paradigma del "Less Is More", una delle regole fondamentali del suo manifesto da produttore: "meno cose ci sono in un disco, più è spoglio e d’impatto, meglio è".



Run-DMC: la cura del songwriting

È questo il momento in cui Rick Rubin si mette al lavoro con i Run-DMC, terzetto di Rapper che già conoscevano il produttore. I tre erano legati a Rubin da un solido legame di amicizia e stima per quanto da lui fatto con LL Cool J e, successivamente, i Beastie Boys.

Dei Run-DMC, invece, Rick Rubin apprezzava l'approccio che avevano nello strutturare i loro concerti. Per i Run-DMC i live diventavano una sorta di laboratorio di scrittura di canzoni. Ogni show, infatti, iniziava con una sezione di freestyle, in cui i tre improvvisavano: le idee migliori, quelle che piacevano di più al pubblico, venivano salvate per diventare il fulcro su cui costruire nuovi pezzi. Questa cosa del consenso del pubblico, naturalmente, estasiava Rubin perché estremamente vicina al suo approccio di valutazione musicale. Però, più ancora, Rubin si compiaceva della sensibilità che i Run-DMC mostravano nei confronti songwriting: nel loro stile compositivo, l’Hip Hop inseguiva la forma canzone (Strofa - Ritornello) tipica del Pop. Un espediente di scrittura e arrangiamento che rendeva il genere molto più fruibile, accessibile e - quindi - commerciale. RAISING HELL nasceva proprio con questi presupposti: i pezzi dovevano avere una struttura Pop e sarebbero nati assemblando le idee migliori create e catturate durante i live. Poi, naturalmente, c’era l’aspetto sonoro. Qui Rubin voleva estremizzare quanto iniziato con LL Cool J e imprigionare su nastro la ferocia ed energia della band, con un suono crudo e realistico.



Gli Aerosmith e "Walk This Way"

Per farlo, Rubin decide di produrre il disco in uno studio di registrazione modesto: una registrazione troppo curata tecnicamente, con riprese di strumenti eccessivamente sofisticate e allo stato dell’arte, avrebbero tolto alla musica la crudezza che Rubin cercava. Rubin voleva che la batteria elettronica suonasse dozzinale e gli strumenti musicali impiegati o - utilizzati nei campioni - dovessero “suonare come giocattoli scadenti ma con un’anima.”

Infine, il colpo di genio: coinvolgere dei giganti del Hard Rock come gli Aerosmith - in quel momento in una fase nefasta e totalmente in declino della loro carriera - per incidere a quattro mani con i Run-DMC uno dei loro pezzi più famosi “Walk This Way” del 1975.

Siccome la canzone era già nota nel mondo dell’Hip Hop (in tanti ne rubavano i secondi iniziali per improvvisarci  sopra) i Run-DMC accettano: si fidano di Rubin anche se nemmeno sanno bene chi siano gli Aerosmith che, a loro volta, sono invece speranzosi che affacciarsi su una scena musicale di tendenza, giovi al recupero della loro carriera. La mossa si rivela prodigiosa proiettando i Run-DMC nell’olimpo del Pop e rilanciando credibilità e fama degli Aerosmith.

Non solo: il successo di "Walk This Way" svela l'esistenza di un terreno fertile tra Rap e Rock, accendendo la scintilla che innescherà l’esplosione del Crossover di Faith No More, Living Colour e - successivamente - degli stessi Red Hot Chili Peppers o Rage Against The Machine


Slayer, la furia del Thrash Metal

Ma il fervore artistico di Rick Rubin è incontenibile: produttore Hip Hop più accreditato a livello mondiale, lui sta già guardando altrove.

Rick Rubin scopre gli Slayer nel 1985, periodo in cui nessuna etichetta discografica rilevante avrebbe pensato - nemmeno per scherzo - di tenere in considerazione una band del genere. Gli Slayer erano paladini di un genere chiamato Speed/Trash Metal e, quando Rubin li vedette dal vivo, sostenne di essere stato letteralmente spazzato via dalla furia della loro esibizione. Il produttore racconta che la band suonava in maniera così brutale, talmente veloce e feroce da rendere impossibile decifrare cosa stessero facendo. Eppure, ancora una volta, è la reazione del pubblico impazzito di fronte agli Slayer a gasare Rubin al punto di prenderli sotto contratto con la sua Def Jam. Nella primavera del 1986 Rick Rubin e gli Slayer sono in studio per registrare REIGN IN BLOOD. Rispetto ai Run-DMC, di cui aveva preservato la sporcizia del live, Rubin con gli Slayer trova l’essenza della band ripulendone e asciugandone il suono. Più nitido e intelligibile sarebbe stato il sound, più sarebbe affiorata in maniera implacabile non solo la violenza ma anche la perizia con la quale suonavano. Rubin bandisce dai mix e dalle riprese delle registrazioni il Riverbero, effetto d’ambiente stra-abusato negli anni ’80. il Riverbero offre grande spazialità e rotondità al suono, caratteristiche che però tolgono incisività e attacco; fattori decisivi per l’impeto aggressivo che invece, doveva esserci nella musica degli Slayer e che Rubin cercava. Kerry King chitarrista della band dirà che “fino ad allora non si era mail ascoltato un disco di Thrash Metal con chiarezza!”



Disco d'oro grazie al passaparola

“REIGN IN BLOOD” è un capolavoro: 28 minuti di violenza sonora che spingono il Metal verso il futuro e pongono le basi - tecniche e stilistiche - del Black Metal. Ciò nonostante, la CBS si rifiuta di distribuire l'album perché sconvolta dagli inaccettabili testi delle canzoni che impazzano su temi come morte, follia, omicidio, anti religione razzismo…Rubin, non demorde e riesce ugualmente, a fare distribuire il disco dalla Geffen Records. Ovviamente però, nessuna radio passa l'album e la - allora neonata e potentissima -  MTV ne boicotta la promozione. Tale però è l’impatto che l’album ha sulla comunità Rock che, solo con il passaparola, REIGN IN BLOOD diventa disco d’oro. Rubin definirà quel disco come il migliore, non solo della band ma di tutto quel genere musicale.