La storia di Ace Of Spades, l'album capolavoro dei Motörhead

Nel novembre del 1980 i Motörhead portavano in classifica la furia e la velocità di Ace Of Spades, album capolavoro tra i più influenti nella storia del rock

L'8 novembre del 1980 i Motörhead pubblicavano quello che, a ragione, viene considerato il loro capolavoro, il loro album più iconico e uno degli album più rappresentativi del rock, quello sincero, e dell'heavy metal: "Ace Of Spades".

Solo un anno prima la band di Lemmy era riuscita a trovare il tanto agognato successo con "Overkill", un disco arrivato come ultima spiaggia e pubblicato a fatica.

Dopo ripetuti fallimenti, una cover di Louie Louie dei Kingsmen riuscì ad ottenere un discreto seguito, tale convincere la Bronze Records ad impegnarsi con la band per pubblicare un album intero.

La potenza di "Overkill" raggiunse la posizione 24 nella classifica degli album più venduti del Regno Unito, dando il via ad una nuova fase della carriera dei Motörhead che, ora, non dovevano far altro che riuscire a sfruttare il momento.

Il loro stile grezzo riuscì nell'impresa di mettere d'accordo tutti: i fan del punk, quelli del rock e quelli dell'heavy metal, facendo sposare violenza sonora e velocità, caratteristiche che sarebbero state alla base del thrash e che fecero inserire i Motörhead in quel grande calderone noto come NWOBHM, insieme a band come Iron Maiden e Judas Priest, un lasciapassare per vendere al meglio il progetto ai media nazionali.

La storia di Ace Of Spades, l'album capolavoro dei Motörhead

La Registrazione di Ace of Spades

La registrazione di Ace of Spades ebbe luogo negli studi Jackson’s di Rickmansworth, nel Regno Unito, sotto la guida di Vic Maile, un produttore esperto nel settore, noto per il suo lavoro preciso e meticoloso. Maile, infatti, era noto per lavorare con band come Dr. Feelgood e Fleetwood Mac, e la sua influenza su Ace of Spades è stata fondamentale. A differenza di altri produttori, Maile prestava molta attenzione alla qualità sonora, assicurandosi che ogni traccia avesse la giusta definizione e profondità, pur mantenendo l'impatto diretto che caratterizzava i Motörhead.

Un aspetto interessante delle sessioni di registrazione fu il modo in cui Maile gestì il suono del basso di Lemmy, uno degli elementi più distintivi dell’album. Lemmy era solito suonare il basso come fosse una chitarra ritmica, ottenendo un suono potente e "sporco" che dava un senso di aggressività unica ai brani. Maile fu in grado di catturare questo suono, lavorando con attrezzature specifiche e microfonando il basso in modo da amplificare la sua potenza senza comprometterne la chiarezza.

Lemmy e gli altri si trovarono davanti alla possibilità di sfondare ma era da escludere la possibilità di scendere a compromessi, di cercare di mettersi e studio e scrivere 'una hit'.

"Non siamo i fottuti ABBA", dirà Eddie Clarke ma, tra riff a rotta di collo e versi iconici scritti velocemente sulla tazza del cesso, i Motörhead sublimarono la loro essenza in una formula che potesse essere popolare.


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