23 aprile 2025

Rolling Stones, STICKY FINGERS: rock che scuote, eccita, accarezza

STICKY FINGERS è il rock come deve essere: duro, sensuale e impeccabile. Gli Stones al massimo della loro coerenza e potenza sonora.

ll 23 aprile 1971 i Rolling Stones pubblicano STICKY FINGERS. Un capolavoro che arriva dopo uno dei periodi più turbolenti della loro storia. La rottura con il manager Allen Klein li lascia a un passo dalla bancarotta ma finalmente liberi. Una libertà creativa totale ma difficile da gestire dopo la tragica morte di Brian Jones e la crescente tossicodipendenza di Keith Richards . È Mick Jagger a prendere in mano le redini, guidando la band sull’orlo del baratro verso un album che diventerà un classico. 

Ancora una volta, dal caos arrivano la forza e l'ispirazione per generare arte più pura. Con la sua varietà di toni, registri e colori, STICKY FINGERS fa esattamente quello che chiediamo al rock: scuoterci, agitarci, eccitarci… e poi rassicurarci con la più languida delle carezze.

Rolling Stones, STICKY FINGERS: rock che scuote, eccita, accarezza

Un rock band, e basta

Nella seconda metà degli anni Sessanta, le cose più eccitanti che succedevano nel rock erano i suoi flirt con il blues. Senza nemmeno scomodare Jimi Hendrix, da Jeff Beck a Joe Cocker, dai Free ai Creedence Clearwater Revival e soprattutto agli scatenati Cream di Eric Clapton, questi artisti cavalcavano il suono nuovo del rock e le possibilità tecniche e tecnologiche che questa musica offriva, trovando però nel blues la passione e il legame emotivo con la tradizione. È questo che rendeva la loro musica viva, accesa, appassionata. Ma quando nel 1971 i Rolling Stones – che in questa scuderia di artisti bianchi ispirati al blues erano veri cavalli di razza – confezionano STICKY FINGERS, sono ormai una band con un tale livello di coesione sonora, identità e durezza, che il blues è diventato solo un colore, un credito di esperienza maturato in quasi un decennio di carriera. Sono musicisti perfetti, quasi trentenni, che si sono lasciati alle spalle il movimento hippy e tutte le sue derive modaiole. Hanno un’immagine micidiale, una fame da palco da veri animali, hanno metabolizzato il country – l’ultimo genere con cui avevano iniziato a giocare – e imparato a sporcare la loro pronuncia con singhiozzi funk e R'n'B da veri paraculi. Tutto questo per dire che, nel 1971 con STICKY FINGERS, i Rolling Stones sono una cosa sola: una rock band. Una coerenza di genere unica che farà di questo album una delle testimonianze più sensazionali del rock.


Geniali e maledetti

STICKY FINGERS, soprattutto, segnerà un’ulteriore, definitiva separazione dagli eterni rivali Beatles, evidenziando quanto fosse forzato il confronto tra le due band: da una parte chi inseguiva la sperimentazione eclettica e il pezzo pop perfetto (nella sua forma più alta e nobile), dall’altra i Rolling Stones, devoti con mestiere e vocazione a suonare semplicemente il miglior rock’n’roll del pianeta. Inutile soffermarsi sulle canzoni: “Brown Sugar”, “Dead Flowers”, “Wild Horses” non sono solo classici, sono colonne portanti della musica che amiamo.
 STICKY FINGERS va ascoltato tutto d’un fiato, è un viaggio in cui abbandonarsi, godendo di un suono grandioso (ma quanto bene è registrato, prodotto, mixato? Ma come cazzo si fa a suonare così bene?), emozionandosi davanti a un livello di ispirazione così alto e al tempo stesso tormentato. Un disco in cui respiri tanto il genio musicale degli Stones quanto il piacere pruriginoso di ascoltare pensieri e confessioni di rockstar strafatte, maledette e bellissime.