29 marzo 2021

The Beatles, la storia del primo album 'sovietico' nel 1986 e il rapporto con l'Unione Sovietica

Nel marzo del 1986 un album dei Beatles usciva per la prima volta ufficialmente in Unione Sovietica. Un rapporto fatto di mercato nero, lastre e contrabbando

Il 29 marzo 1986 un disco dei Beatles veniva pubblicato ufficialmente per la prima volta in Unione Sovietica, a distanza di due decenni dagli anni in cui i quattro di Liverpool conquistavano il mondo con le loro canzoni cambiando per sempre la cultura popolare del pianeta. Una rivoluzione, quella portata avanti dai Fab Four che non era vista di buon occhio dal governo URSS che rese l'accesso alla musica dei Beatles da parte dei giovani sovietici decisamente avventuroso e difficoltoso.

La prima volta del nome Beatles in Unione Sovietica

Era il 1964 quando i Beatles furono nominati per la prima volta all'interno di una pubblicazione sovietica, grazie al corrispondente londinese di Komsomolskaya Pravda, un giornale che si occupava di cultura giovanile. Boris Gurnov, questo il nome del giornalista, scrisse un articolo proprio su John Lennon e sui Beatles, parlando della popolarità enorme raggiunta da quella band inglese, cercando di spiegare il perché di quel fenomeno.

Il primo giudizio sulla questione non fu di 'allarme' e il direttore della testata si limitò semplicemente a considerare stupida l'idea di Gurnov, così come la band stessa, bollando l'analisi fatta sull'influenza dei Fab Four sui giovani come un inutile momento di eccentricità borghese .

La censura del regime sovietico, però, era pronta ad abbattersi sui Beatles come portatori poco sani di valori occidentali contrari a quelli che reggevano l'Unione Sovietica, dei ragazzi ridicoli, autori di musica ridicola ma allo stesso tempo pericolosa proprio per il suo potere enorme capace di influenzare le masse, così come la musica rock occidentale in generale che doveva riuscire a penetrare in questi territori sempre ed esclusivamente in maniera illegale.


Una breccia nella cortina di ferro

I Beatles, grazie alla loro potenza comunicativa, alla loro capacità di affrancare i giovani degli anni'60, al creare il caos più totale facendo un grande dito medio alle istituzioni e allo status quo di quegli anni diventarono una seria minaccia agli ideali inculcati dal regime e, secondo alcuni, furono loro i maggiori responsabili - ancora più di tante istituzioni occidentali che si impegnavano a fare proprio quello - della prima breccia nella cortina di ferro.

Così la pensano Mikhail Safonov dell'Istituto di Storia Russa secondo cui la 'Beatlemania ha spazzato via i principi fondamentali della società sovietica' e il rocker russo Sasha Lipnitsky che, intervistato da Leslie Woodhead per il libro "How The Beatles Rocked The Kremlin", sostiene proprio la tesi secondo cui furono i Beatles "A portarci l'idea della democrazia. Per molti di noi furono loro a causare la prima breccia all'interno della cortina di ferro".

"I Beatles erano come un test di integrità - racconta il fan Kolya Vasin che proprio a causa dei suoi capelli lunghi e del suo amore per i Beatles è stato arrestato più volte reo di favorire il disordine sociale - se qualcuno diceva qualcosa contro di loro, noi capivamo chi avevamo davanti. Le autorità, i nostri insegnanti e addirittura i nostri genitori per noi diventarono solo un branco di idioti".


The Beatles, la storia del primo album 'sovietico' nel 1986 e il rapporto con l'Unione Sovietica

 I bootleg, il contrabbando e le lastre

Riuscire a reperire i dischi dei Beatles e degli artisti rock occidentali era un affare spinoso per gli appassionati di musica dell'URSS che potevano  ricevere informazioni su quelle figure così vicine eppure così lontane solo grazie a quello che si riusciva a catturare sporadicamente attraverso la stampa occidentale.

Di dischi, nel periodo di successo dei Beatles, non se ne parlava proprio, non in maniera ufficiale almeno. La prima canzone dei Beatles ad entrare in Unione Sovietica fu 'Girl' nel 1967, due anni dopo la sua pubblicazione ufficiale nel Regno Unito, che venne fatta circolare in modo pirata come disco folk, per altro senza citare Lennon e McCartney come autori.

Negli anni in cui i Beatles portavano avanti la loro rivoluzione di musica e stile diventando il più grande fenomeno di massa dai tempi di Elvis, alcuni tra i loro brani furono inseriti illegalmente in alcuni bootleg fatti circolare nell'Europa dell'Est dall'etichetta di Stato, la Melodia, sempre con nomi e titoli tradotti in cirillico, come 'Let It Be' che uscì come bootleg solo nel 1972.

