28 febbraio 2018
di Nessuno
Nessuno

Il treno per Folsom

Dodici ore di viaggio tra i binari, la neve di questi giorni e la musica country.

I hear the train a'coming,

it's rolling down the bend 

and I ain't seen the sunshine  

since I don't know when. 

La prigione di Folsom in California, alla fine degli anni 60, è già un luogo conosciuto.

È stata la prima negli Stati Uniti ad essere dotata di elettricità, nonchè uno dei primi carceri di massima sicurezza presenti su suolo americano. Nel corso degli anni molti volti passeranno di qui. Scrittori, serial killer, musicisti. 

Johnny Cash, l'uomo in nero, ci va due volte e incredibilmente non è per questioni di manette. Viene da sottolineare con l'avverbio, incredibilmente, perché l'uomo, è cosa nota, era tipo dai forti appetiti. 

Quando comunica alla sua casa discografica, la Columbia, l'intenzione di suonare gratuitamente all'interno del Penitenziario di Folsom, lo prendono per matto. 

Quando esce la registrazione e solo negli States vende circa tre milioni di copie, gli fanno i più sentiti complimenti per il lavoro. 

Il disco che tutti conosciamo, "At Folsom Prison", è la testimonianza della seconda volta in cui Cash suonò per i detenuti di Folsom, nel 1968. 

Quel giorno con lui c'è June, la santa donna che gli tiene ordinata la vita da un po' di tempo e lo tiene distante dai vizi.

La canzone con cui apre il concerto è 'Folsom Prison Blues' e come potrebbe essere altrimenti. 

JC l'ha scritta una decina di anni prima, ispirato da un film girato guarda caso proprio in quel carcere di massima sicurezza. 

Parla di un detenuto che dalle grate sente arrivare il fischio di un treno. Un sibilo che lo porta indietro nel tempo, a quando ha commesso il delitto che lo ha condotto lì. 

I shot a man in Reno, just to watch him die.

Undici parole che tuonano più di molti tentativi di rock appassito perchè raccontano senza paura di sporcarsi cosa vuol dire mettersi i panni lerci di qualcun altro, peccati compresi. 

Inutile dire che la canzone è apprezzatissima dal pubblico di detenuti presenti quel giorno. 

Non siamo soli, qualcuno vede con i nostri occhi.

Qualcuno è venuto da noi invece che chiederci di uscire incontro ad una vita secondo condotta. 

Per una volta ci fanno un regalo, ci portano la musica. 

I modi di un amico che porta anche sua moglie, perché è bello che la conosciate. Infatti dal saluto celeberrimo ("Hello, I'm Johnny Cash") in poi, l'unica cosa che vola è l'entusiasmo. 

Nessuno si azzarda ad uscire dalle righe. Lì, nel cuore marcio del mondo.

L'ultima canzone è una sorpresa. In prima fila a seguire il concerto c'è Glen Sherley, un galeotto che ha deciso di redimersi attraverso la musica country. Il passato da criminale è alle spalle, ora per stare meglio tira fuori il nero attraverso le canzoni. Ha scritto un pezzo che si chiama 'Greystone Chapel', l'ha scritto lì dentro. 

Lui non lo sa ma lo scopre presto, Cash chiude il concerto con la sua canzone.

Ne scriverà tante altre; una volta uscito di galera si perderà ancora nel gorgo del male.  

Come a ricordare che certi treni corrono sempre più veloci delle occasioni. 

  "Volevo informarvi che questo concerto è registrato per un album prodotto da Columbia Records. Per cui non potete dire al diavolo, o merda. Dico bene Bob?"  

Quel Bob di cognome fa Johnston ed è il responsabile della registrazione. A sentire dalle risate dei detenuti, un sorriso scappa anche a lui.

I hear the train a'coming,

it's rolling down the bend 

and I ain't seen the sunshine  

since I don't know when. 

Niente, volevo solo raccontarvi come mi sono sentito l'altro giorno quando per qualche centimetro di neve sono rimasto carcerato in treno per dodici ore. 

I'm stuck in Folsom Prison

and time keeps draggin' on. 

Il treno per Folsom



Johnny Cash - Folsom Prison Blues (Live)

Johnny Cash - Folsom Prison Blues (Live)