21 marzo 2018

Impugno le briglie dei cavalli pazzi

Verso un regno senza Re, che se n' è andato, ma non verrà dimenticato.

​Rust Never Sleeps prima di diventare un Album con la “album” maiuscola, è stato uno slogan accattivante. 

La ruggine non dorme mai, perciò sbrighiamoci a comprare qualche prodotto che la prevenga facilmente. D’ altronde è complicato sgrassare il rancore.

Con questi buoni propositi, c’ è un canadese che si porta sulle spalle il peso dei troppi cheesburger del King, qualche perdita di troppo e un interesse misto rassegnazione. Qualche cresta impiastricciata, al contempo, fa capolino all’orizzonte. Così, su qualche palco d’ America, va in scena un grande spettacolo, con tanta carne fresca, dove il protagonismo non è concesso nemmeno alle valvole di sfogo, ma solo a qualche boia, che forse gode e sogghigna sotto il cappuccio.

L’ intero disco è una linea di confine, come quello tracciato dal Muro dei ragazzi di Christiane F, con due facce, lato A e lato B, in senso letterale e metaforico.

Impugno le briglie dei cavalli pazzi

Out of the blue.

Il riassunto di una vita in una frase.

Per coerenza apre e chiude il disco la stessa canzone, uguale ma diversa. Antitetica e speculare. Le orecchie si cullano tra il country acustico ed affettuoso, per poi svegliarsi in mezzo ad un mondo che sembra strizzare l’ occhio ai distorsori dei feti, ancora in utero, d’ oltreoceano.

L’affascinante bipolarismo di Young.

Che il blu sia il cielo, il mare o una parete mal verniciata, non è dato sapere. A prescindere da ciò, è lecito immaginare che prenda le sembianze di un salto, o meglio un tuffo, da qualcosa che somiglia all' aria fresca, verso un che di più denso e diversamente frizzante.

Into the black.

In picchiata a testa bassa nel nero più totale, colore spesso mal visto e confuso con il nulla eterno.Viene etichettato per essere avvilente e senza vita, colpevole la mietitrice, che ne tinge la sua casacca. 

Studiando l’arte, non mettendola da parte, si intuisce che l’ oscurità non è altro che la totale mescolanza dell’ arcobaleno.  Un assorbimento di materia, sensazioni e storie da raccontare.

Al Bianco l’ insufficienza, al Nero la totalità. 

In assenza di luce si aprono gli occhi e, anche se stanchi, spaesati e impotenti, restano strumenti utili per l’ immaginazione, un traghetto per i nostri disegni mentali. Destinazione? Piano reale.  Senza ombre perdiamo di tridimensionalità.

A questo punto, dunque, resta solo un azzardo: dare una seconda possibilità a quella tinta per cui pochi arrischiano e passarci qualche notte di follia, nella speranza che diventi amore. 


Così, di punto in bianco, catapultati nell’oscurità.

Dal blu al nero, dal giorno alla notte.

Out of the blue, into the black.