Slipknot: il metal che indossa l’orrore. Da Slayer a Michael Myers, passando per i Kiss
Dalle maschere ispirate a Michael Myers all’estetica dei B-movie anni ’80: gli Slipknot hanno portato l’horror nel metal con stile, idee e identità fortissima.
L’immaginario horror non è solo una suggestione estetica per gli Slipknot: è parte integrante del loro linguaggio, della loro musica rock, del loro impatto scenico. Le maschere, i suoni disturbanti e la teatralità tribale raccontano una band unica nella scena nu metal.
A rendere tutto più potente c’è la visione di Corey Taylor, da sempre appassionato di horror e folgorato in gioventù dalla figura muta e letale di Michael Myers il serial killer demoniaco protagonista della saga di Halloween, film cult del genere horror. Il tutto si intreccia con influenze che spaziano da Slayer ai Mr. Bungle, passando per i Kiss, in un mix esplosivo.
Slipknot saranno live a Ferrara il prossimo 17 giugno con Motionless In White e Soft Play in apertura. Radiofreccia è la radio ufficiale del concerto.

Un carattere musicale unico
Quando, a fine anni Novanta, gli Slipknot irrompono sulla scena, vengono subito associati per comodità al nu metal e al rap metal. Ma fin dai primi ascolti è chiaro che ci troviamo di fronte a una delle band più originali del periodo. Musicalmente, rispetto alla maggior parte delle formazioni nu metal, gli Slipknot mostrano radici più salde nel metal estremo. La vicinanza a gruppi come Slayer, Sepultura o Anthrax si traduce in una tecnica sopra la media, una ferocia sonora superiore e un gusto per la velocità che richiama il thrash metal più impetuoso, poi smussato dalla scena nu metal. C'è poi un'influenza decisiva: quella dei Mr. Bungle. La band di Mike Patton, nota per l'approccio sperimentale e imprevedibile, è un riferimento fondamentale per gli Slipknot, che ne assimilano l'eclettismo, l'irriverenza stilistica e l'idea di rimescolare i generi. La presenza di tre percussionisti, tra cui Shawn "Clown" Crahan, è figlia di quella visione: un'idea sonora laterale, inaspettata, che rompe gli schemi del metal e apre a una dimensione più teatrale e disturbante. Così, Nu metal e rap metal sdiventano solo una delle tante sfaccettature di un suono che unisce melodie rock, brutalità estrema, groove crossover e complessità quasi progressive. A completare il quadro c'è un'immagine fortissima: tute da lavoro, maschere, anonimato spettrale e scenografie da film horror. Un'estetica che la band ha dichiarato ispirata ai Kiss, citati spesso come modello di teatralità e impatto visivo.
Maschere e film horror
Se i Kiss sono l'origine, è il cinema horror di serie B degli anni '80 il cuore dell'immaginario visivo degli Slipknot. Splatter, maschere artigianali e follia grottesca: elementi che la band ha fatto propri trasformandoli in una grammatica visiva precisa. Le maschere indossate dai membri non servono a stupire, ma a inquietare. Come nei film in cui la minaccia è anonima e onnipresente, gli Slipknot cancellano l'identità individuale per diventare un'entità collettiva. Dal vivo, il tutto viene esasperato: catene sbattute, fusti di birra percossi, suoni metallici, urla campionate e spezzoni audio che sembrano presi da VHS di film slasher. Anche nei testi e nel suono si riflette lo stesso schema: alienazione, rabbia, disagio psichico. L'orrore non è solo estetico, ma tematico. Le maschere degli Slipknot nascono nel 1997, quando Crahan si presenta alle prove con una maschera da clown. Da allora ogni membro ha una maschera unica e una tuta da lavoro. I riferimenti vanno dai serial killer ai mostri dei B-movie. Corey Taylor parte con una maschera che sembra uscita da “Non aprite quella porta”, per poi evolversi in una sorta di viso bianco deformato, creato in collaborazione con il leggendario Tom Savini, guru degli effetti speciali di Zombi e Venerdì 13. Joey Jordison, batterista tecnico e violentissimo, indossa una maschera lacerata e coronata di spine: talmente inquietante che la madre provò a gettarla, inutilmente. Paul Gray, al basso, si muove tra maschere nere integrali e versioni da giullare demoniaco, con zip sulla bocca e occhi romboidali. Craig Jones – l’uomo dei campionamenti – è quello che fa più paura: aghi metallici e punte che sembrano antenne aliene. Mick Thomson, alla chitarra, indossa un viso metallico da incubo cyberpunk, quasi un ibrido tra un serial killer e un robot guasto. Le prime maschere erano fatte in casa, tagliate, saldate, modificate con materiali presi al supermercato. Poi, con la notorietà, sono entrati in scena professionisti come Screaming Mad George, visionario degli effetti speciali.
Corey Taylor e Michael Myers
Tra tutti i membri, Corey Taylor è quello che ha il legame più profondo con l'horror. Da fan del genere, ha partecipato al documentario In Search of Darkness, dichiarando tra le sue ispirazioni The Fog di John Carpenter, per il suo senso di minaccia costante e corale. Ma è un ricordo d'infanzia a segnare davvero la sua visione: a dieci anni, mentre la madre dorme sul divano, Corey vede il trailer di Halloween. Non si spaventa soltanto: si riconosce nel serial killer in Michael Myers, in quella maschera vuota dietro cui si nasconde un dolore muto. Il personaggio non parla, non esprime nulla, ma comunica tutto con la sola presenza. E in quella muta immobilità, Corey ritrova una forma di espressione alternativa. Il trauma di un'infanzia instabile, segnata da una figura materna giovane e in difficoltà e da un continuo senso di precarietà, trova nell'immaginario horror uno spazio simbolico in cui incanalare rabbia, frustrazione e solitudine. Nascondere il volto diventa un modo per proteggersi, ma anche per urlare senza essere riconosciuti. Quando sale sul palco con gli Slipknot, la maschera diventa parte integrante della sua performance. Taylor non la vive come un travestimento, ma come una scelta necessaria. Gli permette di separare la persona dall'artista, di lasciare fuori le fragilità e trasformare il palco in uno spazio di totale libertà espressiva ed emotiva. Nel tempo, Taylor ha parlato spesso di quanto quella maschera lo abbia aiutato ad affrontare i momenti peggiori della sua vita, e di come il mondo degli horror movie abbia contribuito a formare la sua identità artistica. E Michael Myers, con quella maschera vuota e impassibile, ne è diventato il simbolo definitivo.