Recensioni Flash #2803

Editors, Jimi Hendrix e Stone Temple Pilots nelle recensioni della settimana

EDITORS - "VIOLENCE"

Sin dal loro esordio nel 2005 gli Editors hanno dovuto combattere contro i paragoni con Joy Division e Interpol, che solo pochi anni prima avevano interiorizzato oltre oceano la lezione britannica. Con il passare del tempo il suono della band di Tom Smith si è resa protagonista di un continuo movimento e, pur restando ancorata a certi riferimenti post-punk, ha cominciato ad inserire tasselli sempre nuovi, innesti elettronici e suoni più ampi. Giunti con "Violence" al sesto album, quel che è certo è che gli Editors si muovono sempre nella penombra, attraversando tutto lo spettro della wave inglese degli anni '80 che va dai Depeche Mode ai club di Manchester, ma restando in un equilibrio che non sembra mai essere precario. ' Hallelujah so Low' ha le chitarre forse più vigorose nella carriera della band che si scontrano con cori mediorientali dando vita a qualcosa di molto vicino ai Muse, mentre la titletrack è un sogno berlinese. Se da una parte c'è l'oscurità, dall'altra splendono toni synthpop a metà strada tra CHVRCHES e M83 fino ad ora quasi sconosciuti agli Editors ('Darkness At The Door'), dualismo racchiuso in modo più che valido nel primo singolo 'Magazine'. "Violence" è un disco che mostra tutte le anime degli Editors e trova la voce di Tom Smith più in forma che mai, voce che si potrà ascoltare il 22 aprile dal vivo - dimensione che si presta particolarmente alle nuove tracce - al Mediolanum Forum di Assago, Milano, per una data unica e imperdibile.


JIMI HENDRIX - "BOTH SIDES OF THE SKY"

"Both Sides Of The Sky" arriva come ultimo capitolo della trilogia di release postume di Hendrix - i primi due sono "Vallyes Of Neptune" (2010) e "People, Hell And Angels (2013) - e raccoglie una serie di registrazioni da studio che vanno dal 1968 al 1970. Gli archivi dell'iconico chitarrista sembrano infiniti, considerata la quantità di materiale sfornato in decenni con qualità a volte discutibile, altre, ed è questo il caso, buona, grazie alle sessioni praticamente no-stop registrate da Hendrix. Le versioni presenti nell'album sono in gran parte inedite e comprendono la cover di 'Mannish Boy' di Muddy Waters e le collaborazioni fatte con Stephen Stills che firma "20$ Fine" ed entra nella cover di 'Woodstock' di Joni Mitchell. In 'Things I Used To Do' appare Johnny Winter e nella conclusiva 'Cherokee Mist', probabilmente tra i momenti più interessanti, Hendrix rende tributo alle sue origini pellerossa (discorso che ci riporta al film "Rumble") reinterpretando alla sua maniera le sonorità tribali.

In assoluto, il lavoro di studio fatto dal Eddie Kramer, produttore di Hendrix all'epoca, e John McDermott per ripulire le tracce è di alto livello, tanto che "Both Sides Of The Sky" sembra più attuale che mai.  

STONE TEMPLE PILOTS – “STONE TEMPLE PILOTS” 

 Trovarsi nella situazione di dover sostituire il membro più rappresentativo non è mai una cosa auspicabile per una band, a maggior ragione quando si sta parlando di un frontman come Scott Weiland. Dopo il suo allontanamento nel 2013, prima ancora della scomparsa due anni dopo, il posto era stato preso temporaneamente da Chester Bennington dei Linkin Park, fan di Weiland con il quale condivideva un tormento di base e recentemente da Jeff Gutt, presentato con uno show a sorpresa a fine 2017. Ex concorrente dell’edizione USA di X-Factor, Gutt ha avuto l’ingrato compito di caricarsi sulle spalle il nuovo corso degli Stone Temple Pilots, compito che pare abbia affrontato con il piglio giusto.

Ascoltando l’album che – cosa bizzarra – porta lo stesso nome della band, esattamente come quello pubblicato nel 2010, la band, rimasta nella formazione originale con i fratelli De Leo e Kretz, sembra amalgamarsi bene con il nuovo arrivato proponendo 12 tracce affrontate a muso duro. L’apertura affidata a ‘Middle Of Nowhere’ è massiccia e dinamica e in brani come ‘Good Shoes’ ci sono sprazzi ‘à la Roses’ e se ogni tanto si cerca la carta della ballatona ‘Thought She’d Be Mine’, ‘The Art Of Letting Go’, sono i riff granitici del primo singolo ‘Meadow’ il vero manifesto del disco. “Stone Temple Pilots” è, alla fine, un buon album rock, di quelli che scorre via liscio e potente sparato al massimo volume in auto e se Gutt ci mette fegato e polmoni i fasti dell’epoca di Weiland non vengono rievocati del tutto, ma non potrebbe essere altrimenti e non è colpa di nessuno. 

 




Editors - Magazine (Official Video)

Jimi Hendrix - Lover Man

Stone Temple Pilots - "Meadow" [Official Lyric Video]

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