"Suonare come Eddie Van Halen? Impossibile!" parola di Steve Vai

Le dichiarazioni di Steve Vai sul playing di Eddie, paiono un consiglio al maestro Joe Satriani che dovrà a breve affrontare live il repertorio dei Van Halen

Se nel rock, gli anni ’80 sono stati il decennio dei chitarristi metal esagerati, dei virtuosi della sei corde che spopolavano nei piani alti delle classifiche, due sono i nomi più significativi di questa tumulto. Eddie Van Halen che l’ha scatenato - letteralmente inventando un nuovo modo di suonare - e Steve Vai che in un lampo ne ha rappresentato l’evoluzione e declinazione più personale e stravagante. Per questo, colpiscono le recenti dichiarazioni di Steve Vai che negli ultimi giorni stanno circolando in rete e si riferiscono ai chitarristi che vorrebbero studiare e riprodurre nella maniera il più fedele possibile il playing di Eddie Van Halen. A questi temerari della sei corde, Steve vai dice: “Non ha senso che tu cerchi di suonare un pezzo dei Van Halen come faceva Eddie, semplicemente perché non puoi, non è possibile”.

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La chitarra che fa il lavoro di un'orchestra

Questi moniti di Steve Vai hanno un peso particolare perché il chitarrista raggiunse il picco di successo e popolarità della sua carriera, anche grazie a come seppe cimentarsi con il repertorio impossibile di Van Halen. Tra il 1985 e il 1989, infatti, Steve Vai fu il chitarrista del cantante dei Van Halen, David Lee Roth, quando questi decise di lasciare la band all’apice del successo. Benché il materiale scritto a quattro mani tra Lee Roth e Vai confluì in uno dei dischi di hard rock più cazzuti di sempre, EAT EM’AND SMILE del 1986 (ve ne abbiamo raccontato la storia qui), quello che giovò maggiormente a Steve Vai in quella collaborazione, fu la capacità strabiliante di riuscire a eseguire il repertorio dei Van Halen, senza far rimpiangere la chitarra ultraterrena di Eddie Van Halen. Ricorda Steve Vai: “Ero elettrizzato quando ho avuto l'opportunità di suonare quelle canzoni con David Lee Roth perché musicalmente sono bellissime. La chitarra di Eddie fa il lavoro di un’orchestra, tutto è costruito e arrangiato in maniera perfetta. Quando ho dovuto metterci le mani per impararle e poi suonarle dal vivo, mi sono imposto di rispettarle, sforzandomi di mantenere l’integrità dei riff, perché erano splendidi. Ma, al contempo, ho capito che accanirsi con uno studio pedissequo di quello che faceva lui, dei suo suono, di ogni sfumatura del playing non mi avrebbe aiutato nel conquistare il pubblico. Proprio perché lui era un chitarrista così innovativo, creativo e vivace, ho realizzato che uno sforzo eccessivo nell’emularlo mi avrebbe tolto spontaneità ed energia dal vivo. "

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