08 maggio 2023

Three Imaginary Boys, il debutto senza controllo dei Cure

L'8 maggio 1979 i Cure pubblicavano il primo album "Three Imaginary Boys", un disco realizzato senza alcun controllo artistico (ma con la mano dei Jam)

L'8 maggio del 1979, The Cure pubblicavano il loro album di debutto, "Three Imaginary Boys".

Un disco, quella della band di Robert Smith, che lasciava intravedere i germi di quel sound che avrebbe reso i Cure una delle formazioni di riferimento per quanto riguarda la musica goth, pur se alla lontana.

Sicuramente non il capolavoro della band, Three Imaginary Boys è un disco di debutto che apriva la strada a mille possibilità, dando l'opportunità ai Cure di seguire un percorso che si sarebbe rivelato più che valido.

Three Imaginary Boys, un debutto senza controllo

Nonostante le recensioni in gran parte positive, però, Robert Smith non fu mai davvero contento dell'album per un motivo ben preciso, oltre al poco peso delle canzoni: la totale assenza di controllo.

Non fu la band a decidere i brani inseriti sull'album - dal quale manca anche l'unico singolo già pubblicato, 'Killing An Arab' - né il bizzarro artwork.

Da allora, Smith si assicurò di avere il controllo creativo su qualsiasi aspetto dei dischi pubblicati dai Cure.

A fare la voce grossa in Three Imaginary Boys fu Chris Parry, produttore e fondatore della Fiction Records, etichetta che pubblicherà storicamente i dischi dei Cure.

Fu lui a decidere quali canzoni inserire in tracklist, compresa la cover di Foxy Lady di Hendrix proveniente da un soundcheck e cantata dall'allora bassista Michael Dempsey, unico brano nella discografia dei Cure senza la voce di Robert Smith. Un errore che spinse ad escluderlo da "Boys Don't Cry", versione dell'album modificata per il mercato americano.

Sempre dell'etichetta fu la scelta di realizzare il bizzarro artwork con una lampada, un frigorifero ed un'aspirapolvere su sfondo rosa, con ogni oggetto a rappresentare virtualmente uno dei membri della band, vista la volontà di Smith di non apparire sulla copertina.

Three Imaginary Boys, il debutto senza controllo dei Cure

With a little help from The Jam

Fu proprio grazie a Parry, in più modi, che i Cure riuscirono però a registrare "Three Imaginary Boys", servendosi di un'altra band inglese messa sotto contratto dal discografico un anno prima.

Prima di prendere parte ad un tour con Siouxsie and The Banshees che cambiò totalmente la loro percezione della musica, spingendoli a spostare il suono della band verso i territori che conosciamo oggi, i Cure erano una delle tante band in rampa di lancio nate sulla coda dell'esplosione punk. Come loro, The Jam di Paul Weller che, nonostante un'estetica completamente differente, diedero espressione in egual modo ai giovani inglesi dell'epoca.

Per certi versi, i Jam diedero modo di esprimersi anche ai Cure stessi, diventando involontariamente collaboratori delle registrazione di "Three Imaginary Boys".

Come raccontato dallo stesso Robert Smith in un'intervista a Rolling Stone del 2004, la band prese in prestito tutta la strumentazione dei Jam, anche loro clienti di Parry e vicini di stanza ai Morgan studios dove stavano registrando "This Is The Modern World".

"The Jam stavano registrando il loro album durante il giorno e, di notte, noi ci intrufolavamo per usare la loro attrezzatura. Conoscevamo il tipo che faceva da guardia, quindi utilizzamo i loro strumenti per registrare il nostro album. Diciamo che abbiamo preso in prestito nastri e altro materiale".

Un piccolo prestito che consentì a Robert Smith di mettere un primo mattone sulla carriera che, dal successivo "Seventeen Seconds", porterà i Cure ad essere la band di riferimento della scena goth.