03 gennaio 2024

Jimmy Page: per i chitarristi di oggi, stonato e fuori tempo

La chitarrista di Alice Cooper, Nita Strauss, ha elogiato Jimmy Page dei Led Zeppelin pur dichiarando che per gli standard di oggi, potrebbe essere non capito

In una recente intervista, Nita Strauss (chitarrista di Alice Cooper e sei corde tra le più in vista della scena attuale) ha dichiarato che un gigante della chitarra come Jimmy Page oggi rischierebbe di non essere capito. Per gli standard di perfezione dei musicisti che oggi popolano i social, se qualcuno ai giorni nostri suonasse come il chitarrista dei Led Zeppelin - secondo Nita Strauss - rischierebbe di essere “crocifisso” per un fraseggio che potrebbe passare per stonato o - addirittura - incerto sul tempo. L’articolo, in realtà, è un elogio del genio di Jimmy Page di cui Nita Strauss declina tutte le principali doti ma, al contempo, ci mette nelle condizioni di fare i conti con la maniera diversa di fare e ascoltare musica che i social hanno determinato. 

 

Jimmy Page: per i chitarristi di oggi, stonato e fuori tempo

Mostri di perfezione

Negli ultimi anni, i social si sono trasformati per musicisti, artisti e band emergenti nella vetrina più accessibile per affacciarsi al mondo della musica. I social hanno sostituito i palchi di piccoli pub, rassegne musicali, festival per esordienti e indipendenti, realtà che per decenni sono stati i retroterra musicali su cui maturare la propria gavetta. Oggi, questi spazi sopravvivono a fatica e sono a rischio di estinzione. Retorica e nostalgia a parte, veicolare la propria musica sui social è stata una grande rivoluzione: ha favorito espressioni musicali più libere e indipendenti e ha permesso ad artisti validi e originali di ritagliarsi - in totale autonomia - credibilità e pubblico. Tra gli aspetti più rilevanti a livello musicale portati dal fare e promuovere musica sui social, c’è sicuramente uno straordinario innalzamento del livello tecnico e sonoro delle nuove generazioni. Realizzare in completa libertà la propria musica, con un margine di tempo e risorse praticamente infinito e supportato da tutte le agevolazioni fornite della tecnologia digitale, permette di confezionare performance in maniera minuziosa se non perfetta. A questo, si unisce la modalità con cui si consuma musica sui social: un tipo di fruizione veloce che va soddisfatta con performance brevi, incendiarie, stupefacenti  e - soprattutto - divertenti. Una combo di potenzialità ed esigenze che ha formato nuovi strumentisti (chitarristi soprattutto ma anche bassisti, batteristi, cantanti…) capaci di impacchettare video coinvolgenti in cui si eseguono cose tecnicamente stupefacenti in maniera perfetta.


 


Scrivere canzoni & fare concerti

Circoscritta alla dimensione dell’utilizzo social, questa tensione alla perfezione formale, tecnica ed estetica della musica non può che essere positiva o, almeno, sicuramente molto godibile e stimolante. Ma è quando, invece, si cerca di traghettare queste proposte fuori dai social per consumarle nei contenitori reali e più tradizionali della musica (la radio, i concerti, le canzoni…) ecco che qualcosa si intoppa. Esaurito il sensazionalismo del minuto di scintille che rende potente un video sui social, non tante di queste proposte artistiche hanno rivelato di avere contenuti, sostanza e argomenti per trasformarsi in musica da spalmare in abbastanza canzoni per animare un live e, al contempo, reggere l’attenzione del pubblico. Non solo: la natura dell’esibizione live è sorretta da esigenze, urgenze e abilità totalmente differenti da quelle che interessano la registrazione - ma anche la semplice esecuzione - di un video in studio. Per esempio? I volumi da gestire; l’instabilità del pubblico; la coordinazione della fisicità della propria performance negli spazi ammalianti ma ingannevoli del palcoscenico; la responsabilità di dover intrattenere l’audience oltre che suonare bene; il pensiero costante al corretto funzionamento della strumentazione: amplificatori, cavi, pedaliere, microfoni, corde che si scordano e rompono, pelli di batteria che si sfondano… un insieme infinito di fattori che rendono l’esecuzione di uno stesso brano - se non necessariamente più difficile - almeno sicuramente diversa sotto i riflettori di un live. Fosse solo per il dettaglio - non esattamente trascurabile - che sul palco e dal vivo, se si sbaglia non ci si può fermare per rifare, editare, correggere e ripartire. Insomma, il ragionamento è intrigante perché se è vero che i social hanno mostrato una maniera nuova di fare musica che ne travalicava le espressioni più tradizionali - fare canzoni e fare concerti - è anche vero che poi, lo spartiacque tra musicista vero e content creator musicale, è proprio nella capacità di portare le nuove abilità musicali nel reale e, quindi, nello scrivere canzoni e fare concerti.


 


Jimmy Page sui social

Abilità che, fortunatamente, nuove band e artisti come Tash Sultana o Polyphia hanno mostrato siano percorribili. Entrambi, per esempio, hanno raccolto visibilità e notorietà eccezionali sui social per poi comprovarne valore e merito con competenze e talento straordinari, sia dal vivo che nei dischi. Da ultimo, per le stesse ragioni - lette però a ritroso - fa specie tornare al ragionamento di Nita Strauss. Jimmy Page, titano della chitarra rock, innovatore e musa di questo genere, che consenso potrebbe ottenere oggi se, decontestualizzato dai Led Zeppelin, fosse abbandonato sui social? Se l’assolo perfetto di “Stairway To Heaven” fosse strappato dalla magia del brano in cui fiorisce e stampato sui social in un estratto video striminzito, di un minuto, manterrebbe la stessa poesia e forza evocativa?


 


Se le improvvisazioni così libere, alate e ispirate della Gibson Led Paul di Jimmy Page fossero sradicate dalle litanie di Robert Plant e spogliate della pulsazione ritmica divina di John Bonham e John Paul Jones per essere farfugliate su un groove di batteria elettronica o - addirittura - su una backing track pescata su Youtube, avrebbero la stessa energia e lo stesso incanto? E che ne sarebbe del riff di “Whole Lotta Love” se Jimmy Page lo pubblicasse oggi sui social? Ma non suonandolo con la chitarra alle ginocchia e il torso nudo sfoggiato sotto quei frac sgargianti da mago, di fronte a orde di coetanei in estasi; se ne pubblicasse il video, prodotto nel suo home studio, seduto e in maglioncino, su una sedia da gamer e con lo schermo del PC alle spalle. Suonerebbe ancora come il Peana del rock declinato alla chitarra che tutti riconosciamo come epico