Reperire dischi occidentali in Unione Sovietica era un problema non da poco e le pubblicazioni di importazione, incluse quelle dei Beatles, erano possibili solo grazie ad alcuni coraggiosi, come marinai, atleti, attori o addirittura diplomatici, tutte figure che potevano entrare e uscire dal Paese portando indietro alcune copie originali con il rischio di essere intercettati dal KGB e vedersi vietati gli spostamenti.


Il mercato nero e i dischi 'on the bones'

Ascoltare la musica dei Beatles in radio? Impossibile, così come in TV dove la Beatlemania venne mostrata per la prima volta sempre nel 1986 agli albori della Perestroika. Allora l'unico modo per poter avere un contatto con i Beatles era rivolgersi al mercato nero che, però, aveva dei prezzi davvero impensabili.

Il costo di un vero vinile americano o inglese era di almeno 50 rubli, praticamente metà salario mensile di un lavoratore sovietico medio, peggio ancora se si era lontano da grandi centri come Mosca. Si risparmiava qualcosa andando sulle copie stampate in Francia o in Italia ma le cifre erano comunque importanti e allora gli appassionati sovietici di musica iniziarono a trovare le alternative.

Utilizzando le copie introdotte illegalmente in URSS, il mercato nero iniziò a popolarsi di quelle che venivano chiamati gli album 'music on the bones', dei bootleg utilizzati copiando le copie originali sulle lastre per radiografie buttate o vendute sotto banco dagli ospedali per stampare dei vinili che avevano la consistenza dei flexidisc pubblicati in occidente come promo disc insieme alle riviste e una stampa che includeva sul 'vinile' le ossa risultato delle radiografia.

La situazione migliorò leggermente quando iniziarono ad arrivare i primi nastri e le musicassette che consentirono di recuperare le registrazioni pirata degli album a cifre più abbordabili. Una situazione, comunque, ben lontana dalla 'normalità' alla quale erano abituati i ragazzi occidentali.


 A Hard Day's Night e un segno di amicizia al popolo sovietico

E arriviamo al marzo del 1986, erano i primi anni di riforme della Perestroika e la maggiore apertura verso l'occidente permise ai Beatles di vedere pubblicato ufficialmente il primo album, nello specifico "A Hard Day's Night", terzo album dei Fab Four uscito nel 1964. La versione russa di "A Hard Day's Night" mantiene la tradizione che vede tutti le scritte tradotte in cirillico, trasformandolo in "Vecher trudnogo dnya", e ha la caratteristica di avere una tracklist diversa che non include 'When I Get Home'. Il brano stando al governo sovietico, includeva dei riferimenti sessuali troppo espliciti e poco adatti ad una release pubblica ma è l'unica modifica rispetto alla scaletta della versione britannica.

Paul McCartney, che nel 1968 aveva scritto proprio la celebre 'Back In The U.S.S.R.', il racconto di una spia russa dopo una missione negli Stati Uniti ispirato dai riff di 'Back in The U.S.A.' di Chuck Berry, decise di impegnarsi per dare il proprio contributo a portare ufficialmente la musica dei Beatles in Unione Sovietica.



Nel 1988, infatti, Macca mise insieme un album ufficiale di canzoni  chiamato proprio 'Back In The U.S.S.R.' e prodotto esclusivamente per il mercato sovietico con una distribuzione di mezzo milione di copie rendendolo l'album di un artista straniero maggiormente distribuito nella storia dell'Unione Sovietica. Il disco, che in copertina riportava una dichiarazione di McCartney che diceva 'Con questo disco voglio allungare la mia mano in segno di amicizia e pace al popolo sovietico', andò sold out in breve tempo diventando un oggetto richiestissimo dagli appassionati di musica sovietici e raggiungendo cifre enormi al mercato nero.

All'interno del disco, che venne poi distribuito internazionalmente a partire dal 1991 dopo la caduta del muro, McCartney aveva inserito 14 cover, tutte registrazioni di canzoni risalenti agli anni '50 che aveva amato particolarmente e che voleva condividere con i suoi fan sovietici.

Una mossa, quella di McCartney, che voleva simbolicamente premiare la sofferenza e la passione di tanti fan russi che si erano trovati a dover rischiare la vita e lottare per ottenere ciò che, nel frattempo, tutto il mondo stava vivendo: la musica dei Beatles e la loro rivoluzione culturale.