Zakk Wylde: tra Ozzy, Pantera e un amore scatenato per la chitarra
Un monellaccio scatenato, ossessionato dalla chitarra: Zakk Wylde è passato dalla magia con Ozzy alla sfida di onorare Dimebag Darrell nei Pantera.
Zakk Wylde è un chitarrista straordinario che si è distinto nella selva di virtuosi metal degli anni ’80 grazie a un piglio blues sanguigno e verace, lo stesso che ha permesso a Slash di brillare. La sua chitarra non si limita alla tecnica: vibra di autenticità e passione, con influenze che spaziano dal country al flamenco, un amore per Jimmy Page e radici nella più genuina tradizione metal. Questo mix di elementi ha reso unico il suo rapporto con Ozzy Osbourne. Insieme, Zakk e Ozzy hanno costruito una collaborazione speciale e complementare, dove l’irruenza solare di Zakk bilanciava il lato oscuro e tormentato di Ozzy.
Oggi, Zakk affronta un’avventura altrettanto intensa: il progetto Pantera. Questo tributo carico di responsabilità è per lui un omaggio a un suo eroe della chitarra, Dimebag Darrell, leggendario chitarrista dei Pantera assassinato sul palco nel 2004. Un omaggio che si nutre non solo della sua dedizione musicale, ma anche della profonda amicizia che lo legava a Dimebag. Un legame che oggi conferisce al ruolo di Zakk nei Pantera un’impronta di autenticità e un impatto emotivo ineguagliabile.

Zakk & Ozzy: una coppia magica
Zakk Wylde aveva l'arduo compito di raccogliere l'eredità di due giganti che, nell'immaginario del rock, erano stati il braccio destro di Ozzy Osbourne. Il primo era Tony Iommi, custode di quel sound oscuro e feroce e dei riff micidiali dei Black Sabbath che avevano letteralmente inventato l’heavy metal. Il secondo era Randy Rhoads, il prodigioso chitarrista con cui Ozzy aveva costruito la sua carriera solista, un talento cristallino che, per capacità tecniche, personalità e modernità di fraseggio, poteva essere affiancato solo a Eddie Van Halen. Zakk aveva dalla sua una dedizione totale: era un fan sfegatato di Ozzy e dei suoi chitarristi, che aveva studiato, emulato e imparato a suonare alla perfezione. Tuttavia, non si limitò a riproporre una copia. Pur rispettando i tratti più iconici di Iommi e Rhoads, Zakk introdusse un linguaggio nuovo, che rifletteva i cambiamenti in corso nell’hard rock e nel metal della seconda metà degli anni ’80. Come Slash, Zakk rappresentava un ritorno alle radici: un sound sanguigno, radicato nel blues e ispirato al rock degli anni ’60 e ’70, con riferimenti evidenti a band come Cream e Led Zeppelin. A differenza dei chitarristi metal più tecnici e puliti dell’epoca, influenzati dalla musica classica e dal fraseggio impostato (grandi come Brad Gillis, Vivian Campbell o Jake E. Lee), Zakk portava un'energia cruda e autentica. La sua ispirazione non veniva da Bach o Vivaldi, ma dal blues e dal country, che alimentavano il suo virtuosismo con colori e scale inedite. Anche la sua estetica era un ritorno alla tradizione più verace: niente lustrini o chitarre sgargianti, ma jeans sdruciti, chioma selvaggia e una Gibson Les Paul portata alle ginocchia, in pieno stile Jimmy Page o Joe Perry. Con Zakk, Ozzy trovò un alleato capace di coniugare tecnica strabiliante, energia esplosiva e una presenza scenica travolgente. Wylde quindi non si limitò a glorificare il passato di Ozzy: con il suo stile fresco e innovativo, contribuì a spingere l’hard rock verso un futuro sempre più radicato nel blues e nella riscoperta dell’energia degli anni ’70.
Un monellaccio della chitarra Rock
La formazione di Zakk Wylde è un mix di passione sfrenata, dedizione e quel piglio da "monellaccio" che avrebbe definito il suo personaggio. Da giovanissimo, Zakk inizia a suonare con una pessima chitarra economica regalatagli dai genitori, una copia della Gibson Les Paul dei suoi sogni, la stessa usata dal suo idolo Jimmy Page. La chitarra diventa subito un’ossessione: da solo, impara a suonare su una sola corda riff classici come "Smoke on the Water” dei Deep Purple e "Another One Bites the Dust” dei Queen. Invece di studiare, nasconde riviste di chitarre tra i libri di scuola, leggendo con devozione i segreti dei suoi guitar hero: Randy Rhoads, Eddie Van Halen e lo stesso Page. Decisivo è il momento in cui inizia a prendere lezioni di chitarra: perché se sul fronte del rock è autonomo, il suo maestro gli fa scoprire musicisti meno convenzionali come Frank Marino, Al Di Meola e Paco De Lucia. Questi nomi gli permettono di contaminare il suo spirito rock, blues e metal con elementi jazz e flamenco, creando un cocktail di influenze che si rivela esplosivo. Zakk confessa che quella "total immersion" nello studio della chitarra per lui era pura gioia: "Non ho mai pensato che tutti gli esercizi per le dita fossero una rottura di palle, anzi, mi ci divertivo molto, e sono essenziali per progredire". Così, quando arriva – finalmente – il momento di imparare "Back in Black", racconta: "Prima gli accordi, poi il riff, e alla fine ti trovi a snocciolare l’assolo di Angus! Ho benedetto tutti quegli esercizi, quelle lezioni, perché era stato come fare la panca in palestra: ti senti crescere poco a poco, irrobustire. E ti ritrovi magicamente a saper suonare!". L’ironia scanzonata e l’entusiasmo di Zakk furono la perfetta controparte al lato oscuro, tormentato e sopra le righe di Ozzy. Mentre Ozzy era l’incarnazione del caos e della follia rock, Zakk portava una ventata di energia positiva, una gioia irriverente che bilanciava la teatralità inquietante del Principe delle Tenebre. Questo contrasto tra l’anima "selvaggia ma solare" di Zakk e la figura "torva e schizofrenica" di Ozzy non solo creò un’alchimia unica, ma rese la loro collaborazione una delle più vivaci e dinamiche dell’hard rock.
Morire dal ridere
L’ingresso di Zakk Wylde nella band di Ozzy Osbourne nel 1987 è una storia che unisce casualità e talento. «Suonavo in un club con un tizio chiamato Dave Feld, che mi chiese se volessi fare l’audizione per Ozzy. Lui conosceva Mark Weiss, il famoso fotografo, e mi disse: “Se mi dai un tuo demo, glielo faccio avere”. Che avevo da perdere? Lavoravo in una pompa di benzina nel New Jersey!». Il demo arriva a "mammina" Sharon Osbourne che lo mette assieme alle centinaia di altri nastri di aspiranti chitarristi per la band di Osbourne. «Ozzy, tra tutti i nastri nello scatolone, tira fuori proprio il mio. Lo ascolta un attimo e dice: “Guarda questo ragazzo… quanto assomiglia a Randy Rhoads: deve veramente amarlo da pazzi!”». Al momento dell’audizione, il suo volto era già familiare: «Entriamo in sala, suoniamo “Suicide Solution” e “Bark at the Moon”, cose che conoscevo già perché ero un grande fan». Il rapporto tra i due si trasforma presto in un’alchimia unica, fatta di musica e risate. «Ozzy è divertentissimo. Ho sempre pensato che se avessi dovuto morire in quella band, non sarebbe stato per overdose, ma per un aneurisma dal troppo ridere! Una volta parlavamo di Keith Moon, e Ozzy dice: “Non ho mai buttato una TV dalla finestra di un hotel”. Così lo abbiamo fatto. Mi è costato una multa di diecimila dollari… più altri quarantun mila perché la stanza è rimasta inutilizzabile per giorni. Lo sguardo di Ozzy quando gli presentarono il conto? Non aveva prezzo!».
I Pantera: un tributo all’amicizia con Dimebag Darrell
Zakk Wylde oggi affronta un’avventura musicale tanto suggestiva quanto la storica collaborazione con Ozzy Osbourne: il suo ingresso nei Pantera. Questa nuova fase della sua carriera lo pone in un ruolo carico di responsabilità, considerando che Dimebag Darrell, chitarrista dei Pantera, è uno dei musicisti più amati nella storia del metal. Tragicamente, Dimebag è stato ucciso sul palco nel 2004, e suo fratello Vinnie Paul, batterista della band, è morto di infarto nel 2018. Oggi, Zakk suona accanto a Charlie Benante, storico batterista degli Anthrax e grande amico dei fratelli Abbott, e con Phil Anselmo, il cantante originale della band. Zakk descrive il progetto non come una reunion, ma come un tributo: «Quando suoniamo, stiamo celebrando Dime e Vinnie: questo è il punto, il fatto che lo show porti gioia a così tante persone». Affrontare il repertorio dei Pantera è stata una sfida enorme: Zakk ha studiato ossessivamente i dettagli del suono e dello stile di Dimebag. «Ho dovuto imparare non solo le parti, ma il modo e l’attitudine con cui le suonava». Dimebag, infatti, univa a una potenza sonora ineguagliabile una tecnica chirurgica: «Ho dovuto concentrarmi sulla precisione del mio playing, curando ogni colpo di plettro, ogni armonico, ogni dettaglio di qualunque riff, perché tutto fosse perfetto».
Wylde non solo rispetta il materiale originale, ma porta con sé il profondo legame di amicizia che lo univa a Dimebag: «Dime era come un Tony Iommi del metal moderno: un punto di riferimento. Se pensi di essere un chitarrista innovativo e incredibilmente metallaro, lui è ancora il benchmark». I due si incontrano per la prima volta al Castle Donington nel 1994, durante il Monsters of Rock, dove i Pantera e i Pride and Glory (la band solista di Zakk) condividono il palco. Il loro rapporto cresce rapidamente grazie a una comune passione, quasi nerd, per le chitarre, i grandi chitarristi e le band che amavano. Ma il loro legame si rafforzava anche attraverso un’irresistibile complicità: «Tra parlare di musica, farci grandi bevute e risate infinite, tutto contribuiva a unirci». Ogni incontro tra Zakk e Dimebag era un’occasione per creare ricordi esilaranti più che per suonare insieme. «Jammare? Avrebbe tolto tempo al bere!», scherza Zakk. Molte delle loro conversazioni, infatti, erano accompagnate da bicchieri di alcol e risate fino alle lacrime. «Ogni volta che ci incontravamo era puro divertimento e caos!».